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-Verità pericolose-

Due settimane dopo

La riabilitazione in fondo non era così male. Due volte a settimana veniva un infermiera a farmi fare degli esercizi e a vedere quanto migliorassi. John era venuto quasi tutti i giorni, era preoccupato per me e per la mia salute. Io ero spaventato per lui, non avevo dimenticato la faccia della bionda, quanto era tranquilla, quel suo sorriso perfido. E non avrei mai potuto dimenticare quella parola, quella singola parola che avrei dovuto dire a John. Avrei dovuto metterlo in guardia della bugiarda che aveva accanto ma la verità é che non l'ho fatto. Ho come un peso allo stomaco che mi impedisce di farlo, una strana paura nel petto che lui possa non credermi, e che dopo questo lui si decida a lasciarmi andare. Non mi sono mai sentito così umano.

''Oggi stai meglio?'' Alzo il viso incontrando quei inconfondibili occhi azzurri. In fondo alla stanza c'era lui, che mi guardava con un piccolo sorriso in viso e io non potevo fare a meno di annuire. Mentre lui siede accanto a me sento i pensieri uscire dalla mia testa e la tranquillità tornare ad annebbiarmi la mente. Chissà se anche per lui è così..

Un mese dopo

S.H: John devo parlarti.. è qualcosa di veramente importante, vieni solo.

J.W: arrivo

Avevo deciso di dirglielo, di affrontare le mie insulse paure per renderlo libero da una donna del genere. Avrei dovuto farlo prima. Ma ho indagato, su chi possa essere davvero Mary, e ho scoperto molte cose, cose buie del suo passato e del suo presente, John deve saperle. Non posso sopportare di vederlo in pericolo, e lei per lui lo è.
Aveva iniziato a piovere, in piedi davanti alla finestra guardavo le gocce fare a gara nel vetro, l'addome mi faceva ancora male, ma era guarito dallo sparo, e io non intendevo, soprattutto oggi, prendere qualche antidolorifico che mi avrebbe fatto diventare scemo. La porta alle mie spalle si aprì e io feci un respiro profondo, ''Mary..'' mi voltai e davanti a me non c'era il mio amico, come avevo immaginato. Vestita di nero con una mano nella tasca mi guardava.

'bugiarda'
'vendicativa'
'Mary, nome falso'

''Avrei dovuto immaginarlo che lo avresti capito.. che lo avresti visto..'' I suoi occhi erano fermi su di me, sorrisi e feci un passo verso di lei, nonostante il suo rigonfiamento nella tasca che rendeva ovvio il fatto che fosse armata. ''Ho fatto una passeggiata ieri.. a Leinster Gardens.. sai lì c'è un inganno in piena vista.. di solito la gente vive lì per anni e non la vede.. ma se sei davvero ciò che penso tu impiegherai meno di un minuto a capirlo..'' lei rimase in silenzio, perciò continuai a parlare, forse per prendere tempo. ''Le case, Mary.'' lei sorrise spostandosi i capelli dal viso, ''come sapevi che sarei venuta?'' scossi piano la testa '' sapevo che avresti controllato il telefono di John in caso gli avrei detto tutto via messaggi'' sorrisi fingendo di non vedere John dietro di lei che ascoltava tutto ''pensavo di essere stata furba'' scosse la testa. ''Sei sempre furba Mary.. contavo su questo.. niente maniglia niente cassetta della posta, finestre dipinte. il 23 e il 24 di Leinster Gardens.'' feci una pausa per prendere un respiro più ampio mentre appoggiavo la mano sul fianco '' le case vuote.. sono state demolite per fare spazio alla metropolitana, per uno sbocco di areazione dei vecchi treni a vapore.. sono rimaste solo le facciate anteriori..'' Vedevo John che ci guardava confuso ma capiva di dover aspettare e di dover star a sentire quello che avevamo da dire. ''é solo una facciata... ti ricorda qualcuno Mary? O forse non dovrei chiamarti così non è vero?.. Mary Morstan è nata morta nell'ottobre del 1972, la sua tomba è nel cimitero di Chiswick, dove cinque anni fa, ti sei appropriata del suo nome e della sua identità..'' fece un passo avanti ''ecco perché non hai amici prima di quella data..'' il suo viso assunse un'espressione di disprezzo ''sei stato molto lento'' sorrisi ''quanto sei brava a sparare?'' in una mossa veloce tirò fuori la pistola togliendo la sicura per poi puntarmela addosso ''quanto ci tieni a scoprirlo?'' scossi la testa ''la signora Hudson sentirebbe il colpo e mi troverebbe prima che tu esca di qui.. voglio sapere quanto sei brava.. coraggio fammi vedere, la futura moglie del dottore potrebbe essere annoiata'' La vidi sospirare e prendere una moneta dalla tasca lanciandola in aria per poi sparare un colpo prendendo in pieno la moneta, sorrisi annuendo ''eppure a due metri di distanza non sei riuscita a sparare un colpo mortale.. sufficiente per ferirmi ma non per uccidermi.. non è stato un errore.. hai mirato bene.. Mary non me ne andrò'' lei rise annuendo ''hai ragione.. non puoi andartene, lui ti seguirebbe ovunque, l'unica cosa che puoi fare è morire, ma sta tranquillo, mi occuperò io di John, diventerò sua moglie, prenderò il suo cognome e vivremo insieme per sempre. In fondo ti ho già sparato una volta.. posso farlo anche una seconda'' feci un passo indietro guardando la pistola nella sua mano.

'morte'

Questa era la parola che mi avrebbero letto addosso, spostai gli occhi per incontrare quelli di John, il suo volto era intriso dalla rabbia, dal tradimento e dalla disperazione, sapeva quello che stava per accadere, come lo sapevo io. Non volevo morire, non oggi, non così. Certo adesso che John sapeva la verità avrebbe potuto allontanarsi da lei ma questo non cambiava il fatto che lei avrebbe potuto ucciderlo, e questo non poteva accadere. Non lo avrei mai permesso. ''non ti darò il privilegio delle ultime parole, a mio gusto parli già troppo.. addio Sherlock Holmes''. Guardai un'ultima volta gli occhi e il viso di John, ci incontreremo di nuovo, magari non qui, non domani, non fra un anno ma in un altro universo, e in quello dopo, e in quello dopo ancora. Saremo sempre legati tu e io. Sherlock Holmes e John Watson per sempre insieme.
Ecco lo sparo, il rumore sordo del proiettile che lascia la canna della pistola. Non volevo morire ma ero pronto a farlo. Il dolore però non arrivò mai, almeno fino a quando non aprì gli occhi e vidi John davanti a me, mi guardava negli occhi e aveva.. aveva il viso intriso di dolore, abbassai gli occhi e sul suo stomaco vidi una macchia cremisi che si allargava. ''J-John..'' la voce mi tremò mentre sentivo il cuore che lui aveva trovato rompersi e finire in cenere, lui si lasciò cadere fra le mie braccia e io lo strinsi a me, non potevo credere a quel che stavo vedendo, premetti la mano sulla sua ferita e urlai, urlai alla signora Hudson di chiamare un'ambulanza, di chiamare la polizia e gridai ancora. I miei occhi erano inchiodati ai suoi, mi guardava, mi sorrideva e io mi sentivo morire. ''ascolta John.. devi.. devi resistere, ti prego non.. n-non morire'' le mie guance erano ormai bagnate mentre lo stringevo con la consapevolezza che per me John non era un semplice partner sul lavoro, non era il mio coinquilino o qualcuno che scriveva un blog su di me e i miei casi, non era un semplice amico, qualcuno per cui avevo imparato a provare affetto, era di più. Avevo imparato ad ascoltarlo, a sorridere e avevo imparato che le giornate senza casi, quelle più normali potevano essere fantastiche. John mi aveva insegnato la semplicità delle cose, mi aveva insegnato a vedere i colori, ad essere umano. Ma soprattutto mi aveva insegnato ad amare. Perché si.. per quanto provassi a negarlo adesso specchiandomi nei suoi occhi color cielo capivo di averlo sempre amato, dal primo giorno in cui ci siamo incontrati.

''ti amo''

Fu un sussurro pronunciato da entrambi, poi il mondo tacque.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 02 ⏰

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''I promise i'll be there with you..''Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora