Ti prego perdonami

Giorgia stava mettendo i bicchieri nella lavastoviglie quando Luca, proprietario del bar, che da qualche minuto era imbambolato di fronte al cellulare, esclamò:
“Non ci posso credere!”
Poi senza che la sua dipendente glielo chiedesse, l'uomo girò lo schermo e le mostrò  una foto.
“Ma non è la tizia che ogni tanto viene qua a fare colazione?” chiese, sempre con lo stesso tono incredulo.
"L'infermiera.” confermò Giorgia “Caffè macchiato e brioche alla marmellata di frutti di bosco, tutte le volte. Che l'è successo?”
“È morta.”
La ragazza per poco non fece cadere il bicchiere che aveva in mano mentre Luca, tornato a guardare il cellulare, continuò:
“Qua dice che l'hanno trovata sulla spiaggia ieri mattina. È stata aggredita.”
“Che cazzo dici?!”
Luca alzò le braccia e le fece ricadere pesantemente sui fianchi.
“Che vuoi che ti dica? È un mondo di merda, Giorgia. Si sa ancora poco e grazie a Dio non hanno scritto i dettagli più macabri, ma a quanto pare c'era un tizio  fissato con lei, le scriveva in continuazione.”
Giorgia chiuse lo sportello dell'elettrodomestico con aria pensierosa.
Un tizio ossessionato da Anna…lei aveva visto qualcuno sotto il suo palazzo qualche giorno prima.
Giorgia non era una ficcanaso, ma aveva capito dove l'infermiera abitava. Veniva, infatti, al bar ormai con una certa regolarità e una mattina la ragazza, mentre si stava recando a lavoro, l'aveva vista uscire da un edificio lì vicino e l'aveva riconosciuta.
E sotto quello stesso edificio, nel tragitto automobile-bar, aveva notato un tipo strano.
Il suo aspetto era ordinario e Giorgia non ci avrebbe fatto caso se non fosse stato  per il suo atteggiamento guardingo, ma a darle da pensare era stato che lo aveva visto cinque volte, forse sei, fermo nello stesso posto. Si chiese se quel tizio non fosse l'assassino.
Un vociare familiare la distolse dai suoi pensieri; due uomini, clienti abituali, erano appena entrati e mentre Luca con cellulare alle mani si apprestava a intrattenerli con la macabra notizia,  Giorgia, si  occupò dei caffè.
Un vantaggio di lavorare in un piccolo bar, rispetto a una grande catena di caffetterie, era che sapevi sempre cosa aspettarti, i clienti tendevano ad essere abitudinari e anche per questo l'atmosfera era più rilassata. Riuscivi a scambiare chiacchiere e nessuno ti guardava con aria di rimprovero perché voleva il suo caffè in fretta. Tuttavia, c'era il rovescio della medaglia. Quando si ha a che fare con una persona tutti i giorni, si è inclini a prendersi certe libertà.
Come la signora che una volta sì e una no, si lamentava che la schiuma del cappuccino era troppa o quei due che erano appena entrati che la chiamavano tesoro.
Giorgia aveva appena vent'anni e i due uomini  al bancone potevano avere l'età di suo padre, ma dubitava che l'appellativo che usavano avesse a che fare con un sentimento paterno. Aveva infatti, notato che i due clienti le rivolgevano occhiate maliziose.
Luca non le aveva imposto di mettere una divisa, e un giorno la scorsa  estate si era presentata al bar con una maglietta un po' troppo scollata. Non lo aveva fatto di proposito, solo che nell'uscire di casa non si era resa conto che ad ogni movimento quel capo rischiava di mostrare un po' più di pelle del dovuto. E, infatti, più tardi quello stesso giorno, aveva beccato gli uomini, gli stessi che adesso stavano sorseggiando il loro caffè, a sbirciare dentro la sua scollatura. Uno di loro, credendola ingenua, aveva anche esclamato rivolto al compare:
“Dio benedica l'estate.”
Quel tipo di clienti era la ragione per cui si controllava allo specchio dieci volte prima di uscire di casa. Era consapevole che il suo fisico flessuoso attirava gli sguardi degli interessati, ma c'è modo e modo.
Le faceva piacere essere notata, ma non le piaceva essere fissata, come i predatori affamati fissano la loro preda.
Resisteva, però, perché quello era un piccolo prezzo da pagare per un lavoro decente; Luca era un capo eccezionale e, a dirla tutta, la maggior parte dei clienti erano persone a modo.
Come la povera Anna, che la ringraziava sempre con un sorriso e lasciava una piccola mancia, o Danilo, lui veniva tutte le mattine, che le chiedeva come stava e non si era mai permesso di dire una parola fuori luogo.
Chissà se quei due erano usciti insieme poi…
Giorgia doveva ammettere che non le era piaciuto fare da complice a quel corteggiamento e non aveva fatto il tifo per l'infermiera, anche se adesso si sentiva in colpa a fare quei pensieri.
Danilo era un uomo molto attraente e la ragazza gli aveva dedicato più di un pensiero durante le notti solitarie e si era scoperta gelosa quando aveva scoperto che aveva messo gli occhi addosso a Anna.
La giovane, però, non era certo nella posizione di avanzare alcuna pretesa, Danilo non aveva mostrato mai interesse verso di lei e soprattutto tra di loro c'erano minimo dieci anni di differenza. Anna, oltre ad essere più adulta, era una professionista come lui e, Giorgia non era cieca, anche molto bella. Il suo corpo ben proporzionato e i lineamenti del viso delicati facevano di lei una bellezza pulita. Gli uomini forse non giravano il collo come se avessero dentro un meccanismo a scatto quando passava lei, ma Anna era una che non ti stancavi di guardare. Giorgia, invece, ogni tanto desiderava sapere come fare ad attutire la sua figura procace che tanto attirava l'attenzione.
Proprio quando la ragazza stava formulando questo pensiero, Danilo varcò la soglia del locale e mentre con incedere sicuro si dirigeva verso il bancone, l'uomo  le fece l'occhiolino, facendola arrossire.
Giorgia notò che c'era  qualcosa di diverso in lui quella mattina; il suo aspetto era meno accurato del solito, non aveva la cravatta e la camicia, di un colore azzurro tenue era aperta,  tuttavia, non aveva perso un grammo del suo fascino.
Lo guardò accomodarsi al tavolo, e quando il suo capo gli chiese di portargli la sua ordinazione, pensò alla povera Anna la cui vita era stata stroncata troppo presto e decise che la vita era troppo breve per non osare di più. Si avvicinò all'uomo armata di vassoio e di un enorme sorriso e gli disse:
“Che ti è successo stamattina? Non indossi la cravatta e la tua camicia è piena di pieghe. Hai avuto una notte movimentata?”
Danilo rise divertito.
“Magari! Ma mi sa che ti devo deludere, semplicemente non ho sentito la sveglia e, inoltre,  mi sono dimenticato di fare il bucato, così ho dovuto ripescare questa camicia dal gesto della biancheria sporca…ma forse questo dettaglio avrei dovuto tenerlo per me, ora chissà che penserai.”
Quella spontanea confessione aveva in un certo senso intaccato quell'aura di uomo tutto d'un pezzo che lo accompagnava e Giorgia gli restituì la stessa onestà.
“Mi piace questa cosa.” disse.
“Cosa?”
“Che ti mostri come sei e  non fai mai lo sbruffone. Non hai idea delle balle che si inventano certi clienti per fare colpo.”
Danilo sorrise compiaciuto.
“Mi sento di difenderli, Giorgia. Quando ti trovi di fronte una  ragazza bella come te, ti senti inadeguato. Si deve rimediare in qualche modo.”
Quel complimento esplicito e non volgare pompò ulteriormente il suo coraggio e sfrontata come non lo era mai stata, colse l'occasione del piccolo difetto che aveva notato nella camicia dell'uomo per chinarsi su di lui e posargli strategicamente due dita sul petto.
“La prossima volta,” disse restituendo l'occhiolino che prima l'aveva fatta arrossire “ti consiglio di scegliere con più attenzione. A questa camicia manca il primo  bottone.”

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