3. Ellen

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Una volta posizionata sul materasso, le palpebre si appesantirono e il buio fece capolino alla vista,così chiusi gli occhi e mi addormentai.
                                       
                                         ***
Al mio risveglio tastai con i palmi delle mani il comodino di legno in cerca del cellulare,  e dopo aver per errore colpito l'abat-jour lo trovai. Scrutai l'orario sul display, che segnava le tre del pomeriggio, ed io tra esattamente mezz'ora dovevo essere da Ethan.

Oh no.

Sistemai il letto con rapidità e mi infilai i pantaloni della tuta insieme al body nero a maniche lunghe, poi di corsa percorsi le scale e raggiunsi il piano terra per indossare le scarpe.

Le tre e un quarto, non ce l'avrei mai fatta.

<<Dove vai?>>,sobbalzai all'istante quando sentii la voce roca di Nicholas rimbombarmi nelle orecchie.

Era letteralmente a due passi da me e avrei dovuto voltarmi per perdermi di nuovo
nei suoi occhi come accaduto il giorno prima.

<<Da un mio amico.>>, ero già in ritardo non avevo bisogno anche del terzo grado.
<<Un tuo amico?>>,mi girai verso l'orologio d'argento appeso al muro bianco che segnava le tre e venti, di questo passo non avrei mai raggiunto la casa di Ethan in tempo.

<<Si, che ne dici se mi accompagni?>>,chiesi supplicante.

<<Se starò anche io con voi va bene, sai mi annoio.>>,non potevo dirli che stavo indagando sulla morte di mio padre, dopotutto lo conoscevo appena. Così tirai fuori una scusa pessima che mi costò cara.

<<É il mio ragazzo e vorremmo un po' di intimità.>>
Ma che mi era saltato in mente,Ethan era gay.

<<Ed io che pensavo fossi vergine.>>,disse divertito.

Lo sono imbecille.

<<Ahah, sorpreso? Beh,quindi mi accompagni o no?>>, domandai ansiosa: erano le tre e venticinque.

<<Vacci da sola, o magari fatti venire a prendere dal tuo ragazzo, di certo io non sono il tuo tassista.>>

Stronzo.

Se ne andò diretto verso il soggiorno e pensai che non avevo neanche colto l'occasione di guardarlo
in viso.

E questa dovrebbe essere un'occasione?Ellen si può sapere che ti prende?

Passati pochi secondi Humbert mi raggiunse e si offrì di accompagnarmi, visto che il pagamento del "Signor Laxford" comprendeva anche il ruolo d'autista, così accettai sollevata .

Una volta arrivati a casa di Ethan ringraziai Humbert e raggiunsi la porta.

Le quattro meno dieci.

Suonai e pochi secondi dopo la porta si spalancò, rivelando la faccia offesa di Ethan.

<<Ti prego perdonami. Sono successe tantissime cose che ti devo raccontare, ma prima fammi entrare si gela qui fuori.>>, lo supplicai con aria affranta.

<<Hai fino alle quattro per dirmi ogni cosa.>>mi informò con serietà che non durò a lungo, date le nostre risate che occupavano la cucina un minuto dopo.

Mi accomodai e cominciai a spiegare tutto ad Ethan.

<<Esteticamente com'é? É bello almeno?>>,mi interrogò mostrandosi più interessato di me.

<<É un bello stronzo direi.>>
<<Beh di stronzi ce ne sono in giro, ma di belli...>>,ribatté titubante.
<<Che vorresti dire Ethan?>>, domandai dubbiosa.
<<Provaci se ti piace Ellen, non sempre si presenta un bel ragazzo nel corso della vita, é la tua occasione.>>, Ethan in questi giorni mi lasciava sempre più di stucco.

<<Tu sei pazzo.>>
<<Dai sono le quattro cominciamo ad andare alla sede di lavoro di tuo padre.>>
<<In azienda dici?>>
<<Si proprio lì. Dirai che devi prendere le sue cose ed io ti darò una mano.>>
<<Oh, va bene.Però prendiamo davvero le sue cose spero, non possono rimanere lì.>>
<<Certo.>>

Varcammo la grande porta di legno e ci dirigemmo verso la Mercedes bianca, che ci accolse con il solito profumo di lavanda indimenticabile.
Arrivati all'azienda d'auto dove lavorava mio padre io ed Ethan scendemmo dalla macchina e dopo aver avuto il consenso di entrare nell'ufficio di mio padre ,ancora allestito, ci incamminammo verso quest'ultimo.

Era tutto come lo aveva lasciato.

<<Ellen, in seguito abbiamo bisogno di ispezionare bene anche casa tua.>>,rifletté il mio amico, ed io gli dissi che non c'era nessun problema visto che Monic dopotutto pagava ancora il mutuo della casa, dato che ora era sia di mia che sua proprietà.

Iniziammo a guardarci intorno o meglio iniziai, perché Ethan cominciò a studiare ogni millimetro dell'ufficio con attenzione.

<<Il suo telefono, immagino.>>, disse porgendomi un telefono che aveva trovato frugando dentro il cassetto.

<<É impossibile, avevo controllato già io il suo telefono e lo avevo gettato nell'immondizia. Fammi vedere.>>, subito dopo dissi al mio
amico che era un telefono differente da quello che avevo già perlustrato.

<<Un secondo telefono.>>, osservò, anche se dopo i ripetuti tentativi quest'ultimo non si attivava.Così provò ad aprirlo da dietro, staccando la parte anteriore del cellulare,anche se una bustina -contenente una polvere bianca- che gli cadde sul torace interruppe tutte le sue prossime mosse.

<<Cazzo Ellen.>>
<<"Cazzo" cosa Ethan?>>
<<Ho la sensazione che tuo padre si faceva di coca o oppiacei comunque.>>, mi disse incitandomi a posare lo sguardo sulla bustina.

Impossibile.

<<Ti sbagli. Non é possibile.>>
<<Lo so che é dura da accettare quando si scopre qualcosa che non ci si aspetta, ma al momento non ho altre spiegazioni a questa bustina.>>
<<Iniziamo a raccogliere tutto e andiamocene.>>, di nuovo la sensazione di soffocamento opprimeva i miei pensieri ed io volevo lasciare il prima possibile quel posto.

Raccolta la roba uscimmo dall'azienda,Ethan mi accompagnò alla villa ed io lo rassicurai riferendogli che avrei ispezionato il possibile degli oggetti la sera stessa.

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