WISHES - La lanterna dei desideri (ANTEPRIMA CAPITOLI NON EDITATI)

3 - Axel

Se c'è una cosa che ho capito sui desideri è che quasi tutto si può comprare.

D'altronde sono Axel Valentine Junior, e a parte l'essere nato in una delle famiglie più potenti degli Stati Uniti e l'aver ricevuto in dotazione un aspetto da dio greco – tutti regali della sorte – il resto l'ho ottenuto... grazie al denaro. Volete un esempio?

Quando ci siamo trasferiti da Chicago a New York avevo tredici anni ed ero uno studente alquanto mediocre che, con le sue sole capacità, mai sarebbe potuto rientrare nella graduatoria per la Dwight School: uno degli istituti privati più prestigiosi del Paese. Studiare lì equivaleva ad avere un pass per l'Ivy League. Non lo meritavo, eppure sono stato ammesso, grazie all'ingente somma sborsata da mio padre.

O ancora, per il mio diciassettesimo compleanno, chiesi di poter andare con degli amici al concerto dei FrogCy, il mio gruppo preferito dell'epoca, al Madison Square Garden. I biglietti erano esauriti da mesi, eppure con il denaro e il prestigio della mia famiglia, non solo ottenni dei posti ottimi, ma addirittura l'accesso esclusivo al backstage.

Ergo, i sogni sono in vendita. Ripetiamolo assieme: i-sogni-sono-in-vendita.

Ecco perché, per fare ciò che devo fare questa sera, ho organizzato tutto in anticipo, pagando profumatamente un tizio trovato in un forum, lo stesso in cui ho scovato le informazioni necessarie. Questo ragazzo, che in rete dice di chiamarsi Bobby23, mi viene a prendere alle otto all'angolo tra la Lexington e la Sesta Strada, con un furgone vecchio e logoro che fa al caso nostro, visto che dobbiamo passare inosservati in un luogo in cui la mia Mustang risulterebbe sospetta.

Ci mettiamo in marcia e arriviamo a New Rochelle meno di trenta minuti dopo, e va tutto liscio fino a quando non parcheggiamo lungo la superstrada, per ridefinire il piano e attendere l'ora perfetta per agire.

«Ehi, amico, non mi sento troppo bene», mormora, un istante prima che anche il suo stomaco mormori qualcosa. E no, eh.

«Tienitela, non è il momento».

Ma Bobby23 esce di scatto dalla macchina, va verso una siepe e vomita anche l'anima per i tre minuti seguenti. Quando rinviene, è verde come un limone acerbo, suda freddo e non si regge in piedi.

«Io non credo di farcela», borbotta, e riprende a vomitare.

Okay, non disperare, Axel. A tutto c'è una soluzione, no? Ti sei portato dietro un bel po' di contanti, un modo lo troverai.

Chiamo un taxi per Bobby23 e gli consiglio di farsi accompagnare all'ospedale più vicino, dopodiché me ne sbatto del suo destino e penso al da farsi. Mi accendo una Lucky Strike. Non posso guidare, maledizione. Se è vero che i soldi pagano sempre tutto, è pure vero che un padre incazzato può sbarrare tutte le porte, se lo desidera. In questo caso, mio padre si è arrabbiato parecchio con me dopo l'ennesima multa per guida in stato d'ebbrezza che ho collezionato, e non ha battuto ciglio quando mi hanno ritirato temporaneamente la patente. Fumo e cammino per un po', fino a quando arrivo a un diner lungo la superstrada.

Ci sono già entrato un paio di volte, in passato, durante uno dei miei "sopralluoghi" in zona, e mangiare qui non mi ha provocato la reazione appena avuta da Bobby, per cui decido di ordinarmi un panino e pensare al passo successivo.

L'ottimismo è il pane quotidiano di chi sa di avere in tasca – in senso letterale – la chiave della propria fortuna.

«Non posso permettermi altri fine settimana come questo, Jay...».

«Che ne pensi di rinnovarci un po'?».

È così che origlio una conversazione fra il grassone che gestisce questa bettola e una delle cameriere, una cosetta minuscola con una treccia scura che le ondeggia sulla schiena, talmente lunga come non ne vedevo dall'ultimo film di Bollywood che mi è toccato sorbirmi alla tv, una volta in cui era la domestica a fare zapping.