Il giorno prima
Guardo fuori dal finestrino e l'unica cosa che riesco a distinguere è il monte Fuji sullo sfondo, le figure in primo piano sono tutte sfocate a causa della sporcizia del vetro di questo autobus sul quale sono seduto da più di un'ora.
Le mie ginocchia premono una affianco all'altra, è fastidioso e fa anche abbastanza male, non posso nemmeno allungare le gambe che sbattono subito sul sedile davanti al mio. Ho lo zaino contenente i miei bagagli per le prossime tre settimane abbandonato ai miei piedi ed una piccola valigia vicino ad esso. Mi sto annoiando parecchio e, l'unica cosa che posso fare, è ammirare il paesaggio, lo farei volentieri se questo cazzo di finestrino non fosse così lurido.
Sono in viaggio da Tokyo sul mezzo più economico che sono riuscito a trovare verso la cittadina sperduta di Nankatsu, lì incontrerò per certo Wakabayashi, starò da lui grazie all'offerta fatta da suo padre a mia madre, al sol pensiero di passare quasi un mese lì mi viene già la pelle d'oca dal disgusto, ma è stata lei a mandarmi qui e non posso certo contraddirla, almeno so che starò con Benji per un po' di tempo, odia sentirsi chiamare così, sogghigno al solo pensiero di poterlo irritare un po', non ricordo da dove sia nato questo soprannome ma so che, da quando ho iniziato ad usarlo ancora alle medie, lo detesta, il che mi fa ridere parecchio dato che nessuno ha mai osato mettersi contro di lui, come avrebbero potuto? Sa difendersi benissimo e non si lascia sottomettere dagli altri e, come se non bastasse, suo padre è uno tra gli uomini più ricchi della regione.
Sposto i lunghi capelli di lato, forse dovrei tagliarli ma ho paura di fare un casino e pentirmene, soltanto a volte mi viene la pazza idea di provarci, in bagno tutto solo davanti allo specchio, forbici in mano che aspettano solo di essere utilizzate, e ci sarei anche quasi riuscito in alcuni momenti cui non ero dell'umore più gioioso, poi però una piccola parte di me riesce sempre a fregarmi, mi sabota e mi rema contro, così non faccio un bel niente. Appoggio la testa sul finestrino e mi ci abbandono contro, torno serio e, per qualche minuto in silenzio rimango circondato soltanto dai miei pensieri e dal brusio a stento tollerabile del mezzo di trasporto.
Quel paese non è troppo distante come credevo, tant'è che a sole due ore e mezza, sono già in periferia, dove vengo scaricato dall'autobus. Sono certo che la mia destinazione non sia lontana, quanto grande vuoi che sia questa Nankasu? ma quella era l'ultima corsa dei mezzi pubblici e sono quasi certo di perdermi, non ho un'ottimo senso dell'orientamento, anzi è terribile, specie quando le strade sembrano tutte uguali e non c'è nessuno a cui chiedere indicazioni; nulla di quello che mi circonda mi è familiare, alti muretti bianchi come recinzione alle abitazioni, stradine strette e logorate dal tempo interrotte da qualche ciuffo d'erba qua e la, solo un gatto nero spuntato da qualche giardino mi guarda dal basso all'alto con aria di sfida per poi girarmi la schiena compiere un balzo e scomparire tra le foglie di un albero. Sono le cinque del pomeriggio, devo trovare un posto per la notte e la casa del mio amico è troppo distante.
Alla fine dei miei contorti ragionamenti, opto per sistemarmi in un locale, quello che scorgo proprio alla fine della strada. Ha l'aria un po' triste all'apparenza, con due finestre ai lati della porta, non m'ispira per niente fiducia ma è la mia unica soluzione per stanotte. Più in alto spicca l'insegna luminosa "Hotel ristorante" Appena apro la porta vengo avvolto da un'irritante odore di spezie, un campanellino appeso in alto strilla ad annunciare il mio arrivo e, come se le altre persone non si fossero già accorte di me, la porta sbatte alle mie spalle trascinata dal vento portatore di pioggia. Lascio vagare lo sguardo per la stanza, capisco di trovarmi in un luogo tranquillo, con i soffitti alti che mi trasmettono un senso si sicurezza, ho sempre odiato gli spazi stretti e soffocanti. Soltanto un paio di persone si sono girate a guardarmi male. Dietro al bancone una signore mi rivolge un'occhiata annoiata, mi ci avvicino.
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Tutta d'un fiato
FanficPer Kojiro il calcio è tutto, non solo uno sport, è un modo di vivere, tutta la sua vita, è un modo di sfuggire dalla povertà della sua famiglia, con un pallone sotto ai piedi, è imbattibile. Tsubasa, è un asso nel calcio appena trasferito in una n...