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Cercavo di calmare il tremare delle mani e di regolare il respiro distraendomi giocherellando con il tappo della penna di Filip.

Ma mi mancava l'aria.
Mi mancava l'aria e mi mancavano i momenti prima che questa sensazione avesse la meglio su di me e mi accompagnasse tutti i giorni.

Cosa provavi piccola Jaqueline? Cosa provavi?
Come si fa a combattere un mostro così grande?
Non devo piangere.
Presi il telefono per distrarmi.

Mamma:  Ei ciao amore come sta andando la giornata? Tutto bene?

Strinsi gli occhi cercando di non far scendere le lacrime.
La piccola Jaqueline direbbe che sta bene.
Ma quella Jaqueline è morta dopo il mio primo attacco di panico. All'inizio pensavo di stare bene, ma in realtà stavano iniziando i primi segnali della mia autodistruzione.

Perciò non lo so mamma, non lo so neanche io mamma come sto, come sta andando. Vorrei soltanto riuscire a mostrarmi felice ai tuoi occhi.
Perché so che nonostante faccia finta di niente, lei riesce a capire che c'è qualcosa che non va. La mamma è la mamma.

Negli ultimi anni, dopo le disavventure con mio padre io e lei abbiamo rafforzato molto il nostro rapporto, passando più tempo insieme, uscendo più spesso anche solo per prendere un gelato o fare una passeggiata in spiaggia.
Abbiamo iniziato a fare shopping come amiche.

Abbiamo imparato ad ascoltarci l'un l'altra e a darci consigli come sorelle. Non ho mai avuto motivo di mentire sui miei attacchi d'ansia, ma per quanto lei possa essere comprensiva perché darle peso anche con i miei problemi? Ci siamo trasferiti da poco qui in Italia e il trasloco già è stato stressante. Mia madre ha sofferto tanto in passato.                                Le sue ferite si stanno rimarginando ma sono sicura non guariranno del tutto. Vorrei soltanto che tornasse felice come prima che mio padre iniziasse a perdere il controllo di se stesso.

Non so come sta andando questa giornata, però considerando che finora non mi odia nessuno e ancora non sono scoppiata a piangere, se rispondessi di si non mentirei mica.
Digitai:

Tu: tutto ok
         
Ripensai alla penna di Filip e continuai

Tu: solo... ho bisogno di una penna in più

Gli mandai qualche emoji che non destasse sospetto e spensi il telefono gettandolo sotto il banco.
Osservai la classe cercando solo una persona.
Filip era affacciato alla finestra con quella sua solita aria cupa e affascinante. Oddio da quando lo consideravo affascinante?

Mi chiesi a cosa stesse pensando perché non mi sembrava abbastanza tranquillo, sfregava le mani di continuo, mentre cercava di fare respiri profondi. Una cosa che mi ha insegnato l'ansia è di riconoscerla anche negli altri. Non avevo il coraggio di alzarmi e andare da lui, soprattutto se significa rischiare un altro interrogatorio, in ogni caso una figura mi apparve di davanti e quasi presi un infarto. Urtando la mia sedia si sedette al posto di Filip.

Si sedette accanto a me.
<<Scusa>> guardai alla mia destra e mi ritrovai una ragazza dai lunghi capelli castano chiaro e occhi marroni, indossava degli occhiali dalla grande montatura e mi fissava.
<<Sai dirmi che ore sono?>>
Che ore sono?

Annuì, afferrai il telefono e glielo mostrai, senza aprire bocca.
<<Grazie oggi ho dimenticato completamente di caricare il telefono ed è morto poco fa>> si sistemò sulla sedia. Gli sorrisi, incerta su cosa dire.
<<Sei nuova di qui no? Da dove vien…>>
<<Lucy! puoi venire a darmi una mano?>>

Mi voltai. Una ragazza dall'altro lato della classe aveva urlato a squarciagola e reggeva in mano la sua cravatta sciolta.
Anche lei aveva i capelli castani, molto lunghi, che le scorrevano lungo la schiena.
<<Fa nulla vengo io>> affermò subito dopo avvicinandosi.

I am not the problemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora