capitolo 6

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La notizia dell'incidente alla "curva del diavolo" si sparse nel paddock come un incendio. I media parlarono di un errore di guida dovuto all'asfalto bagnato, ma tra gli addetti ai lavori iniziarono a circolare voci su una possibile sbandata anomala, inspiegabile per un pilota del calibro di Marco.Alex, il suo compagno di squadra, vinse il Gran Premio d'Italia, ma la sua gioia fu offuscata da un misto di sospetto e inquietudine. Aveva visto Marco frenare in quel punto, aveva percepito un'ombra oscura avvolgere la sua vettura. Non riusciva a spiegarsi come avesse fatto a uscirne illeso.Marco, dal canto suo, decise di non rivelare a nessuno la verità sulla maledizione e sulla sua scelta di affrontare il pericolo. Aveva bisogno di tempo per elaborare quanto accaduto, per ritrovare il suo equilibrio dopo anni di tormento.Si prese una pausa dalle corse, si rifugiò nella quiete della villa toscana, ormai libera dalle presenze oscure.  Trascorreva le giornate leggendo, passeggiando tra le colline, riscoprendo il piacere delle piccole cose.Un giorno, ricevette la visita inaspettata di Alex. Il giovane pilota, visibilmente scosso, gli confessò di essere tormentato da incubi e da un senso di colpa opprimente. Aveva sempre ammirato Marco, ma la sua ambizione lo aveva accecato, spingendolo a desiderare il suo posto a qualunque costo.Marco, con la saggezza di chi aveva guardato in faccia la morte e ne era uscito vivo, ascoltò con pazienza le parole del compagno di squadra. Gli parlò della maledizione, della sua scelta di affrontare la paura, della liberazione che aveva trovato nel lasciare andare l'ossessione per la vittoria.Alex, inizialmente incredulo, fu profondamente colpito dal racconto di Marco. Capì che la vera forza non risiedeva nella velocità fine a se stessa, ma nel coraggio di affrontare i propri demoni, di scegliere la propria strada anche a costo di sacrificare la gloria.Da quel giorno, tra i due piloti nacque un'amicizia sincera, basata sul rispetto reciproco e sulla consapevolezza che la vita, anche nel mondo spietato delle corse, valeva molto più di un trofeo.Marco tornò a correre, ma con uno spirito diverso. Non era più schiavo della velocità, ma un artista che plasmava la sua arte con maestria e sensibilità.  Le sue performance, pur non sempre al top, erano caratterizzate da una fluidità e da una precisione che lasciavano gli spettatori a bocca aperta.Aveva trovato la sua vera velocità, la velocità interiore, quella che gli permetteva di affrontare le curve della vita con coraggio, determinazione e un pizzico di sana follia.  E sapeva che, da qualche parte, tra le nuvole e l'asfalto, lo sguardo del nonno lo seguiva con orgoglio, finalmente in pace.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 13 ⏰

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