2 - Incontri e scontri

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Da quel "Grazie di tutto, Jackie" non ci fu un solo giorno che passammo nell'assenza reciproca.

Da uno stupido messaggio erano iniziate le nostre infinite risposte, o almeno quelle che credevo fossero infinite. Non sapevo ancora che un giorno non avrebbe avuto più senso scriverti, che un giorno quella strana familiarità che stavamo costruendo, si sarebbe dissolta così come l'avevamo trovata. Anzi, forse anche più velocemente.
Ma iniziammo a sentirci ogni giorno, a portarci nelle nostre di quotidianità di ragazza di periferia e di studente fuorisede nella capitale più dispersiva. Io che nella vita non avevo ancora capito bene cosa dovessi fare, ammiravo molto la dedizione, l'impegno e soprattutto la perseveranza che mettevi in ogni singola scelta e giornata, nonostante avessi il cuore spezzato.

Amai ogni messaggio, ogni chiamata ed ogni giornata passata insieme, qui o lì che fosse.

Dopo un paio di settimane però, una sera in cui la tua ex era da te, mi chiedesti di vederci tutti insieme, con i miei amici e con un tuo amico che ancora non avevo conosciuto di persona, ma di cui mi avevi parlato un po'.

Quell'incontro non compresi subito che era destinato a cambiarmi la vita e forse per questo non ti ho ringraziato abbastanza.
I miei riflettori puntavano troppo su di te per permettersi troppe distrazioni. Calamitavi così naturalmente ogni cosa su di te, soprattutto ogni cosa di me, che il resto mi sfuggiva come lo sfondo di un viaggio in macchina.

Di quella sera ricordo le risate, l'alcol e un ragazzo distinto che si dirigeva verso di noi con fare sicuro. Ricordo d'aver pensato che doveva avere tutto sotto controllo nella sua vita, che mi dava l'impressione di essere uno con l'agenda piena di impegni e che si fosse ritagliato qualche ora solo per conoscerci.
In realtà l'aveva fatto solo per te, lo capii poco tempo dopo che era già rimasto incastrato in te quanto non mi rendevo conto io stessa di esserci dentro.
Incrociai i suoi occhi dolci, il suo sguardo genuino e finalmente si presentò: Autentico. Quello fu il nome che si scrisse nella mia mente e che mi avrebbe accompagnata negli anni a venire, anche quando tu saresti andato talmente lontano da non sapere neanche più chi io fossi.

La serata finì con i trucchi colati dalla pioggia ed una corsa verso le macchine. Finì con un abbraccio stretto per salutarci, dal quale non sarei mai voluta uscire, come ogni singola volta.

Con te, mi ricordo, mi veniva facile tutto: fare colazione insieme, passeggiare per Roma di mattina, di notte, sembrava sempre tutto da scoprire ma anche appartenerci.
Era strano. Era raro. Così credevo. Così, forse, credo ancora.

Ci furono serate che passammo tutti insieme. Io, te, Autentico e Fiducia. Lei, la mia migliore amica da sempre, la sorella che non avevo mai avuto prima di incontrarla, prima di conoscere l'amicizia vera, quella con cui puoi anche farti a guerra, ma trovi sempre il modo di tornare nel posto giusto; quella che ti fa comprendere che se c'è una persona al mondo più diversa da te, è proprio quella che ti sta davanti, e non credi mai sia sbagliata, ma sia un valore aggiunto.
Lei per me è quel tipo di amicizia, ed è l'unica che è sempre rimasta, mentre il via vai di amici che ha costellato la mia vita continuava inesorabile, implacabile. Lei è quello stesso tipo di amicizia su cui ti sei permesso di provare ad insinuare il seme del dubbio e sulla quale hai fallita totalmente.
Il giorno in cui provasti a dirmi che lei, come Falsità e tutto il mio gruppo, non erano amiche sincere ma egoiste, perché si prendevano il meglio di me e non ricambiavano come avrebbero dovuto... Quello fu il giorno in cui compresi che non avevi mai avuto un'amicizia come la nostra.

Mi dispiacque per te, perché io avevo perso tante persone nella mia vita, ma forse a te non era stato davvero concesso neanche di viverle delle amicizie così profonde, da meritarsi il tuo dolore alla fine.
Mi chiedo spesso se hai sofferto per me, per quello che non siamo stati più. Colpa mia o tua che fosse, non importa più, quando la domanda che mi assillò per anni: ti sono mai mancata, come tu mancavi a me? Come l'aria che cerca una via d'entrata e si ferma appena fuori, in un perfetto quadro di stasi e irrealtà.
Io la so la risposta. Ad oggi ti dico che non fa neanche più male.

Condividevamo tanto, la passione per l'arte, la passione per te... Ogni secondo che passavo con te, a distanza o vicinanza che fosse, aumentava la mia voglia di conoscerti sempre più a fondo, il desiderio di scrutare insieme quegli angoli di te che tu stesso non visitavi mai. Ci facevamo certi viaggi insieme, non potrei mai dimenticarli. Il nostro passatempo preferito: scoprirci, metterci a nudo senza sentire alcun peso in quella decisione, conoscerci come solo le nostre due anime avrebbero potuto in tutto l'universo.
Eri la mia opera d'arte preferita. Per te era lo stesso, eri tu la tua opera preferita e tutto riportava e riportava sempre a te, non è vero?
Chiudevo gli occhi per non vedere che io, per te, non ero mai neanche stata un'opzione, mentre per me stavi diventando ogni scelta possibile.

Ripenso a tutto quello e non posso fare altro che abbracciare quella me che aveva creduto che l'amore avesse anche quella forma.

E poi, senza che me ne accorgessi, tra i messaggi e i miei viaggi sempre più frequenti a Roma (e non per l'università), un mese volò ed arrivò uno dei miei giorni più brutti, uno di quelli che per tanto tempo ha segnato la mia identità e la mia distruzione: il giorno in cui Tutto mi ha lasciata.

In macchina, nella mia macchina, mi disse che dei tanti futuri possibili che vedeva per sé stesso, oramai solo in alcuni mi vedeva accanto a lui, che l'amore stava morendo e che dopo quasi cinque anni, era troppo il bene che mi voleva per rovinarci a vicenda.
Mi disse tanto altro, ma questa è un'altra storia, di come persi tutto e di come Tutto mi lasciò per sempre. Ad oggi gli sono grata, forse più di quanto lo sia a te.

E così il mio cuore, che ero quasi certa non avrebbe potuto sopportare altro dolore, si spezzò per creare spazi vuoti, nuovi, in cui lasciar morire ogni sentimento che mi apparteneva. I giorni sembravano mesi e sembravano ridotti a poche ore, sentii che la mia periferia era troppo stretta, che Tutto mi viveva troppo vicino a casa per restare lì a lungo e venni da te sempre, venni da te spesso ed iniziò quella sorta di nostra convivenza.

Dannata convivenza, quelli sono i ricordi che più mi hanno consumata quando mi hai lasciata andare. Quelle risate che diventavano velocemente pianti, sia miei che tuoi; quelle chiacchiere fino a notte fonda, le sigarette a letto ed i nostri sguardi che si incrociavano nel tuo letto, prima che crollassimo nei sonni più profondi che conoscevo.
All'epoca, solo con te riuscivo a dormire ed è stato uno dei motivi inconsci che forse mi hanno spinta verso di te. Non lo so, non mi è interessato chiedermelo, però era bello.

Quanto cuore sprecato tra noi.

Ho bisogno di dire il tuo nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora