Martedì 3 maggio, 1984.
Uptown Secondary School.
16:30.
I'm on the top of the world lookin' down on creation
And the only explanation I can find
Is the love that I've found, ever since you've been around
Your love's put me at the top of the world
- Carpenters, "Top Of The World"
William aveva appena finito un progetto di gruppo e si era dato appuntamento con Dolly all'entrata della scuola.
Era felice, quella sera lui e Dolly sarebbero andati al cinema con la compagnia di Moksdale. Percorse il corridoio che dall'aula di Scienze arrivava all'auditorium e sarebbe finito nell'atrio.
L'aspettò un quarto d'ora abbondante, poi iniziò a cercarla ovunque. Nei bagni, nelle aule, in segreteria. Nulla. Tornò, disperato, verso l'atrio. Sentì qualcuno emettere dei suoni soffocati, un pianto. Proveniva da dietro una delle colonne portanti in marmo intarsiato.
Cautamente, William si avvicinò e vide quello che sperava di non vedere mai. Dolly ricoperta da capo a piedi da farina, uova e le braccia pieni di lividi.
«Cosa diavolo è successo, Dolly?» il tono di William era arrabbiato. Aveva una vaga idea di chi poteva essere coinvolto, Margaret e Daisy in primis.
Dolly non rispose subito. Lo guardava con gli occhi azzurri pieni di lacrime. L'espressione più atterrita che aveva visto nel suo volto.
«CHI CAZZO È STATO DOLORES?» tuonò William. Poche volte l'aveva chiamata con il suo nome, ma la collera ebbe il sopravvento. Questo sembrò un attimo darle il via alla confessione.
«Daisy, Margaret, Nicholas, Andrew e Benjamin.» sospirò. Le tremava il labbro inferiore. «Avevo finito il progetto con Laura e Michelle. Se ne erano già andate, le avevo salutate mentre entravano, mi pare, nella macchina di Michelle. Sono tornata indietro, mi sono dimenticata lo zaino con tutti gli appunti di fisica dentro. È arrivata poi una mano maschile da dietro e in tre mi hanno trascinata nell'aula di musica e ...» si fermò, Dolly, dopo aver raccontato per metà cos'era accaduto.
William aspettò che continuasse, 'sta volta un po' più paziente. Si sentiva in colpa per aver urlato, ma quei figli di puttana lo facevano sempre incazzare. Soprattutto Daisy e Margaret, che più di una volta avevano messo gomme masticate nei capelli di Dolly, che ormai aveva una ciocca tagliata e una no.
Le aveva affrontate di petto, soprattutto a parole, ma nulla era cambiato. Gli altri tre li conosceva piuttosto bene, erano compagni di squadra di basket. Prima di conoscere Dolly, li considerava amici. In quel momento capì che la ragazza che aveva di fronte era ciò che gli importava di più. 'Fanculo allo status sociale in quel microcosmo che era la scuola superiore, il pensiero che l'empatia valessero più dei soldi e della popolarità lo travolse come un fiume in piena. Nessuno gli aveva insegnato a piangere o a mettersi nei panni altrui. Anzi, tutto il contrario, perché doveva essere uomo, dominare e scavalcare gli altri, sempre.
Dolly, a un tratto, parlò: «Nicholas e Benjamin mi hanno picchiata. No, non sono andati oltre» asserì, guardandolo dritto negli occhi, infuocati di rabbia. «Daisy e Margaret hanno iniziato a ridere, le ho viste prendere un sacco di farina. Forse venivano dalla mensa, non lo so. Me l'hanno buttato addosso, sghignazzando. Andrew, qualche secondo dopo, ha iniziato a lanciarmi uova crude e lo stesso tutti gli altri. Mi hanno legato alla meno peggio a una sedia. Mi dimenavo e dimenavo e dimenavo ma loro continuavano, anche se ho urlato più volte di smetterla. Non so con che coraggio, mi sono liberata e ho iniziato a correre. Mi sono nascosta qui dietro. Chissà come, se ne sono andati, non trovandomi più. Billy, non ci voglio più tornare qui dentro. Ho paura.»
William raccolse tutta la poca pazienza che aveva e le disse: «No, Dolly. Affrontiamo la cosa. Laura, Michelle ed io ti aiuteremo, stanne certa. Faremo a turno per accompagnarti da una parte all'altra della struttura. Prenderemo appuntamento con la mia terapista e no, non voglio discussioni su questo. È già per me traumatico vederti in queste condizioni, figurati per te. So che è una cosa da ricchi ma lo giuro su Dio, verremo a capo di questa storia. Bisogna farlo, non c'è altra soluzione.» Fece una pausa e disse: «Andiamo a vedere se George è arrivato. Vieni a casa mia, ti cambi, ti lavi e iniziamo a risolvere questo disastro. I miei sono via, un viaggio d'affari.»
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In effetti, George lo stava aspettando da una ventina di minuti circa dalla fine delle lezioni. Era tentato a tornare alla villa ma si decise di aspettare. Il ragazzino arrivò, accompagnato dalla signorina Gillman e per poco non gli venne un colpo nel constatare con i suoi occhi ciò che il signorino più volte gli raccontava su di lei, era vero. Bullismo. Non ci voleva credere, erano figli di persone ricche e con una certa educazione. Sua madre gli aveva sempre detto di impegnarsi ed essere educato, pur di non dare a vedere la loro povertà.
Capì in quell'istante che una persona poteva avere tutta l'educazione del mondo ma non essere umano. Corse fuori dall'auto nell'istante che il signorino Baron-Spencer vi si avvicinava.
«Buon pomeriggio, signorino» disse l'uomo cercando di darsi un contegno. «Cosa è successo?»
«L'inevitabile» rispose flebile Dolly. Lui e il signorino Baron-Spencer avevano un rapporto molto professionale. Capitava di quando in quando che il più giovane si confidava spesso della sua vita. Certo, era una vita molto più agiata e patinata della sua ma era pur sempre un adolescente. Quindi, quando vide le condizioni cui Dolly tergiversava, ebbe la conferma che il signorino non si era inventato nulla.
Li aiutò, facendo accomodare Dolly nel sedile anteriore, assicurandole che avrebbe portato l'auto a lavare il prima possibile e di non preoccuparsi. Il viaggio fu silenzioso. Tornati a casa, George portò l'auto a lavare, offrendo come scusa una torta che era schizzata via dalla confezione.
A dirla tutta, non era andato molto distante dalla realtà.
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William stava diventando sempre più nervoso ogni minuto che passava. Dolly era andata a lavarsi e non accennava ad uscire. Si alzò di scatto e raggiunse il bagno. Bussò e Dolly gli disse: «Avanti.» Il ragazzo entrò e vide gli occhi rossi della ragazza riflettersi sullo specchio. Era talmente triste che William temeva per il peggio.
«Dobbiamo dirlo a tua madre, amore mio» disse William, abbracciandola da dietro, accarezzandole i fianchi. Iniziò a baciarle il collo, lentamente, come ad assicurarle che lui era lì. Che sarebbe rimasto sempre lì. Fino alla fine del mondo, fino a cent'anni.
«Va bene. Però ho paura, Billy» rispose con tono remissivo la ragazza riccioluta. William affondò poi la faccia fra la spalla sinistra e il collo di lei.
«Ti sarò sempre vicino, Dolores Catherine Gillman e questo non cambierà mai» asserì, dandole poi un dolce bacio sulla guancia.
«Cosa ho fatto per meritarti, Billy?» sussurrò la ragazza.
«Te, Dolly. Tu sei un raggio di sole, anche se hanno provato ad oscurarti. Ti amo.»

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𝙍𝙤𝙨𝙨𝙤 𝘿𝙞 𝙎𝙚𝙧𝙖
Romancetw: sangue, linguaggio forte, parolacce, menzione di st*pro - 2007. Lola Gillman ha sedici anni e deve lasciare tutto ciò che conosce. Gli amici, i nonni e tutto quello che le è familiare. Sua madre ha un nuovo lavoro, a New York che è ben distante...