3 - Empatia in empatia

16 3 7
                                    


Tu riuscivi ad ascoltare frequenze di me che io stessa ignoravo. Eri eccitante e rilassante per la mia mente, perché vivevamo allo stesso modo, sentivamo tutto allo stesso modo, davamo il medesimo peso alle cose accadute. Era semplice, era come respirare per la prima volta una profonda boccata d'aria. Eri aria, che mai passò nella mia vita prima di te e che non credo tornerà qui, ma che per un po' mi ha riempita i polmoni, ed è stato davvero bello.

Me la ricordo quella sensazione, è stata forse la più difficile da sradicare dalla pelle, dalle ossa e da ogni organo o muscolo mi avessi toccato in quei mesi.
Mi sono sempre chiesta come si fa a far uscire fuori qualcuno da dentro di sé, quando vi è entrata così facilmente, senza chiedere permesso. Senza chiedere scusa, mai.

Eri sempre qualcosa di nuovo, eppure avevi i respiri così familiari. Era rilassante parlare con te, perché la nostra comunicazione andava talmente oltre la parola, che potevamo fare migliaia di discorsi in un pomeriggio, potevamo condividere mille vite, in quelle eterne notti primaverili. Ore ed ore passate a raccontarci tutto di noi, non solo la storia che racconti ad un amico, no, ogni attimo, ogni consapevolezza appresa, ogni amore perduto ed ogni amico trovato. Aspettative, speranze, desideri e dolori, che poi vanno sempre di pari passo, ogni cosa di noi riempiva l'intorno e non c'era quasi più spazio per la verità.
Siamo stati sinceri tra noi, eppure non ci siamo mai detti che non sarebbe mai durato, che il nostro tempo sarebbe scaduto prima della mezzanotte e ne sarebbero rimasti non zucche e stracci, ma vuoti e urla silenti.

Eppure, quale poesia... Poesia. Ti dissi che eri per me poesia e non mentii. Eri i versi coinvolgenti e avvincenti di una storia destinata a finire e che forse per questo, sarebbe rimasta nella storia più impressa di altre, come un poema epico di cui si parlerà dopo secoli. O era epica la nostra storia, o semplicemente stupida.

Ricordo bene però che con te, non stavo tranquilla mai. Sentivo quella piccola pressione in me, nel dover attirare la tua attenzione, nel farmi vedere da te nel modo più vero e sincero che conoscessi, desideravo che trovassi in me un punto di ritrovo, dove tornare in qualunque momento.
Una volta ti soprannominai anche così, ora lo ricordo. Punto di ritrovo. Partì da uno stupido cartello nel cortile della tua accademia, e tu divenirsi il mio punto di riferimento per quei mesi. E forse, per un breve periodo, io fui il tuo.
Qualcuno direbbe che tutta questa storia parla di un amore perduto, ma la nostra amicizia andava oltre l'amore, l'attrazione ed il desiderio. C'era tutto, ma non avevamo bisogno di nulla per stare insieme. Venne tutto naturale.

Eh già, purtroppo, venne tutto naturale. Fin troppo naturale, ed è ciò che mi fregò all'epoca e negli anni a venire, in cui ripensandoti mi torturavo con la tua mancanza, con tutte le domande che restarono in sospeso e con le risposte che purtroppo accompagnarono i silenzi.

Vivemmo lo stesso dolore quando anche io persi la mia persona, l'amore della mia vita, quello per cui avevo fatto carte false, accettato tradimenti ed una suocera stronza.
Ingenuamente e genuinamente dirò la più sincera verità: volevo tanto passare del tempo con te perché tu capivi. Comprendevi oltre il dicibile, prevedevi le mie lacrime dal colore dei miei occhi che si spegneva, prima ancora che potessi versarne una, mi ascoltavi come nessuno aveva mai fatto prima. Eri sempre dalla mia parte, perché era anche la tua.

Chiunque nella mia vita, dalla famiglia alle amicizie, mi avevano sempre lasciato trasparire qualche velo di giudizio, pensiero o ideale diverso (o totale mancanza di quest'ultimo). Tu invece splendevi nel mio cuore tra loro, avevi quasi tutti i riflettori puntati contro perché eri l'unico a respirare come me.
Stupidi riflettori.

Puntavano su di te, contavano su di te più di me, ma tu hai staccato ogni spina possibile e l'hai fatto velocemente, questo te lo concedo. Mi han detto spesso che avevi iniziato ad andartene molto prima che ti dicessi addio, ma io non li ho mai creduti. Loro non sanno, loro non capirebbero.
Ci hanno provato e ci provano a respirare come me, ma sento sempre quella barriera che con te non c'era, e maledirò sempre il fatto che non ne trovai neanche una in te quando t'incontrai.

Potevi lasciarmi fuori, difenderti e difendermi ed invece siamo diventati uno, ed ora non so più che cosa sono.
Una metà? No, non direi.
Un frammento di qualcosa? Forse lo ero, ma mi sento pressocché intera da un po' di tempo a questa parte.
Un intero quindi? Non credo sarebbe comunque la risposta più giusta, perché non sono completa ma allo stesso tempo sento che non mi manca nulla. Che non mi manca nessuno, neanche più tu.

E se ho superato te, mi ripeto ogni giorno, posso superare molto più di quanto credo.
Non sai il dolore e la nostalgia che mi aggredirono notte e giorno, giorno e notte a ciclo continuo, senza mai una fine.
Prima di te dormivo con la tv spenta, ora non riesco a sopportare il peso del silenzio quando intorno a me è buio. Amo la notte e l'amavo già prima di te, ma l'idea che prima mi confortava, di essere la sola sveglia, dopo di te ha iniziato ad imprigionarmi, lasciando scorrere le ore senza che me ne accorgessi.
Hai rovinato l'unica cosa che mi aveva salvata dalla mia famiglia, dalla mia vita, dalla mia malinconia.

E quindi che io sia un pieno o un vuoto, un pezzo o un intero, ciò che conta davvero è che tu non sei più qui, ed io avrei voluto con tutta sincerità, durasse solo un po' di più.

Io mi definisco da sola un'empatia: qualcosa di riempibile ma mai vuoto, mutevole in base a ciò che le emozioni raccontano di ciò che ci circonda, fluido ed aperto ad ogni sfumatura dell'essere.
Non avevo mai incontrato un'empatia, prima di te.

Come due specchi che si riflettono all'infinito la stessa immagine, che però ogni volta non è l'originale e neanche una copia della precedente.
Quelli eravamo noi quando c'incontrammo. Lì le parole persero ogni potere e significato avessero all'esterno, perché sentivamo tanto entrambi, e tra noi si moltiplicava all'inifinito.

Un quando meravigliosamente struggente, ancora oggi da pelle d'oca.
Eri poesia, amavi la poesia anche più di me, io sentii che tu eri la mia, o almeno qualche verso senza rime. Oppure versi che non andrebbero mai cantati, o forse andrebbero urlati al mondo, perché questo tipo di arte è cosa così rara, che nessuno ne parla.
Nessuno oltre me oggi.

Empatia, in empatia, in empatia, in empatia...

Ho bisogno di dire il tuo nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora