Quando mi svegliai al sicuro nel mio letto, dovetti  stringere gli occhi a causa della luce del sole, e voltarmi dal lato opposto alla finestra.
Mi stupì del fatto che avevo sentito il suono della sveglia nonostante fosse sabato mattina, anche se non ricordavo il perché l'avessi attivata il giorno prima. Afferrai il telefono confusa e mi ritrovai un messaggio di Filip.

Filip: buongiorno, ti aspetto qui a casa per le 10.

Cavolo me ne ero completamente dimenticata. Una vampata d'ansia mi attraversò e mi immobilizzai nel letto. Filip si era proposto di aiutarmi in italiano ogni sabato mattina perché i suoi genitori lavoravano, quindi avremmo potuto studiare in pace.

Non capì come feci a dimenticare una cosa simile, eppure fu così. Mi costrinsi quindi ad alzarmi poco dopo. Scesi al piano di sotto, mia madre era sul divano con un libro in mano e un caffè nell'altra, gli occhiali poggiati sul naso.

<<Buongiorno tesoro>> alzò gli occhi dal libro.
Nonostante l'ansia riuscì a fare colazione: addentai qualche biscotto, più per richiesta di mia madre, quindi tornai in camera a prepararmi.

Feci una doccia velocissima e dopo essermi sistemata il viso stanco con un po' di make up, corsi a vestirmi.
Indossai un jeans blu semplice al quale abbinai una magliettina marrone scuro e delle scarpe nere da ginnastica, mentre i capelli li acconciai in una morbida coda bassa.

Dopo aver spruzzato un po' di profumo e indossato qualche accessorio, mi procurai un piccolo zaino dove infilai un quaderno e l'astuccio.
Scesi nuovamente al piano di sotto e salutai con un paio di coccole la mia cagnolina.
<<Scrivimi appena arrivi>> mi raccomandò mia madre.
Zaino in spalla e uscì di casa.

Afferrai il cellulare.
Filip mi aveva dato indicazioni riguardo dove abitava. Non era molto lontano da casa mia infatti decisi di andare a piedi, avevo pensato mi avrebbe aiutato camminare un po', schiarire le idee e pensare, pensare e pensare.

Aprendo la chat, notai che Filip mi aveva comunque inviato la posizione, per cui, aprì Google Maps e dopo all'incirca quindici minuti mi ritrovai davanti una casetta modesta.

Rimasi davanti quella porta per qualche minuto buono, ma sapevo che avrei dovuto bussare prima o poi.
La casa era esteticamente molto bella, era circondata da un piccolo giardino, aveva addirittura un garage e la zona sembrava silenziosa e tranquilla.

Non negai a me stessa che il giorno prima, saputo che sarebbe stato lui ad aiutarmi in italiano, un brivido di entusiasmo mi aveva attraversato da capo a piedi, di fatto accettai tranquillamente di vederlo oggi, eppure adesso avrei voluto inventarmi qualche scusa e scappare a casa.
Sospirai.

Ma mi stupì perché--forse grazie all'intervento di qualche santo--riuscì a suonare al campanello. All'inizio ci fu silenzio, mi chiesi quasi se avessi sbagliato porta, poi però sentii qualche passo avvicinarsi e poco dopo mi ritrovai la sua figura davanti. Forse a causa dei capelli in disordine mi sembrò di guardarlo per la prima volta con occhi nuovi.

Mi immobilizzai davanti a tale spontaneità, domandandomi come mai mi facesse quell'effetto.
<<Ciao Jacqueline>> dalla voce intuì fosse stanco, mi chiesi come mai alle dieci di mattina.

<<Prego accomodati>> mi fece cenno di entrare e mi misi subito a osservare la casa, era spaziosa e ben curata e alle pareti erano appesi varie foto e quadri dipinti. Fece per chiudere la porta e continuai a guardarmi intorno.

Alla mia sinistra si apriva una sala con un'immensa credenza, un tavolo, una TV e un paio di divani molto spaziosi.
Davanti mi ritrovai un corridoio, le scale e alla mia destra una cucina.
<<Come va?>> Nonostante ci fossimo visti il giorno prima apprezzai la domanda <<Bene>> risposi.                
                                                                       Non mi diede il tempo di chiedere anche a lui che mi fece segno di seguirlo e mentre mi conduceva al piano di sopra, direttamente in camera sua, non evitai di osservarmi ancora intorno.
Mi sentivo abbastanza a disagio a stare nella casa di qualcuno solitamente e questa volta non fu da meno.

Spalancò la porta e per mia fortuna non era vuota, notai infatti Louisie--la nostra compagna di classe--seduta a una scrivania con la testa bassa sul libro di grammatica. Non sapevo avesse bisogno di lezioni di italiano ma mi sentì subito sollevata all'idea di non dover più passare del tempo sola con lui.
Louise alzò lo sguardò, mi salutò e ricambiai forzando un sorriso.

Indossava il suo solito cappello che le fasciava tutta la testa, aveva dei jeans simili ai miei e una magliettina gialla che le faceva risaltare gli occhi scuri. Aveva la carnagione chiara ma ciò che notai fu il pallore del suo viso e delle grosse occhiaie marcate.

Forse non aveva dormito bene?
<<Come stai?>> Mi chiese.
<<Bene, grazie, tu?>>
<<Bene>> e sorrise.
Alla scrivania erano vicine tre sedie, logico.

<<Jacqueline>> il mio nome pronunciato nuovamente dalle sue labbra mi fece un effetto strano. Mi voltai.
<<Hai fame? Vuoi un succo di frutta?>>.
Rifiutai cortesemente e presi l'occorrente per studiare, mi avvicinai alla scrivania e dopo che Louise mi fece spazio, mi sedetti. Filip, logicamente, si mise al centro tra le due per poter aiutare e seguire entrambe.

<<Ah sì accidenti io...non ho ancora il libro di grammatica>> me ne ricordai solo in quel momento e mi sentì nuovamente a disagio.

<<Non fa nulla>> mi tranquillizzò Filip.
In silenzio, aprì il libro e lo mise al centro tra me e lui, si spostò con la sedia e improvvisamente quindi ci ritrovammo vicini, troppo vicini.

Mentre cercava la pagina sul libro studiai la sua figura rendendomi conto di sentirmi a disagio così vicina a lui.
Iniziò a farci qualche domanda per capire in quali argomenti avessimo avuto più difficoltà nel test.

Avrei risposto "in tutto" ma mi trattenni, anche se era vero, non avevo scritto nulla, escluso il mio nome e cognome. In realtà a scuola ero sempre andata modestamente bene.

Nonostante l'italiano non fosse la mia lingua madre, sapevo parlarlo bene e di fatto ero sicura che il risultato del test era stato causato dall'ansia. Filip spiegò qualche regola grammaticale, giurai a me stessa che avrei voluto ascoltarlo per ore, guardandolo gesticolare leggermente.

Eppure non capivo perché in quello sguardo ogni tanto mi sembrava di scorgere qualcosa di conoscente.
Quegli occhi verdi.

Mi sentì in colpa, non riuscivo a rimanere completamente concentrata.
Ci fece esercitare dopo un'oretta, insistette, ci offrì qualche snack e facemmo una pausa. Ci mettemmo a chiacchierare.
Nonostante si trovasse a casa sua si vedeva lontano due kilometri che lui stesso si sentiva a disagio, così come noi.

Non parlammo tantissimo infatti. Parlammo un po' delle prime impressioni sugli insegnanti e sui compagni. Filip afferrò il telefono e si mise a chattare con qualcuno. Rimasi a guardarlo con abbastanza curiosità ma poi mi osservai intorno.

E accasciandomi sul letto, per stare più comoda, notai una libreria, non era molto grande e si trovava alle spalle della scrivania per cui non l'avevo notata prima.
<<Quei libri?>> Alzò lo sguardo dal telefono.
<<Sono tuoi?>>.

<<Si>> annuì abbassando il viso.
<<Ti piace leggere quindi?>> Gli brillarono gli occhi.
<<Diciamo proprio di si>>
Sorrisi.

Non capì perché quella rivelazione mi fece così tanto bene al cuore.
Forse perché di questi tempi le persone amanti della lettura sono molto poche, soprattutto se adolescenti, o forse, sotto sotto, il mio cuore era felice di ammettere di avere più cose in comune con quel ragazzo più di quanto non immaginassi prima.

I am not the problemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora