Capitolo 29

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Violet

«Allora? Mi dici che cosa ti succede...?»

   Emily era accanto a me, seduta su una delle tante panchine del mercato. Lì, di solito, si faceva di tutto: c'era chi lo utilizzava come parco dove lasciare i bambini a giocare; chi lo sfruttava per nuovi acquisti alle bancarelle di vestiti, e d'inverno veniva addobbato come se fosse un villaggio incantato.

   In quel periodo, il mercatino era ancora pieno di caramelle zuccherate e cioccolate calde, renne che camminavano in giro e neve dappertutto.

   La bellezza di quel luogo era sempre la stessa, ma c'era qualcosa di strano. Un qualcosa che conoscevo benissimo, ma che rendeva quel luogo tanto amato e aspettato insignificante.

   Notando il mio silenzio, Emily mi prese le mani nelle sue, stringendole nei guanti di lana rossa.

   «Lo sai che puoi dirmi tutto, Violet. Sono la tua migliore amica, servo a questo...»

   I miei occhi brulicavano di lacrime ancora fresche, come se quelle della sera prima non fossero state nulla; ma anche quelle della sera ancora prima, e ancora prima... fino al giorno della scoperta.

   «Prometti di non dirlo a nessuno?»

   Emily mi guardò, e senza pensarci oltre, esclamò convinta: «Giuro sulla nostra amicizia che non dirò niente!»

   Era giunto il momento... non potevo più inventarmi nulla. Sapevo per certo che quella verità le avrebbe fatto male; non tanto quanto a me, però un pochino avrebbe potuto scalfirla.

   Sospirai, mi presi un piccolo secondo di riflessione e rassegnazione, poi parlai: «È cominciato tutto quando stavamo tornando a casa... Tu lo sai che ogni anno vado per Capodanno a casa della nonna, giusto?» mi trema la voce.

   Lei annuisce.

   «Quest'anno mamma ha avuto sia il turno di Natale, che il turno di Capodanno, così per non lasciare da sola la nonna siamo andati solo io e papà. E...»

   Mi bloccai. Ricordo che credetti di non poter più respirare, che la mia vita potesse finire a quel semplice racconto dei fatti. Di non avere più una ragione per continuare.

   «E...?»

   «E andava tutto bene. Eravamo felici. Ci divertivamo, giocavamo ai giochi da tavolo con la nonna. Ma il giorno che dovevamo tornare a casa... pioveva. C'era un temporale da brividi. Ho avuto paura, nonostante papà non andasse veloce, perché all'improvviso hanno cominciato a sbucare fulmini e lampi. Lui mi ha rassicurato dicendomi che tra non molto saremmo tornati a casa, e che avremmo potuto aspettare la mamma insieme... e seduta nel posto accanto al suo, ci avevo sperato troppo».

   «E fino a qui è tutto normale. So che hai paura dei temporali. Ma non capisco...»

   «Non ho finito, Emily. Quello che ti ho detto ora non è niente in confronto al dopo...»

   Annuì, evidentemente ancora incurante dei fatti.

   Feci un altro sospiro, stavolta più forte.

   «Papà aveva deciso di accendere la radio, e proprio in quel momento è partita una delle sue canzoni preferite. Così ha cominciato a cantare a squarciagola, e sapendo le parole mi sono unita a lui. Andava tutto bene... cantavamo il ritornello come se lo avessimo scritto noi... fino a che non ho visto gli abbaglianti di una macchina venirci addosso con la forza di mille cascate. Ho sentito il cuore mancare un battito, te lo giuro. Per fortuna non ricordo molto, solo la botta e l'urlo di papà, che mi incitava ad abbassarmi... Per stargli vicino. Volevo stare con lui, Emily... E poi ho visto buio...»

𝐂𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐍𝐚𝐬𝐜𝐨𝐬𝐭𝐢Where stories live. Discover now