I rumori della festa e dei mercanti non lo distraevano. Quella mattina era venuto un ragazzino e aveva bussato alla sua porta. Aveva probabilmente saputo da qualche voce che lui fosse un medico. Non appena Efialte uscì a controllare, il ragazzino cominciò a pregarlo con le lacrime agli occhi, si prostrò ai suoi piedi implorandolo e piangendo. Non aveva più di dodici anni e, tra i singhiozzi e le lacrime, gli aveva detto che suo fratello stava male. Lui acconsentì subito, così presto che il ragazzino alzò la testa guardandolo sorpreso.
“Davvero? Voi… voi lo guarirete?”
“Mostrami la strada e ti seguirò. Vedo se posso fare qualcosa per lui,” gli disse prendendo la valigetta.
Lo aveva condotto diligentemente a casa sua, un’abitazione piccola e in pietra, che contava forse due stanze.
“Madre!” il ragazzino aprì la porta eccitato. “L'ho portato qui! Guarirà Luan!”
Efialte entrò e vide un ragazzino disteso su un materasso di stoffa; era pallido e debole. La madre gli era chinata a fianco e, quando sentì quelle parole, si alzò facendo un inchino umile con la testa.
“Perdonate il disturbo… so che chiedere il vostro aiuto in un momento del genere non è—”
“Non è un problema, che cos’ha?”
“È debole e suda eccessivamente; ogni volta che mangia qualcosa lo vomita… Dottore,” rispose la donna.
La donna si spostò, lasciando che Efialte si chinasse per controllare il polso del ragazzino. Un debole battito cardiaco appena udibile, un respiro che avrebbe potuto spegnersi da un momento all’altro. Efialte gli toccò la fronte delicatamente; il ragazzino gemette e aprì gli occhi a rilento. Era bollente.
“Molto probabilmente ha la febbre, signora.”
I suoi occhi si spalancarono dalla preoccupazione.
“Molte persone… molte persone sono… e lui?” La donna non riusciva a parlare, sembrava sul punto di piangere, ma Efialte capì immediatamente cosa intendeva: non era raro perdere la vita per leggerezze del genere. La gente moriva così facilmente perché le cure di magia che il tempio offriva erano diventate precarie; tutto quello che facevano era parlare della maestosità degli dei e insegnare alla gente che dovevano avere paura: paura di violare le regole del regno, paura di essere oziosi, paura di disobbedire. Il modo migliore di tenere in ordine una massa di persone ignoranti era il terrore divino.
Il tempio era cambiato. I pochi che sapevano utilizzare l'energia divina per le cure sapevano a malapena guarire un graffio e nulla di più.
Efialte le sorrise. “Farò tutto quel che posso per guarirlo. Non morirà.”
Gli occhi del fratellino di Luan cominciarono a rivelare un’espressione più calma. Efialte gli aveva fatto vedere uno spiraglio di luce nell’oscurità. Sapeva che avere una speranza, una rassicurazione, falsa o vera che sia, era meglio di non sapere nulla. Ma sapeva anche che quella speranza, se delusa dalla realtà, era dolorosa come il più affilato dei pugnali.
Non poteva farci nulla; era solo un bambino dopotutto, e i bambini vivevano di speranze. Aveva provato il dolore di perdere un fratello, il dolore di aver visto le sue speranze svanire, senza aver mai conosciuto il destino che gli era toccato quando quella persona era sparita e non era più tornata. Se solo non lo avesse lasciato solo quel giorno. Se solo…
“Il sambuco è utile per la febbre,” disse aprendo la valigetta di legno e prendendo da uno scomparto dei piccoli fiori bianchi. “Preparategli una tisana ogni giorno, mattina e sera; dovrebbe migliorare.”
La donna annuì osservandolo mentre pestava in un mortaio i fiori. Ci versò dell'acqua, offertagli da lei, e mescolò attentamente.
“Ho finito,” disse versando il liquido in una tazza di terracotta che l’altro ragazzino gli aveva dato. Luan si alzò lentamente dal materasso tremando. Il fratellino gli porse la tazza inchinandosi di fianco.
“Questi usateli per le altre tisane che dovrete preparargli affinché guarisca, conservateli al riparo dalla luce. Per ogni evenienza sapete dove trovarmi,” disse Efialte offrendo i fiori.
La donna chinò la testa prendendo i fiori. “Grazie, grazie! È un miracolo che siate venuto qui nonostante oggi sia un giorno di festa… mi dispiace ancora per il disturbo.”
Efialte chiuse la valigetta e si alzò stirandosi il mantello con le mani, sorrise e disse, “Vi ho detto che non è un problema, non preoccupatevi; la festa non è neppure di mio gradimento, a essere onesti.”
La madre prese un panno di stoffa legato da una corda e glielo offrì. “Questo è tutto quello che ho… Se desiderate altro posso darvelo la prossima volta, perciò…”
“Va bene così,” disse accettando il compenso.
“Grazie,” disse il fratellino di Luan. Efialte gli sorrise e li salutò lasciando la casa.
Per strada aprì ciò che gli aveva dato la donna, facendo attenzione a non farne cadere il contenuto: era il pagamento più misero che avesse mai ricevuto per il suo lavoro. Ma andava bene così, non avrebbe chiesto nient'altro, perché lui stesso voleva guarire quel ragazzino. Quello scenario gli aveva fatto ricordare gli affetti passati, di aver avuto un fratello e la vita che il tempo gli aveva portato via.
Ricordava le volte in cui giocavano a scacchi, le volte in cui si prendevano in giro a vicenda, le volte in cui si rincorrevano per casa, quando inciampavano e ridevano, poi le volte in cui lui era malato ed Efialte gli stava accanto. Sbatté accidentalmente la spalla contro un altro uomo e quello imprecò, ma lui non gli prestò attenzione.
Era così assorto nelle memorie e nei pensieri che non sentiva neppure i rumori intorno a lui. Aveva iniziato ad avere paura del tempo da quando lui era sparito, aveva visto la morte di suo padre e aveva affrontato il cambiamento; gli era stato portato via tutto, era rimasto solo.
Ricordò il giorno in cui suo padre portò a casa un ragazzino, la prima volta in cui vide un corpo così esile da far sembrare che un solo tocco lo avesse potuto spezzare. Il velo di malinconia che portava in volto e che gradualmente sembrava sparire, ma mai del tutto. E poi… capelli chiarissimi, bianchi. Un colore che non aveva mai visto prima. Un colore di cui tutti ad Antalya avevano paura.
Ed era il motivo per cui non usciva mai di casa, il motivo per cui si rifiutava di venire insieme a lui nel centro pubblico di educazione culturale. Ricordava i suoi occhi… le sue pupille che diventavano sempre più diverse man mano che cresceva. Ma non aveva mai avuto paura di lui. Non come suo padre aveva iniziato a fare.
Ricordava che studiava da solo, restava spesso in camera a leggere, odiava la confusione e i rumori forti. E poi quel giorno d'inverno, con gli stivali nella neve mentre chiamava il suo nome senza ricevere risposte, cercandolo fino a tardi. E così andò avanti per giorni. Non lo trovò. I giorni successivi seppero che alcuni abitanti dei villaggi nei dintorni furono ritrovati morti e gelati nella neve dal freddo.
L'inverno ad Antalya prevedeva molte nevicate abbondanti. E suo fratello era scomparso fuori. Lui aveva sempre sperato che quello non fosse stato il suo destino. Ma ormai aveva perso ogni speranza, era tutto finito. Ogni cosa.
Entrò in casa, posò la valigia, si vestì comodamente e raggiunse il letto. Si distese sul materasso e guardò il soffitto fin quando non si addormentò.
***
Efialte
Il prossimo capitolo metto anche Lalian e Niveo🔥🔥
Preparatevi perché i prossimi capitoli saranno molto molto esotici.
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Occhi di cristallo
FantasyAlla ricerca di un cristallo demoniaco, Niveo si troverà coinvolto in una situazione terrificante, il motivo è il suo legame con il potente artefatto. Un legame così orribile quanto meraviglioso. Eppure, nel frangente in cui la sua vita e morte si i...