Capitolo 4

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- Cucina e sorprese -

🍣

«Io non mangio agnello.» precisò, le mani aggrappate agli stipiti della sedia. Mi guardava dall'alto del suo metro e novanta, con gli occhi ridotti a due fessure, le labbra serrate.

«È solo affinché tu lo sappia.» aggiunse, aggirò il tavolo. Mi tolse il coltello dalle mani e le sue dita sostarono per un secondo di troppo contro le mie. Non volli dar peso al brivido che mi attraversò.

Kacchan aveva sempre lo stesso odore. Quello di colonia, di nitroglicerina, di bosco. Pensare a lui era come infilarsi un coltello in petto e farlo sprofondare ogni secondo di più.

Averlo in casa era strano. Non era come quando eravamo bambini. Era arrivato da qualche oretta e a parte la scena del divano, - quando mi aveva svegliato facendomi spaventare - non aveva detto molto. Aveva passato il pomeriggio chiuso in camera, chiedendomi di non disturbarlo mentre lavorava. Come se io fossi un bambino. Mi aveva innervosito, non ero riuscito a rispondergli se non con un’occhiataccia.

Avevo vagato per la casa, riordinato i pochi libri che mi ero portato da casa, su uno scaffale. Avevo pulito. Avevo cercato di riparare il mobiletto sotto la tv, ma ci avevo rinunciato subito. Mi ero pungolato con una scheggia e avevo finito per tornarmene sul divano a guardare un programma. Avevo girato tra i canali finché non si era fatto scuro, e solo quando avevo sentito la porta della camera aprirsi, avevo sollevato lo sguardo su di lui.

Katsuki, impeccabile come prima, si era cambiato. Ora indossava una tuta leggera. Pantaloncini grigi, svasati sulle cosce e una t-shirt nera. Camminò verso di me, mi chiese se avevo intenzione di cenare ora o più tardi. Lo guardai sbigottito. Non credevo che mi avrebbe rivolto la parola, ma mi accorsi che doveva essere davvero tardi.

Così ci ritrovammo in cucina.

Gli avevo detto che avrei cucinato io visto che aveva lavorato, lui scrollò le spalle. Presi dal frigo una confezione di noodles, protestò.

«Posso cucinare io.» decretò, senza guardarmi.

Prima ancora che potessi fermarlo aveva preso delle erbette dal frigo e si era messo a tagliarle. Mi sedetti ad una sedia, accanto al tavolo della cucina. Avevo tenuto le finestre aperte confidando nel tentativo di invitare ad entrare il vento serale. C’erano i condizionatori, ma non li avevo accesi, e neppure Katsuki lo aveva fatto.

Stavo per chiedergli cosa stava cucinando, quando Hachiko, il suo lupo cecoslovacco, ci raggiunse col suo passo cadenzato. Era agile e mi aggirò con grazia, finendo a strusciarsi contro le gambe del padrone. Lui allungò una mano e gliela infilò nella massa di peli che gli ricopriva la testa.

Mi sfuggì un sorriso.

Dovette accorgersene perché fece un verso con la lingua e il lupo si allontanò. Solo allora rivolse i suoi grandi occhi blu verso di me, e di nuovo, il mio cuore si fermò. Hachiko si mosse lentamente, le zampe protese come quelle di una ballerina, il muso in avanti. Mi annusò le cosce, le ginocchia. Era così vicino che il suo naso umido mi lasciò una chiazza di bagnato sulle gambe.

«Non ti fa nulla.» mormorò Katsuki, cogliendomi alla sprovvista. Mi voltai, ma lui teneva lo sguardo dal coltello. «Non morde. Non è… merda. Non è un cane cattivo.»

«È un lupo.» replicai, stizzito.

«Sì.» confermò lui, seccato. «Ma non morde.»

«Ok.»

Non avevo voglia di litigare, così decisi di lasciar perdere e farlo stare zitto. Forse perché lo conoscevo da anni e sapevo che se avessi provato ancora a fargli notare che non sapevo nulla di quel lupo, e che per quanto mi riguardava avrebbe potuto senza dubbio aggredirmi, lui avrebbe iniziato a sbraitare. Non mi andava di sostenere una lite con Katsuki. Lui era troppo esaustivo per lasciar correre ed io troppo stanco per contestare ogni sua difesa. Inoltre, quel caldo mi stava prosciugando di tutto. Mi sventolai una mano dinanzi al viso e Hachiko, che si era seduto a pochi passi da me, sulle zampe posteriori, mi guardò inclinando il muso. Aveva un pelo stupendo. Di un bianco latteo, lucido, ben pettinato. Le orecchie dritte, pronte a captare ogni suono.

Mission, BakudekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora