15.

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Creare un arcobaleno negli Inferi non è affatto facile. Nico girò tutto l'Ade cercando di trovare un modo, con me che lo seguivo lamentandomi in continuazione. Trascinavo i piedi di qua e di là cercando di stare dietro al figlio di Ade: il potere degli Inferi mi stava indebolendo troppo per reggermi anche solo in piedi, ma non per limitare il mio solito umorismo da quattro soldi.
Dopo qualche ora, Nico decise che sarebbe stato inutile cercare di formare un arcobaleno nel Regno dei Morti, quindi mi permise di tornare in superficie. Appena tornai a respirare aria che non sapeva di cadavere putrefatto, mi tornarono a mano a mano le forze.
Il figlio di Ade creò l'arcobaleno e invocò la dea Iride, dopo aver lanciato la sua dracma come offerta.
"Ehi, Annabeth" salutò Nico quando la testa bionda della ragazza comparve nel vapore. "Sei sola?"
La figlia di Atena aveva un'espressione preoccupata in viso, che sostituì subito con un sorriso raggiante. "Sono qui con Rachel" disse.
Nico borbottò qualcosa, poi annuì. "Falla restare. Potrebbe avere qualche informazione utile per noi."
Spintonai il figlio di Ade per entrare nella visuale. "Ciao Chase! Ciao Dare!" esclamai. "Quanto vi man..."
"Stoll, torna al tuo posto" mi interruppe Nico a denti stretti. Senza protestare mi scansai, poi gli appoggiai un braccio sulla spalla sinistra. Lui alzò gli occhi al cielo, ma non aggiunse altro. "Annabeth, abbiamo bisogno del tuo aiuto" continuò, serio. "Sai cosa sia una defixio?" chiese.
Scossi la testa e schioccai la lingua in segno di disapprovazione. "Come siamo maleducati, Di Angelo..." feci. "Neanche chiedere per favore..."
Il figlio di Ade mi guardò truce. "Non abbiamo tempo da perdere" sibilò.
Alzai le mani.
"No, Nico, mi spiace" rispose Annabeth senza riuscire a trattenere un sorriso. "È una parola che non ho mai sentito prima."
Nico tornò a concentrarsi sulle ragazze. "Ma è una parola greca, no?"
Annabeth fece di no con la testa. "Se lo fosse stata, avrei saputo almeno tradurla" osservò.
"Se lo fosse stata, avremmo potuto tradurla anche noi, no?" commentai roteando gli occhi.
Nico non reagì in alcun modo. Aveva capito che l'unico modo per andare d'accordo con me era assecondarmi. "Grazie lo stesso, Annabeth" sospirò.
"Farò delle ricerche, su questo puoi stare più che certo" disse la figlia di Atena sorridendo.
Nico si voltò verso Rachel, che era rimasta immobile e silenziosa fino a quel momento, tanto che mi ero quasi scordato della sua presenza. "Tu hai qualche sensazione, qualche avvertimento da darci?" le chiese.
"No, nulla" rispose Rachel. "Da quando è finita la battaglia di Manhattan, e ho recitato la nuova profezia, non ho ricevuto più nulla dai miei poteri." Scosse la testa, guardando in basso. "L'unica cosa che so è che c'è qualcuno di oscuro che sta cercando di impedire la riuscita della vostra impresa."
Come se non lo sapessimo già, pensai, ma decisi di tenerlo per me.
Nico strinse le labbra. Che fosse per la rabbia, l'irritazione o chissà che altro non seppi dirlo. "Grazie" borbottò.
"Altro?" chiese Annabeth guardandoci.
"Sì" intervenni. "Potreste procurarci un altro compagno di viaggio? Qualcuno che durante il periodo invernale non si trova al Campo, ma nei pressi di Los Angeles."
Annabeth aggrottò la fronte. "Perché?"
Perché stare da solo con il principe degli Inferi mi inquieta, pensai, ma non dissi neppure questo. "Ho bisogno di qualcuno che capisca il mio sarcasmo" spiegai. Scusa a caso buttata lì, ma parve funzionare. "Sai, l'anima della festa qui con me" indicai Nico, "non ha esattamente ciò che io definisco 'senso dell'umorismo'."
Il figlio di Ade mi guardò. "Cosa pretendi?" sbottò. "Ti ricordo che i morti non hanno spirito."
Mi portai una mano alla bocca e finsi una faccia sorpresa. "Nico Di Angelo ha appena fatto una battuta? L'ho sentito solo io, o la tristezza fatta persona ha appena fatto una battuta?"
Nico mi diede una spallata. "Piantala, Stoll, o ti faccio tirare giù negli Inferi dagli scheletri dei soldati della rivoluzione americana."
"Ricevuto" feci, tornando impassibile.
"Pensa poi se ti capitasse una come Clarisse La Rue..." proseguì Nico.
Scrollai le spalle. "È certamente più divertente di te" replicai.
Annabeth ridacchiò. "Vedo quello che posso fare" disse. "Adesso è ora di pranzo. Dobbiamo lasciarvi."
Nico la bloccò. "Aspetta!" esclamò, prima che la ragazza potesse infilare la mano nell'arcobaleno. "Non dite a nessuno che ci avete visti, o che vi abbiamo contattate. D'accordo?"
La figlia di Atena annuì. "Non l'avrei fatto comunque" replicò, poi interruppe il collegamento.
Nico rimase immobile per qualche minuto, pensando, poi si riscosse. "Dobbiamo andare a parlare con le Erinni" disse.
"Non possiamo prima aspettare il terzo partecipante dell'impresa?" chiesi. Non avevo alcuna intenzione di andare a fare visita alle creature padrone delle maledizioni con solo Nico a coprirmi le spalle. Quel ragazzino non mi ispirava alcuna fiducia.
Il figlio di Ade scosse la testa. "Già portare te negli Inferi con un viaggio nell'ombra è faticoso, pensa se dovessi portare anche un altro corpo inutile come mi..."
Fu interrotto da una ragazza che, dopo aver smesso di correre a perdifiato, si bloccò davanti a noi. Ansimando, si fermò per respirare con le mani sulle ginocchia. Aveva i capelli biondi tutti scompigliati e umidi, la fronte imperlata da goccioline di sudore. Aveva, intrecciate tra i capelli, quelle che sembravano spighe di grano. Alzò un dito per dirci di aspettare un attimo, poi tornò in posizione eretta.
La riconobbi subito. Come potevo dimenticare la vittima dei migliori scherzi miei e di mio fratello? Tutte le piante che avevamo bruciato, tutte le decorazioni estive naturali che avevamo gettato nel fiume...
"Katie Gardner!" esclamai avvicinandomi per abbracciarla.
"Stoll" fece lei, arricciando il naso. "Connor Stoll."
Le feci l'occhiolino. "Sappiamo tutti che eri ansiosissima di rivedermi" dissi a bassa voce, ma abbastanza forte che anche Nico sentisse.
La figlia di Demetra roteò gli occhi. "Annabeth ha detto che Nico Di Angelo ed uno Stoll avevano bisogno di aiuto." Mi squadrò. "Peccato che non abbia specificato quale."
"Ti ricordo che sei l'unica, o quasi, in grado di distinguere me e Travis" le feci notare. "Non puoi pretendere che Annabeth ti dicesse chi dei due ti stesse aspettando."
Lei scrollò le spalle. "Sì, forse" concordò scostandosi da me. "Allora, questa grande impresa alla quale Annabeth mi ha invitato a partecipare in cosa consiste?" chiese.
Nico sospirò. "Connor è riuscito a farsi lanciare una maledizione da una morta" rispose, e in breve le spiegò tutto. Cosa ci facevamo lì, i viaggi negli Inferi, la defixio e tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni.
Katie annuì. "Va bene. Ci sto." Tirò fuori dalla sua borsa in paglia ecologica e riciclabile una spada di bronzo celeste e una piccola bottiglietta con un'etichetta nera attaccata, sulla quale era disegnato un teschio.
La indicai. "Che roba è?" chiesi. "Sembra letale."
La ragazza ridacchiò. "Lo è, mio caro figlio di Ermes" rispose. "Sai quante piante velenose esistono al mondo?"
"Tante?" tirai ad indovinare.
"E sai cosa succede se il veleno della più letale viene raccolto in un concentrato puro?" continuò Katie con voce da film horror.
"Diventa ancora più letale?" Non mi piacevano gli indovinelli di Katie. Nico se la spassava, invece. Stava lì in silenzio a ridacchiare come un idiota, mentre la figlia di Demetra mi intimava indirettamente di non farla arrabbiare, minacciandomi di morte.
Katie annuì lentamente e si rigirò la boccetta tra le dita, all'altezza dei miei occhi. "Questa è la mia arma migliore" disse. "Sono piuttosto esile, e non troppo capace con spade, pugnali, o arco e frecce, quindi preferisco usare le capacità che mia madre mi ha dato."
Deglutii. "Mi sembra giusto" feci. Mi voltai verso Nico. "Adesso possiamo andare?" gli chiesi in tono quasi implorante.
"Sei tu che hai voluto aspettare il terzo membro, anziché scendere subito negli Inferi" replicò il figlio di Ade.
Ci spostammo in un pezzo d'ombra. Nico prese per mano me e Katie, che continuava a fissarmi con un sorriso dolce, ma con l'aria di chi sta progettando il miglior modo per ucciderti nel sonno.
Tempo qualche minuto e mi ritrovai sdraiato sul terreno dell'Ade, con le ossa della schiena a pezzi. Guardai gli altri due ragazzi. Nico era immobile, sembrava morto. Katie, poco distante, era -purtroppo, mi verrebbe da dire- viva e vegeta. Si era messa seduta e si massaggiava la testa.
All'improvviso, un dolore lancinante mi colpì le gambe.
Mi tirai a sedere di scatto, e vidi un artiglio stringermi il polpaccio talmente forte da farlo sanguinare. Alzai lo sguardo. Una donna con al posto dei capelli centinaia di serpenti mi fissava mostrando i denti affilati.
"Bene, bene, chi abbiamo qua?" sibilò. "Un semidio..." Lasciò andare la mia gamba e si chinò sul mio viso. "Riconoscerei quegli occhi azzurrri e scaltri ovunque. Figlio del messaggero degli dei" mi sputò in faccia per poi allontanarsi.
Mi appoggiai sui gomiti per stare il più possibile lontano da lei, e potere comunque guardarla. "Chi sei?" Le parole mi uscirono quasi in un grido.
"Io?" La donna scoppiò a ridere. Tra le mani rigirava una frusta. "Come fai a non sapere chi sono, figlio di Ermes? Sei venuto a me, e non mi conosci? È davvero un peccato, poiché non avremo tempo per le presentazioni..." Fece schioccare la frusta ad un centimetro dal mio volto.
Istintivamente mi voltai, e lei ne approfittò per tentare di nuovo e centrare il bersaglio. Con la guancia che mi bruciava, tornai a guardarla, mentre sentivo il sangue caldo colarmi sul viso. "Chi sei?" ripetei.
La donna sorrise, velenosa. "Non lamentarti per la frustata" disse. "Sto solo seguendo gli ordini della defixio."
"Dimmi il tuo nome!" urlai.
Quella creatura non aveva alcuna intenzione di ascoltarmi. Continuava a camminare avanti e indietro davanti a me, passandosi la frusta da una mano all'altra. "Il mio nome, dici?" Scoppiò in una risata isterica. "Oh, piccolo, stolto semidio..." Alternò ogni parola ad un passo verso di me, e si ritrovò all'altezza della mia testa. "Il mio nome è proibito. Gli antichi greci mi definivano 'colei il cui nome non può essere pronunciato'. Ma se il tuo caro genitore divino ti avesse istruito..." Fece una pausa, nella quale gettò un'occhiata ai miei amici.
Seguii il suo sguardo. Katie fissava la scena, senza il coraggio di muoversi. Nico, invece, era sdraiato a terra, probabilmente privo di sensi.
La donna tornò a guardarmi. "Sai, lui viene spesso qui" mi informò.
Che gite piacevoli che fa, pensai.
"Ci consegna le defixiones" continuò. "E giusto qualche tempo fa, ci ha portato la tua."
Mi appiattii contro il terreno. "Vuoi dire che... che non sei sola?" chiesi, incerto.
Rise ancora. "Certo che no, mezzosangue" rispose. "Le mie due sorelle mi stanno aspettando. Solo io sono stata incaricata di avverare la maledizione che giace su di te." Si allontanò di nuovo. Cominciò a camminare in tondo attorno a me, come un predatore che studia la sua preda. "Una maledizione crudele, estrema. Eterna e indistruttibile. Scritta di suo pugno da una delle mie sorellastre. Dovresti esserne onorato."
Oltre alla maledizione di Bianca, quindi, ne gravava un'altra su di me. Si apprestava ad essere un inverno molto interessante.
"Molto onorato" ringhiai a denti stretti.
La donna sorrise. "Renderà tutto più semplice" commentò. "Ho una lista lunga da spuntare, quindi credo proprio che dovrai tornare a farci visita. Per oggi, mi occuperò solo dei primi tre punti." Fece schioccare di nuovo la frusta, che si avvolse attorno al mio polso.
Dopo l'ultimo incontro con la strana donna fatta di terra, che mi aveva avvolto in un abbraccio quasi mortale, pensavo quella frusta sarebbe stata niente, in confronto. Invece sembrava persino peggio. La donna di terra con le sue funi era molto più debole, nonostante, a quel che diceva Nico, pullulasse di potere antico. La donna che ora mi trovavo davanti era forte e spietata come nessuno dei mostri che avevo incontrato.
"Hai ricevuto una defixio molto poetica" ridacchiò la donna strattonando la sua arma. "'La frusta stringerà la tua mano, come prima tu stringevi la mia'" recitò. "È il secondo punto della lista." Rise. "Hai ucciso qualcuno, figlio di Ermes?" mi chiese.
A fatica risposi di no.
"Strano" fece la donna. "Perché l'ultima frase della prima parte è: 'Una stretta che ti porterà dove tu hai portato me: al riposo eterno, alla morte'." La frusta finalmente mi liberò. "Credo che tu debba proprio scavare meglio nella tua memoria, semidio. Hai compiuto un delitto, e questo non resterà impunito."
La frusta schioccò di nuovo, stavolta sul terreno. Odiavo quel suono. La seconda volta, invece, si avvolse attorno alle mie gambe. "Questo non fa parte della lista, ma mi diverte molto vedere i mortali agitarsi come pesci fuor d'acqua quando sono immobilizzati per gli arti" disse la donna.
"Vecchia megera, lasciami andare" sbottai.
I serpenti sulla testa della donna si rizzarono incolleriti, e il suo volto divenne una maschera d'odio. I punti in cui l'arma era a contatto con la mia pelle si fecero incandescenti. "Osi offendermi?" gridò. "Sei davvero uno stupido... sono una delle creature più antiche, e tu osi sfidarmi così?" Tirò la frusta, e la stretta si fece più dolorosa. "Sappi che farò di tutto perché questo sia il supplizio peggiore della tua vita. Anzi, no." Un sorrisetto le increspò le labbra. "Farò in modo che non ci sia più vita per te, dopo."
Slegò la sua arma dalle mie gambe. "Per oggi è finita, mezzosangue. Ma continuerò a tormentarti finché sarai in terra, e anche dopo!" esclamò la donna. Un paio di ali si spiegò dalla sua schiena, e la creatura spiccò il volo, sparendo lontana.
Crollai a terra. Non mi ero mosso per niente da quando ero arrivato negli Inferi, eppure ogni muscolo del mio corpo protestava, chiedeva riposo. Avevo i nervi e le ossa a pezzi.
Katie fu la prima a parlare. "Io... io proporrei di mangiare tutti un gelato alla frutta, vi va?"

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