L'intruglio velenoso

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Se in precedenza abbiamo visto un gruppo ben unito e felice, adesso, dopo una settimana e mezza di convivenza nella vecchia casa della strega Vanir, sembrava che qualcosa si sia crepato un po’. Non c’era più un obiettivo, e si erano tutti incentrati nel far imparare a Makisae tante cose.
Tuttavia, una notte di quel maggio, Zeke non riuscì a chiudere occhio, tormentato dalle incertezze che alimentava da solo vedendo gli altri utilizzare i loro poteri. Era felice di vederli spensierati e non voleva disturbare la quiete con un suo capriccio, sebbene il suo desiderio di poter anche solo riceverne uno era inquantificabile con un numero.
Nel tentativo di distrarsi raccolse alcuni libri, sfogliandoli in modo confusionario poiché le parole gli sembravano frullare all’interno della pagina. Decise di creare un piccolo laboratorio, composto da fialette e mortaio, e cominciò a macinare foglie di menta piperita e dell’erba gatta, dando alle sue mani una leggera pittura verdognola. A questa buffa miscela di erbe medicinali aggiunse qualche seme di girasole, e lavorò instancabilmente per tutta la notte.
Si era fatta mattina, le prime luci dell’alba colpivano la sua stanza, posta al secondo piano del casolare, e lui corse subito a coprire con una tenda la finestra per non far infiltrare la luce all’interno. Si preparò in un battibaleno, si sedette davanti allo specchio della camera, e ingurgitò tutta la pozione verde che aveva composto la notte prima. Nulla cambiò, gli effetti sperati non avevano passato le aspettative del povero erborista.
Disperato, dunque, si mise in silenzio, decidendo di non parlarne con gli altri. Inoltre, è come se si nascondesse per la vergogna di aver fallito. I suoi compagni notarono qualcosa di strano e si insospettirono, ma Zephyr disse loro che quando rifletteva a lungo non c’era verso di portarlo dalla loro parte, quindi non si preoccuparono più di tanto, anzi, saltò fuori l’idea di un trasferimento grazie a Ryota, anche se le destinazioni sembrava ignote e poco appetibili.
Stando sdraiato al letto per tutto quel tempo, Zeke decise di farsi vivo. Percorso a fatica la discesa di scale che lo portava al piano di sotto, dove i compagni stavano discutendo in quale luogo partire.
“Eccolo il lupo delle erbe.” Scherzò Zephyr, avvicinandosi all’erborista, che si scansò poco dopo in un modo alquanto sospetto.
“Che ti prende Zeke?” Chiese Astrid, notando in lui qualcosa di strano.
“Ti fa male la pancia?” Presuppose Ryota, vedendolo con una mano vicino alla bocca dello stomaco.
“Che hai preso?” Si preoccupò Zephyr, nel mentre che il suo amico d’infanzia quasi si accasciava a terra per il dolore allo stomaco.
Il viso di Zeke, pian piano, si stava colorando di un verde molto intenso, e rimaneva dolorante senza urlare, sembrava come soffocasse al tatto con l’ossigeno.
Zephyr lo trascinò di peso fuori dal casolare, mentre Astrid, in fretta e furia, salì le scale per andare a vedere cosa avesse fatto Ezequiel durante la notte, scorgendo sopra una vecchia e legnosa credenza un flacone vuoto con un’etichetta semi strappato. Su di essa vi era scritto <Bava di lumache>, facendo raggiungere l’apice della preoccupazione alla figlia di Freya.
La bava che le lumache secernono diventa tossica se assunta con determinati prodotti e ancor di più se in quantità stratosferiche, è quello purtroppo era il caso di Zeke.
Le vene di Zeke pulsavano sotto la pelle, mentre il loro contenuto vitale subiva una trasformazione. L’una dopo l’altra, le cellule cariche di emoglobina rossa tradivano il loro antico dovere, sostituite da una nuova vita.  Così, un verde sottile iniziò a tinteggiare i tessuti che sfuggivano alla copertura degli anticorpi di Zeke.
La squadra fu sfortunata, poiché l’unico medico del gruppo era proprio Ezequiel, che adesso si era proprio cacciato in un bel guaio.
In quel momento si ritrovarono sotto un bel sole cocente di inizio maggio, poiché Zephyr aveva portato fuori il suo amico per controllare la situazione. Sdraiato sul prato, Zeke non riusciva a proferire una parola, anzi la situazione stava alquanto peggiorando.
“Quale incantesimo hai usato?” Ripeteva inutilmente Alexander, tentando di trovare una soluzione nella magia. Non riuscendo a perdonarsi di aver insinuato che stesse bene fino a qualche decina di minuti fa.
Lavinia, con tanta cautela, si avvicinò all’erborista, supino di fronte a quella stella appesa al cielo che lo scaldava e che tanto gli illuminava il viso. Bastò un istante per far sì che la Ninfa capisse cosa stesse accadendo al corpo di Ezequiel.
“Non c’è molto tempo se lo lasciamo sotto il sole. Vi sembrerà strano, però il vostro amico sta facendo la fotosintesi.” Presuppose Lavinia. Al ché, Alexander si voltò verso il sole e poi tornò ad osservare il corpo inerme di un Zeke sofferente. Astrid era tornata dalla camera dell’erborista, mostrando agli altri quella bottiglia ormai vuota di Bava di lumache che Zeke si era iniettato nel sangue.
“Non ci credo che lo ha fatto.” Sussurrò Zephyr, coprendosi con le mani la sua faccia.
“Che cosa?” Domandò Ryota che, seppur rimaneva distaccato e freddo, era preoccupato.
“Zeke non ha poteri, questo lo porta a fargli pensare che non è abbastanza. Per questo ha studiato magia, per stare al mio passo, ma ogni volta falliva e si dilettò a creare intrugli e pozioni. Per quanto impegno ci mette, i suoi prodotti sono scadenti, ma efficaci in un modo o nell’altro.” Spiegò Alexander, avvolto da un grande senso di colpa.
“Se ci ha provato significa che c’è una cura.” Ipotizzò Lavinia. La Ninfa era una creatura dall’animo ottimista, anche nelle situazioni più complesse riusciva a creare una soluzione. Le sue mani si posarono lungo il petto dell’erborista, coprendo il suo corpo da un velo d'acqua salata.
“Ho bisogno che Astrid mi copra un po’ il cielo.” Chiese la Ninfa alla dea. In un secondo la ragazza raggruppò le nuvole nei dintorni, schermando il corpo di Zeke dai raggi solari.
Quando la pelle dell’erborista non ebbe più contatto con la luce, cominciò a brillare con un’intensità simile a quella che la Gravis Balisarda emetteva se impugnata da Makisae. Il primo pensiero di Zephyr fu quello di generare una piccola ferita, nel tentativo di far fuoriuscire parte del liquido che Zeke aveva assunto.

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