1. L'inizio di una nuova vita

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La sera in cui scappò di casa, di nascosto dai suoi genitori, pioveva incessantemente; come se il cielo volesse aiutarlo a camuffare le lacrime che gli rigavano il volto, mentre passeggiava senza meta per le vie di Roma.

I ricordi iniziarono ad annebbiarsi però, quando decise di spendere gli ultimi 20 euro di paghetta, in alcolici. Credette che fosse l'unico modo, per  risolvere ogni dolore e problema che lo affliggeva. Bevve così tanto da ritrovarsi, a seguito forse di un piede messo nel posto sbagliato, tra le braccia di una persona, probabilmente un ragazzo più grande di lui, del quale ne ricordò vagamente solo la voce e una frase: "Ma come te sei ridotto regazzí? Vie' , te porto a casa se riesci a dimme dove abiti..." . Quello che gli rispose Simone fu un groviglio sconnesso di parole e lamenti che si concluse con un confuso: "Sono gay. Non ce l'ho più una casa..." .

Da lì, il vuoto più totale. Si ritrovò la mattina seguente al caldo, in una camera da letto non proprio familiare, spaesato e con un mal di testa che tamburellava pesantemente fino alle tempie.
"Buongiorno tesoro..." Esclamò con fare amorevole quella che poi si presentò con il nome di Debbie, una donna di mezza età, dalla corporatura robusta e il viso dolce.
"B...buongiorno... Dove mi trovo?" chiese il moro, completamente confuso e titubante.
"Tranquillo ragazzo, sei al sicuro! Ti trovi al More Love, è una casa famiglia che accoglie i ragazzi come te. Devi ringraziare Manuel che ti ha trovato per strada, completamente ubriaco ma quando ha capito che eri solo, ha pensato bene di portarti da noi! "
Quindi quel ragazzo si chiamava Manuel, ora aveva una piccola informazione in più su di lui, ma non ricordava assolutamente come fosse fatto e più ci pensava, più sentiva la testa pulsare.
"Posso ringraziarlo adesso?" La voce era sempre più  flebile a causa del sonno. 
"No tesoro, non è qui al momento. Piuttosto, come ti chiami?"
Il moro annuì sconsolato, poi si presentò. "Simone..."
Debbie gli mostrò un enorme sorriso che le illuminava i lineamenti maturi. "Benvenuto tra noi, Simone". Disse cordialmente, prima di lasciarlo di nuovo da solo.
Ancora una volta crollò e dormì per l'intero resto della giornata, a causa dei postumi pesanti della sbronza, rinunciando anche al pranzo. Al suo risveglio, si ritrovò di fronte Lorenzo, un ragazzo che aveva ad occhio e croce la sua età.
"Buongiorno Principessa, pensavo che fossi caduto in una specie di stato di trance e avrei dovuto svegliarti con un bacio" lo prese in giro.
Simone brontolò un "Mh" infastidito, mentre tentò di alzarsi dal letto con movimenti talmente lenti da sembrare un piccolo bradipo.

Quando finalmente fu seduto, si vide davanti una mano delicata con le dita affusolate "Piacere Lorenzo, sarò il tuo compagno di stanza". Il moro spostò lo sguardo più volte dal viso delicato del ragazzo alla sua mano distesa, per poi stringergliela e mugugnare un assonnato "Simone, piacere..."
"Simone dai, scendi con me che è pronta la cena, così conoscerai anche il resto della famiglia!"

Quando giunse alla "sala comune" così la chiamavano, notò che si respirava un'insolita aria familiare, insolita per lui, perché da quando aveva rivelato di essere gay, i suoi genitori avevano iniziato a trattarlo come se fosse l'artefice dei mali del mondo. Il padre, Dante, aveva tentato di fargli conoscere anche delle ragazze, con la stupida speranza di fargli "cambiare idea" ovviamente senza successo e ogni volta sfociavano puntualmente in liti che diventavano sempre più pesanti, mentre la madre rimaneva la maggior parte delle volte in silenzio, con la testa abbassata, fino a quando lo  "costrinsero" a scappare di casa.

Ora di punto in bianco, era entrato a far parte di una comunità di persone come lui o con storie simili alla sua. Lorenzo era gay come lui. Marika, la più grande del gruppo, un tempo era Luca e non sentendosi più a suo agio nel suo corpo, una volta raggiunta la maggiore età, decise di lasciare casa per sottoporsi all'operazione:  nessuno della sua famiglia ancora lo sa. Irene e Anna poi, sono l'unica coppia del gruppo mentre Debbie è la proprietaria della casa famiglia. Durante le presentazioni, gli raccontò che l'aveva fondata in onore di suo figlio scomparso qualche anno prima a causa di un' aggressione omofoba finita male. "Andrea aveva solo bisogno di più amore" , lo stesso amore che la donna credeva di non avergli saputo dare abbastanza, maledicendosi ogni giorno, da 5 anni. Per questo aveva deciso di chiamare così la casa famiglia, per dare più amore a ragazzi come il suo Andrea.
Infine, accanto alla donna, finalmente Simone riuscì a dare un volto al ragazzo che lo aveva salvato, Manuel, uno degli educatori. Era un ragazzo affascinante, con lo sguardo profondo, introverso, apparentemente di poche parole. Osservandolo attentamente sembrava che i suoi modi, servissero per celare un passato tormentato. In un certo senso, sentiva a pelle, che c'era qualcosa che li accumunava.

Al termine della cena, dopo aver collaborato con gli altri a sistemare la sala - Debbie diceva che fare le faccende insieme, serviva ad unire ancora di più il gruppo - Simone, non appena si accorse che il più grande si stava per rivestire per andare via, gli si avvicinò: "Manuel..." lo chiamò timidamente, poggiando una mano sulla sua spalla.
Il più basso di rimando si voltò, rimanendo col cappotto in mano e si soffermò ad osservarlo, per qualche momento: "Dimme..."
"Volevo ringraziarti... Si insomma per avermi salvato. Se non ti avessi incontrato chissà dove starei adesso..."
Manuel sorrise intenerito. "Non me devi ringrazia' Simò. Ora pensa solo a riga' dritto." Disse il più grande sfiorando la guancia del più piccolo col dorso delle dita. "Dai, ce vedemo domani, piccoli' ". Simone in quel momento si sentì avvampare, mentre il cuore minacciava di uscirgli dal petto. Sperò almeno, che il rossore non fosse evidente agli occhi del maggiore, così abbassò per un attimo lo sguardo, senza nascondere però, un tenero sorriso, poi risollevò il viso annuendo come a promettergli di comportarsi bene. "A domani Manuel..."

Quando Manuel fu fuori dalla comunità, il moro tirò involontariamente un sospiro che non lasciò indifferente Lorenzo, che in quel momento lo stava per chiamare per tornare alla loro stanza. "Che sospirone!" Lo canzonò, "eh ti capisco, ce la siamo presa un po' tutti la sbandata per il bel tenebroso..."
Il riccio sgranò gli occhi, consapevole che era stato fin troppo evidente in quello che stava provando. "No, macché sbandata, figurati!" si mise così sulla difesa.
"Seh e tu vuoi dirmi che non ti fa alcun effetto..." Lorenzo alzò un sopracciglio, poco convinto dalle espressioni facciali dell' altro che intendevano tutt'altro. Il moro rispose con un secco "No", per poi allungare il passo per salire al piano di sopra e fuggire da ogni altra domanda scomoda.
Sì, gli era capitato di avere delle cotte per attori, cantanti, giocatori di rugby, ma quello che aveva provato quella sera era stato diverso: sentiva lo stomaco arrovellarsi, la testa annebbiarsi e un senso di felicità nell'avere il maggiore accanto a sé. È questo quindi, quello che chiamano colpo di fulmine? Se così fosse, allora a Simone lo aveva centrato in pieno petto.

Angolo autrice.

Ciao a tutti, so che è ancora in corso l'altra storia sempre a sfondo Simuel, ma al momento ho una specie di blocco, poi
quest' idea è arrivata all'improvviso e non me la sono sentita di ignorarla.
(Cercherò comunque di mandare avanti anche l'altra 🤞🏻. )
Se volete seguirmi anche in questa nuova avventura, non può che farmi piacere.
Aspetto sempre vostri pareri che sono fondamentali ❤️.

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Un bacio ❤️

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