𝟎𝟐.

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Una delle bratelle dello zaino nero era attorno la spalla di Minho, mentre l'altra penzolante nell'aria.

Sentì da lontano l'attrito provocato dallo struscio del treno sui binari, e il suo viso si voltò istintivamente verso il rumore. Quando le porte si aprirono, salì al suo interno, un passo dopo l'altro mentre cercava posto.

Non che fosse pieno alle 07:30 di mattina, c'erano solo anime vive di qualche studente, o qualche signore per arrivare al posto di lavoro. Cercava solo un posto per stare lontano da tutti.

Andò verso il fondo del veicolo ferroviario, sedendosi in una delle poltroncine azzurre con strisce blu. Poggiò lo zaino sul posto accanto, evitando che qualcuno si sedesse a breve distanza da lui.

Rilassò le spalle, schiena premuta contro lo schienale comodo. Chiuse gli occhi, a causa delle tempie pulsanti.

L'ennesima notte in cui non era riuscito a dormire. Era seduto sul divano, la notte precedente, quando Seungmin gli mandò un messaggio con scritto: "Posso venire?" e dopo qualche secondo, un altro ancora: "Ci divertiremo" con tanta di malizia.

Inutile dire che gli aveva rimasto il visualizzato, una silenziosa risposta che indicava un no.

Seungmin era il ragazzo che di più si portava al letto, ma era anche la persona che di più lo infastidiva.

Aveva scelto proprio lui perché quando aveva gli occhi chiusi e poggiava le mani sulla sua vita, istantemente gli ricordava lui. La piccola vita di Seungmin era come la sua.

In quei giorni c'erano solo due ragazzi che gli ricordavano quella persona: il nominato, e quel ragazzino dalla carnagione pallida che aveva incontrato ai distributori due notti prima.

Non si ricordava neanche il suo nome.

Una voce soave raggiunse i suoi timpani, facendogli aprire gli occhi. Sbatté più volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco la vista sfocata. E quando lo riconobbe, un pizzico di stupore lo colpì al petto, ma non lo diede a vedere. Era lui.

«Nomini il diavolo e ti spuntano le corna» disse, in un sussurro audibile solo alle sue stesse orecchie.

O meglio pensi, non nomini.

«Hm? Cosa...?» rispose, confuso su cosa avesse detto.

Minho scosse il capo. «Non importa. Cosa vuoi?» gli chiese, braccia incrociate al petto.

«Ti avevo chiesto se posso sedermi, al posto affianco al tuo» si mordicchiò nervosamente l'interno guancia.

Il corvino inarcò un sopracciglio, gli occhi ristretti. «Perché? Ci sono così tanti posti liberi, di là»

Avrebbe dovuto aspettarsi quella risposta. Ma Han non si arrese, l'ansia nascosta sotto una lieve scrollata di spalle. «Beh... da quel lato ci sono abbastanza persone. E sai, non mi sentirei a mio agio»

Minho rimase con la bocca chiusa. Lo guardò attraverso le ciglia, i ciuffi scuri che gli ricadevano sugli occhi, fermandosi proprio a un centimetro da essi e abbinandosi alle sue occhiaie, lasciandole sembrare più scure del solito.

Un lungo momento di silenzio si insinuò tra la loro distanza, che ruppe con un sospiro pesante. «D'accordo» afferrò lo zaino, buttandolo per terra per fargli spazio.

Han lasciò uscire un espiro dalle labbra, sollevato. Prese immediatamente posto, e su quelle stesse labbra si insinuò un tenero sorriso. «Grazie, pensavo avresti rifiutato»

«Stavo per farlo» ammise, Minho.

Il minore sbatté le palpebre, un misto di confusione e curiosità nelle pupille marroni. «Perché non l'hai fatto, allora?»

insomnia ✦ minsung.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora