La benzina

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Il mattino seguente, il gruppo si preparava a testare l'affidabilità del loro aereo. Sebbene la fiducia fosse palpabile, un velo di titubanza aleggiava nell'aria. Ryota, al comando, aprì la porta principale dell'aereo e fu il primo a salire, facendo da guida agli altri. Ora dovevano decidere chi avrebbe pilotato quell’ammasso di ferraglia.
Ryota, essendo la mente del progetto, era indispensabile, ma aveva bisogno di un compagno capace di prendere decisioni rapide sotto pressione. Suo fratello gemello, Zheng, non era la scelta ideale. Con una smorfia di comprensione, Ryota propose Alexander, convinto che fosse la persona giusta per gestire situazioni di pericolo e aiutare nell'atterraggio.
Mentre Alexander prendeva posto accanto a Ryota nella cabina di pilotaggio, il resto del gruppo si sistemava in una sorta di salotto magico creato da Zephyr, con un tavolo e sedili confortevoli. Per molti dei più giovani, era la prima volta in un aereo. Solo Alexander e Zeke avevano già avuto esperienze di volo. L’erborista tentava di tranquillizzare Makisae e Astrid, che mostravano poca fiducia in Ryota, intento a dare istruzioni allo stregone per il decollo.
"Ce l’abbiamo fatta," sussurrò Ryota, tirando un sospiro di sollievo.
Zephyr lo guardò con occhi colmi di fierezza, come un padre orgoglioso. Senza dire una parola, rispose con un accenno di sorriso. Entrambi, con mani ferme, tirarono in avanti la cloche per controllare gli alettoni e dirigere l'aereo. La paura si mescolava all'impavidità mentre l'aereo iniziava a prendere quota. L'orizzonte nei finestrini mutava da un verdeggiante giardino a un immenso cielo blu cobalto.
La felicità dei piloti contagiò i passeggeri, finché non si resero conto che mancava un ingrediente essenziale: la benzina.
"Ti sei dimenticato la benzina, Ryota?!" esclamò Alexander, sgridando il giovane che, imbarazzato, si grattò la nuca.
Zeke, accortosi del problema, sganciò le cinture e si recò nella cabina di pilotaggio. Aprì la porta scorrevole, trovando Ryota e Alexander in una scenetta silenziosa di imbarazzo. Con un tono serio, chiese anche lui: "Ryota, ti sei scordato di mettere la benzina?"
Tutti sentirono la domanda, e un'ondata di imbarazzo travolse Ryota, che voleva solo fuggire. Ma Zeke vide un'opportunità.
"Che ne dite se usassimo la magia di Zephyr come carburante?" propose, cercando una soluzione per far decollare definitivamente l'aereo e portarlo fino in Svizzera.
Con una faccia ormai rassegnata, lo stregone filò via dalla cabina di pilotaggio, attraversando i corridoi per arrivare alla zona in cui andava controllato il carburante.
A fianco al giovane Ryota, prendeva posto Zeke, osservando l’orizzonte dal finestrino posto davanti alle due sagome dei piloti. La curiosità dell’erborista lo portò a tastare delicatamente la cloche, senza rompere qualcosa di importante, voleva solo provare il brivido di tenere tra le mani i comandi di un aereo.
Nel frattempo, Zephyr si era intrufolata tra i tubi in cui il carburante doveva passare per alimentare il motore del mezzo. Affinché partisse, lo stregone dovette restare per un determinato lungo lasso di tempo e, inoltre, resistere alle piccole e insignificanti turbolenze in cui si imbatteva la struttura dell’aereo.
Al ché, Ryota decise di scambiare il secondo pilota, passando da Alexander a Ezequiel, e l'entusiasmo di quest'ultimo non si colmò neanche alla visione delle nuvolette cosparse attorno ai finestrini, anzi, era tutto così ferocemente amplificato che il giovane non sapeva se potesse più riuscire a portare il gruppo in Svizzera.
Mentre lo stregone combatteva contro sé stesso e la sua resistenza e i due copiloti inducevano l'aereo in un'altra nazione, nel salotto centrale Lavinia, Astrid, Makisae e Zheng si raccontavano qualche aneddoto per far passare il tempo.
Tutti e tre però erano attratti dall’ingenua curiosità di Makisae. Stava lì ad ascoltare da quasi un'ora le storie degli altri senza aprire bocca, quasi estraniandosi dalle risate che componevano i suoi amici e da certe parole che non riusciva a comprendere. Di certo la ragazza non era loquace, già dal primo momento i suoi compagni l'avevano compreso, ma soprattutto avevano accettato qualsiasi sfumatura del suo carattere in crescita. Probabilmente Makisae si sentiva vuota e priva di emozioni in quegli istanti e, dunque, fingeva di interessarsi agli altri per arricchire la sua personalità, però riusciva a guardarsi interiormente e comprendere che la sua presenza era rilevante tanto quanto quella dei suoi amici.
Questo le permise di andare avanti con i suoi obiettivi, cercando di aiutare al raggiungimento di quelli altrui, e gioire senza invidia per l'allegria che i suoi compagni esprimevano.
Perciò, anche se Makisae sembrava essere una ragazzina apatica e disinteressata, riuscì a maturare con certi pensieri instillati dalle persone giuste.
E per di più, si erano anche accorti come i suoi occhi brillavano nel vedere quel colore zaffiro che il cielo stampava nell'immenso.
“Ha il colore degli occhi di Lavinia.” Commentò, indicando uno dei finestrini.
La Ninfa le sorrise, portando il suo dito indice come per mostrare il colore delle sue pupille.
“Purtroppo quello lì fuori è più un blu zaffiro, i miei sono per lo più di una pervinca sfavillante.”
Makisae sembrava felice di conoscere, persino quando gli altri correggevano i suoi piccoli e grezzi errori, li imparava appositamente per non sbagliare più.
“Pervinca, eh?” Rispose.
“Eh sì.” Lavinia sorrise, fece spallucce e accarezzò dietro la nuca i capelli della giovane.

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