La cura

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Quando ormai Makisae era pronta a scheggiare la pelle di Zeke, generando una piccola ferita sulla superficie del suo petto, Ryota notò distrattamente che le dita dell’erborista stavano ritornando al suo colore originale.
“Guardate!” Urlò, facendo sobbalzare i tre che stavano vicino al paziente.
Alexander mise una delle sue mani sotto la lama della Gravis Balisarda, in modo da non colpire profondamente Ezequiel, in quanto la ragazza stava per sferrare un fendente per la paura, ma si bloccò appena in tempo.
Al ché, anche Lavinia si rese conto che tutto stava tornando alla normalità, facendo tornare il sorriso sulla bocca dello stregone. Alexander si voltò verso il giovane ragazzo che gli aveva detto che non per forza serviva ferire il suo amico per curarlo, scompigliandogli i capelli non appena si avvicinò a lui.
“Era ovvio.” Sussurrò Astrid.
Cosa intendi?” Le domandò Lavinia.
Il giardino di mia madre è composto da alberi di pompelmi blu. Nella terra dei Vanir, l’aroma o il profumo dei loro frutti viene considerata una panacea, un rimedio per ogni malanno. Quindi Zeke era soltanto malato gravemente a causa di un incantesimo.” Spiegò ai suoi compagni.
Allora Zheng corse di sotto in giardino, strappando dai rami di uno degli alberi un pompelmo blu sotto gli occhi di suo fratello e dello stregone, che osservavano curiosi la scena dall’alto. Il ragazzo risalì le scale, tornando nella stanza del paziente con quel frutto tra le mani.
“E il suo liquido che benefici ha?” Chiese Zheng ad Astrid, mostrando il pompelmo alla ragazza.
“Non lo so. Non penso che mia madre me ne abbia mai parlato.” Gli rispose la dea.
“Makisae, perché non provi a tagliare questo pompelmo e fai cadere un po’ del suo succo sulla pelle di Zeke?” Domandò Zheng rivolgendosi alla ragazza, lanciandole il frutto.
A questo punto, Makisae tagliò a metà il pompelmo raccolto da Zheng, spargendo il suo succo sul petto dell’erborista, sotto gli sguardi confusi dei presenti, che cercavano di capire cosa volesse fare il giovane ragazzo.
Con una lieve tosse, in men che non si dica, Ezequiel ricominciò come a respirare e sbarrò gli occhi, svegliandosi dal sonno che lo aveva fermato per quasi quaranta minuti. I ragazzi non riuscirono a contenere la gioia, ma il merito, a questo giro, era frutto della casualità che i due gemelli avevano fornito già dall’inizio del percorso che avevano intrapreso con Makisae, partendo dalla prigione fino a quel punto. Sembrava quasi come se il vero potere di Zheng e Ryota fosse la fortuna e non i loro rispettivi muscoli e cervello.
Tutti gli incontri fatti fino a quel punto, sembrava che fossero scelti su misura per loro, e spesso si ritrovano a pensare nella tarda notte di dover ringraziare la dea bendata per tutto la confusionale aria d’amore che gli ha regalato dalla nascita in poi. In fondo, sapevano che c’era una ragione per la quale stavano vivendo quegli attimi.
Una notte più tardi a questo grave ma breve inconveniente, Zephyr si ricordò di un avvenimento passato proprio con Zeke, quando ancora passavano i loro giorni dentro una scuola che profumava di adolescenza. Era un po’ indeciso se dire ai suoi amici quello che aveva per la testa, però questo era un suo tratto caratteriale generale. Lo stregone, sin da bambino, era riservato e difficilmente si apriva subito, tuttavia rimaneva un tipo abbastanza estroverso, una contraddizione assoluta.
All’alba, scese le scale per primo, aspettava che i suoi compagni si svegliassero e ogni tanto controllava l’orario, tramite l’ombra di un rametto impilato nel terreno in giardino, e l’attesa lo annoiò a tal punto di provare a cucinare. Sicuramente non era ai livelli di Chen, ma se la cavava mettendosi d’impegno.
Nel frattempo, c’era ancora chi russava profondamente, ma il momento della colazione si faceva più vicina, così come l’odore invitante di tè che Zephyr aveva preparato utilizzando la cucina di Freya. Quel giorno lo stregone somigliava così tanto alla dea della bellezza che lui stesso si sentì a disagio, ma quella buona azione per i suoi compagni gli schiarì questo pensiero.
E quindi, Alexander si sedette al tavolo, su una seggiolina di legno, sorseggiando il tè e fissando gli infissi della porta, aspettando l’arrivo di qualcuno. Dopo qualche minuto, lo stregone udì dei passi provenire dal piano di sopra, fino a sentirli più vicino. Sbarrò gli occhi per la curiosità, la prima a svegliarsi era Astrid.
“Sei già sveglio?” Chiese la ragazza, notando che Zephyr era particolarmente felice.
“Buongiorno Astrid.” Le rispose freddamente ma, alzandosi dalla sedia, si avvicinò a lei per spingerla a sedersi con lui al tavolo, mentre lei ancora si strofinava gli occhi.
“Quanta energia quest’oggi.” Esclamò Astrid, sorridendo.
La conversazione fu interrotta dai passi di Zeke che arrivavano dal piano superiore, sembrava come correre a quello inferiore con allegria, qualcosa che ieri appariva come sconosciuta.
“Chi sarà adesso?” Interrogò la dea allo stregone, accingendosi a bagnare le sue labbra nel tè.
“Sono io!” Annunciò Ezequiel sull’uscio della porta.
E Alexander andò subito a trascinarlo felicemente al tavolo. “Piano, piano!” Raccomandò Zeke sussurrando per non svegliare gli altri.
Venne il turno di Zheng e Ryota, anche loro furono presi e portarti di forza davanti alla tazza di tè, ma non fecero storie, gli è più sembrato come una scusa per il giorno prima e, sicuramente, il sonno non aiutava loro a essere energici come lo stregone. Nel silenzio di quegli attimi, poiché nessuno iniziava una conversazione, sbucò Makisae dal nulla che, con dei passi davvero silenziosi, si sedette senza fare rumori e senza che Alexander si accorgesse di lei finché non si voltò nella sua direzione.
Risero tutti per l’espressione sorpresa che lo stregone aveva fatto in quella situazione, uno dei pochi momenti in cui le risate rimbombavano nelle orecchie dei componenti della squadra. E risero anche quando Lavinia si fermò davanti alla porta, appena scesa dalle scale, e guardava immobile Alexander mentre tentava invano di spostare il suo involucro di acqua. La Ninfa lo ignorò per deriderlo di fronte a tutti, fino a sedersi anche lei per assaporare quella colazione tanto attesa, che lo stregone non vedeva l’ora che assaggiassero.
E poi, con uno sguardo di approvazione, quando gli ultimi bocconi stavano per finire all’interno dei loro stomaci, Zephyr disse di voler raccontare qualcosa di veramente importante, ribaltando la scena da leggera a seria con due parole. “Devo parlarvi.”

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