*tredici anni prima*
<<Liv, vedrai che ti piacerà il posto.>> mia madre, era convinta che questo paesino piccolo e sperduto poteva fare al caso nostro. Un posto tranquillo per l'estate dove avrei potuto farmi tanti amici e mantenerli lungo il passare degli anni.
<<Mh.>> mormorai.
Avevo nove anni, quasi dieci, ma avevo già capito diverse cose della vita, mi reputavo una bambina davvero intelligente per l'età che avevo.
Avevo capito che l'amicizia vera era una cosa molto rara soltanto osservando mia madre avere un'unica vera amica.
Questa signora però non l'avevo mai conosciuta, viveva a Monaco e noi ci spostavamo spesso per il lavoro di papà.
<<I ragazzi ti piaceranno, su questo ne sono certa.>> mi accarezzò la guancia con i polpastrelli e mi lasciai andare in un sorriso.
Sapeva essere parecchio convincente.<<Va bene, mamma.>> cedetti.
Mi prese per mano e camminammo lungo tutto il lungomare, guardai il sole tramontare e il posto già mi conquistò.
Ricordo il primo incontro con i Leclerc come se fosse ieri, fu mio padre a bussare alla porta e il padre dei ragazzi ad aprirla.
Guardai Hervè dal basso con i miei occhioni azzurri.
<<Ciao! Tu devi essere Olivia!, tanto piacere, io sono Hervé.>> si abbassò alla mia altezza e ci stringemmo la mano, come le persone adulte.
Sorrisi. Mi piacque fin da subito.
<<Papà papà! Voglio conoscerla anche io!>> una voce da ragazzino accese qualcosa in me.
Scrutai per bene il ragazzino davanti a me, lui gonfiò il petto e disse, fiero di lui.
<<Ciao, io sono Charles.>> la prima cosa che feci fu ridere di lui, sembrava più grande di me di pochi anni, ma faceva di tutto per esaltarlo.
<<Non è così che ci si presenta, bambina.>> mi rimproverò. Aggrottai le sopracciglia, ma lasciai stare quando un bambino biondo si piazzò davanti a lui.
<<Io sono Arthur, ignora mio fratello.>> lui mi piacque fin dall'inizio invece.
Entrambi con gli occhi chiari, ma con due sguardi totalmente diversi. Arthur era curioso di conoscermi, ma Charles aveva uno strano luccichio negli occhi, che non riuscivo a decifrare.
Io però non avevo mai avuto degli amici, forse i miei capelli da spaventapasseri allontanavano i bambini, o anche il fatto che non amavo tanto parlare con la gente.
Poi però le giornate passavano, sulla spiaggia, a mangiare gelati, a fare passeggiate la sera o guardare il tramonto sugli scogli.
Charles mi aveva detto: <<Non fa niente se non vuoi parlare con me, parlerò io, quando sarai pronta ti ascolterò per il resto della vita.>>
Per Arthur era più complicato da accettare, non mi aveva detto niente di specifico, aveva capito che non ero una chiacchierona, ma a volte mi scrutava con attenzione e mi faceva delle domande per provare a farmi parlare, ma io scuotevo la testa e lui si abbandonava al suo destino.
Lorenzo lo conobbi giorni dopo, era arrivato insieme alla madre, Pascale, la donna più buona sulla faccia della terra, mi aveva guardato e mi aveva sorriso con la stessa luce negli occhi che aveva Charles al nostro primo incontro.
<<Ti piace guardare il tramonto?>> Charles, per non mettermi in difficoltà, faceva soltanto domande semplici, dove io potevo rispondergli con cenni del capo. E ogni volta che lo facevo, lui sorrideva come se avesse visto in me il tramonto.
Annuii alla sua domanda, poi feci un cenno verso di lui. <<A me piace?>> si domandò, io annuii.
<<Si lo adoro, mi piace guardare i colori mischiarsi tra di loro e creare quest atmosfera incredibile per così pochi attimi, che poi quando ci ripensi ti sembra quasi surreale che sia accaduto. Però preferisco l'alba, la nascita di una nuova giornata, dove il sole è pronto a splendere di nuovo. E l'ambiente è molto più silenzioso, penso che sia una cosa per pochi, per i veri mattinieri. Capisci cosa intendo, Liv?>> mi chiese, ed io sorrisi guardandolo nelle sue iridi verdi.
<<Comunque, voglio che tu sappia, che io non penso che ci sia qualcosa che non va in te.>> gli sorrisi, grata.
<<Però non vedo l'ora di sentire la tua voce.>> mi sorrise anche lui, da allora il tramonto non ebbe mai più la stessa importanza.
Da quel giorno preferivo l'alba, preferivo svegliarmi presto e guardarla, sapendo che io e Charles stavamo guardando lo stesso sole, l'unico che illuminava me e lui.
Avevo passato tutta la mia prima estate a guardare il sole nascere, provare a fargli una foto con la mia piccola fotocamera, ma non era per niente paragonabile a come si vedeva dal vivo.
Per tre lunghi mesi avevo ascoltato entrambi i fratelli, senza dire una parola. Per Arthur era più difficile affrontarlo, piuttosto che per Charles, che capiva il mio silenzio.
Mi aveva parlato della sua carriera sui kart, di come sognava la Ferrari e la Formula 1, di come si sentiva una volta premuto l'acceleratore, e di come si sentiva in pace con se stesso quando lo faceva, un' emozione unica.
Io perdevo le ore a guardarlo parlare delle cose che amava.
Avevo scoperto che gli piaceva ascoltare la musica, che però la preferiva ad alto volume nella sua camera, non ascoltata con le cuffiette.
Mi aveva comprato una lavagna, una di quelle bianche dove potevi scrivere con il pennarello.
Così quando avevo voglia di dire qualcosa non ero costretta a parlare, mi aveva detto che non ero costretta a fare niente, e non lo sarei stata mai con lui al suo fianco.
Aveva smesso di essere presuntuoso in mia presenza, non voleva ammetterlo, ma io lo notavo, notavo che non voleva litigare con il fratello in mia presenza, per paura che io potessi allontanarmi, oppure preferire il fratello a lui.
Avevamo condiviso il letto più volte, usando la scusa di voler vedere l'alba insieme la mattina dopo.
E quando ormai era arrivato il momento della partenza, io non volevo proprio andare via.
Non per la casa, non per la spiaggia, non per il gelato oppure le granite, soltanto per Charles. Il mio unico e vero amico.
<<Mi mancherai.>> sussurrai, quando mi abbracciò cosi forte da farmi male.
<<Anche tu, tantissimo.>> non mi fece pentire di aver parlato per la prima volta, si limitò a guardarmi con uno sguardo consapevole, e fiero di se stesso, per essersi meritato la mia fiducia.
Guardai un'ultima volta il suo sguardo luccicare prima di entrare in macchina e guardarlo dal finestrino farsi sempre più lontano.
L'estate dopo però, lui non c'era, ed ero stata costretta a legarmi ad Arthur, il che non era un dramma, ma i due fratelli erano completamente diversi.
Io ed Arthur non guardavamo l'alba insieme, era troppo pigro per alzarsi presto la mattina, a lui piacevano le solite cose che facevano i bambini, ed io me lo feci andare bene.
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If I Could Fly [Charles Leclerc]
FanfictionÈ finalmente estate, e per Olivia significa soltanto una cosa: Famiglia Leclerc. Lei e Arthur sono migliori amici da sempre, sono cresciuti insieme, estate dopo estate. Il loro rapporto continua a distanza, tranne che durante i tre mesi caldi, quell...