Il gelo di metà dicembre penetrava attraverso la folta pelliccia del grande e minaccioso lupo nero, i cui occhi gialli brillavano nell'oscurità della sera. I passi pesanti affondavano nella neve, proprio come il suo cuore che cadeva in un abisso di disperazione e solitudine, mentre cercava di sopravvivere all'inverno.
Akela era il suo nome: un nome che verrà ricordato nella storia di ogni essere vivente che abbia mai avuto la dolce sfortuna di soffrire e rialzarsi, crescere, lottare per la propria libertà e felicità.
Il vecchio lupo era stato abbandonato dal suo branco, da coloro che gli avevano fatto promessa di amarlo e proteggerlo; era stato abbandonato dalla sua forza interiore, che per anni l'aveva spinto al limite, ma che ora era inesistente.
Solo e tremante per la stanchezza e il freddo, cercava di procurarsi del cibo per nutrire il suo corpo. La sua anima, - o se preferite, la sua mente - invece non aveva più valore, non era più importante, non valeva nulla se soffriva così tanto.
Era meglio diventare un guscio vuoto che vivo, pensò, piuttosto che continuare a provare emozioni che lo portavano a un costante dolore e a una incessante disperazione."Perché mi avete abbandonato?" chiese Akela, la sua voce che si perdeva nel vuoto e non otteneva risposta. "Perché non tutti possono essere amati?" domandò, ancora.
Nulla e nessuno avrebbe mai risposto alle sue domande, lo sapeva perfettamente. E ogni volta che se ne rendeva conto, il suo cuore si spazzava sempre di più.
Il mondo fuori sembrava così bello, la natura con la sua dolce crudeltà cullava dolcemente le sue creature, sussurrando parole dolci attraverso la voce del vento. La neve scendeva lentamente, posandosi con delicatezza sul manto nero dell'animale, facendolo rabbrividire leggermente. Il bianco del luogo che lo circondava dava l'idea di una purezza impossibile da sporcare. Per un animo felice, sarebbe stato un luogo di calma e meditazione, nonostante il buio della sera.
Quando da cucciolo aveva gli incubi, sua madre si avvicinava a lui e, leccandogli con amore il muso, gli raccontava storie di lupi guerrieri che lottavano fianco a fianco con uomini coraggiosi.
Un tempo tutto ciò gli dava conforto.
Ma la gioia dell'infanzia non dura per sempre, e, per l'animale solitario, nessuna parola pronunciata con dolcezza avrebbe potuto tirare fuori tutta la sua disperazione; nessuna parola lo avrebbe convinto a liberarsi da tutto il suo dolore e provare a essere felice. Era impossibile. Era perso, niente gli avrebbe dato gioia, niente gli avrebbe dato pace.
Cercando di scacciare i suoi demoni interiori, i continui pensieri che sembravano non avere la minima intenzione di lasciarlo andare, aumentò il passo. Si ritrovò a correre per i sentieri innevati, illuminati solo dalla delicata luce riflessa dalla luna. Sentiva il vento accarezzargli la pelliccia, proprio come una madre accarezza il volto del suo bambino.
Sia il bosco che il suo cuore erano freddi, ma solo il suo mondo interiore lo faceva soffrire. Per la Terra, la primavera sarebbe arrivata e il freddo avrebbe lasciato spazio al calore, ma per lui no, perché il gelo che era cresciuto dentro di lui era diventato troppo.
Akela continuò a correre, ignorando la fame fisica che provava, proprio come aveva fatto per anni con quella emotiva.
Le sue zampe sembravano muoversi senza il suo controllo, avanzando e calpestando la neve fredda, fino a raggiungere un campo accanto a una piccola collina.
Lì, in mezzo al freddo, dove sembrava che solo la morte potesse trattenersi, vide dei piccoli fiori bianchi. Erano dei bucaneve, piante all'apparenza delicate ma così resilienti che vivevano contro ogni aspettativa. Simbolo di purezza e speranza, erano tutto ciò che Akela credeva di non poter essere.
Il lupo nero si avvicinò, annusando delicatamente quei doni della natura. Era ammirato e geloso allo stesso tempo: dagli esseri così piccoli erano più forti di lui.
Provò una sensazione di vergogna che gli fece nascondere la coda tra le zampe: lui non era forte, era sempre stato debole e per questo motivo tutti l'avevano abbandonato.
A nessuno piacciono i deboli. Ma se fosse solo apparenza? Pensò, inspirando nuovamente l'odore di quelle piante così delicate.
Se il mondo vede la debolezza, vuole dire che lo siamo veramente? Oppure ci siamo convinti di esserlo solo perché l'abbiamo sentito talmente tante volte da arrenderci alla sofferenza?
I pensieri riempirono la mente di Akela, soffocandolo. Ma questa volta, non si tirò indietro; non si spaventò dei suoi pensieri e dei suoi demoni interiori.
Perché finalmente capì che non può esserci vivente senza passato; non può esserci esistenza senza sentimento e non può esserci vita senza dolore.
E Akela aveva vissuto abbastanza anni da sapere che il dolore cambia; aveva visto talmente tanti umani perdere la loro candida innocenza a causa di conflitti interiori ed esteriori da capire che non sarebbe mai stato veramente felice. E la libertà? Quella nasce solo quando il nostro cuore gioisce, perché, altrimenti, se la tristezza invade la nostra anima, le catene della disperazione non ti permetterebbero di volare via.
Il lupo osservò il sole sorgere e per un secondo si sentì in pace con sé stesso.
I colori, la neve che abbracciava il terreno e il calore del sole che riscaldava il suo corpo gelido gli davano pace.
"Non tutti sono destinati ad essere felici, ma nonostante tutta la sofferenza che ho provato, voglio continuare a vivere." disse, osservando il mondo di fronte a sé.
Akela era il suo nome: un nome che verrà ricordato nella storia di ogni essere vivente che abbia mai avuto la dolce sfortuna di soffrire e rialzarsi, crescere, lottare per la propria libertà e felicità.
Simbolo di resilienza, di forza e rinascita dalla disperazione; simbolo della realtà di coloro che soffrono, di quelli che hanno sofferto, e faticano a trovare la propria pace.
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Dopo un anno (letteralmente) ho aggiornato.
Che dire? Probabilmente non li leggerà più nessuno questi racconti, ma va bene.È il racconto che ho scritto che meno mi piace, sinceramente.
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𝗦𝗧𝗔𝗥𝗗𝗨𝗦𝗧 𝖿𝗂𝖺𝖻𝖾.
Fantasy- : ̗̀➛ 𝐅𝐈𝐀𝐁𝐄: ⌗ 𝘂𝗻𝗮 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗹𝗶𝗰𝗲 𝗿𝗮𝗰𝗰𝗼𝗹𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝗳𝗶𝗮𝗯𝗲, 𝘀𝗰𝗿𝗶𝘁𝘁𝗲 𝗱𝗮 𝗺𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗶 𝗱𝗶 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗲𝘁𝗮̀ 𝗲 𝗿𝗮𝘇𝘇𝗮. 𝗰𝗵𝗲 𝗲𝘀𝘀𝗶 𝘀𝗶𝗮𝗻𝗼 𝗮𝗻𝗶𝗺𝗮𝗹𝗶 𝗼 𝘂𝗼𝗺𝗶𝗻𝗶, 𝗵𝗮 𝗽𝗼𝗰𝗮 𝗶𝗺𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮...