3- HOOK

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Gettai la testa indietro preso com'ero dal piacere. Staccai lo sguardo dalla ragazza sconosciuta inginocchiata ai miei piedi.

La sua bocca lambiva il mio cazzo duro ed eretto fin dove le era possibile contenerlo.

Bottiglie di vino e vodka erano sparse per tutta camera e l'aria odorava di alcool e di sesso.

Mi sentii invadere la bocca da un paio di labbra carnose. Potevo sentire il sapore del rossetto e, di norma, non era qualcosa che mi piaceva. Tutto il contrario, mi disgustava. Ero, però, troppo fatto e troppo ubriaco per oppormi o anche solo per allontanare la ragazza, chiunque essa fosse, schifato, perciò la lasciai fare anche perché la cosa stava prendendo una piega non indifferente e che mi piaceva molto.

La mia fama alla Saint Jules mi precedeva e il mio nome suscitava una serie di reazioni diverse: i ragazzi fighetti e snob mi evitavano più per il terrore che avevano di me che per altro mentre le ragazze cadevano ai piedi come marionette che mi piaceva rigirare nel modo che più mi aggradava.

Rialzai la testa e infilai più in profondità la lingua nella bocca della sconosciuta bionda, di cui non ricordavo neppure il nome mentre la sua amica, o almeno supponevo che fosse tale, mi stava ancora deliziando con un bel pompino.

Tuttavia non era abbastanza. Non lo era mai. Per quanto piacevole, per quanto appagante fosse, non mi bastava mai. C'era qualcosa che mancava nell'atto in sé. Scopare mi divertiva ma per farmelo piacere, per esaltarmi, anche solo per eccitarmi dovevo allentare la mente e l'alcool e la droga mi aiutavano in questo.

Non ero un drogato e nemmeno un alcolizzato ma sentivo il bisogno di farmi quando i pensieri diventavano troppi.

«Fermati.» ordinai alla ragazza in basso.

Aveva i capelli rossi e il rossetto del medesimo colore tutto sbavato. Ero più che sicuro che me lo sarei ritrovato sul cazzo più tardi.

«Perché non mi fai vedere quanto sei brava con quella bocca pure con lei.» le dissi indicando l'altra ora in piedi al mio fianco.

La rossa si leccò le labbra per poi fare quanto le avevo chiesto e prendendo a succhiate la fica della bionda che mi aveva messo la lingua in bocca.

«No, non così.»

Le spostai entrambe quando mi alzai dalla mia poltrona e le accompagnai sul letto.

«Sdraiati e tu mettile la figa sulla faccia.»

Eseguivano ogni ordine, esaudivano ogni mia richiesta senza fiatare, senza parlare. E a me piaceva, mi faceva sentire potente.

Massaggiai la mia erezione sotto i loro gemiti, poi mi misi alle spalle della biondina tutte curve e le entrai dentro con la stessa delicatezza di un carro armato portandola a urlare per me.

Un'altra cosa che non c'era mai nelle scopate di divertimento erano le emozioni. I sentimenti avevo imparato lasciarli fuori e fintanto che avrei continuato così non ci sarebbero stati problemi perché quando, invece, era accaduto il contrario e il mio mondo si era capovolto, ogni cosa era cambiata.

Dopo di lei non avevo più permesso a nessun'altra di capirmi il cuore.

Dopo di lei quello stupido organo al centro del petto lo avevo chiuso con catene e lucchetto per sempre.

Mi ero fatto fregare abbastanza e non avrei più commesso un altro simile sbaglio.

Andammo avanti così per tutta la notte. Le ragazze continuarono a scambiarsi di posto e posizione e io me le feci entrambe.

Eravamo crollati, a un certo punto, come succedeva spesso e non mi risvegliai se non il pomeriggio successivo.

***

Il mio mal di testa non si era attenuato nemmeno dopo due aspirine.

Era terribilmente fastidioso quando succedeva e io potevo solo resistere che passasse prima o poi.

Mi ero svegliato già nervoso a causa di una telefonata da parte di mio padre che mi rimproverava del fatto che non fossi stato presente a lezione quelle mattina.

Avrei dovuto esserci abituato ma quelle chiamate del cazzo fatte dopo una spia altrettanto del cazzo mi urtavano come poche cose nella vita.

Solitamente ero un tipo mite e silenzioso, e non amavo perdere tempo in chiacchiere inutili specie se l'argomento o il mio interlocutore non erano di mio gradimento.

Ero indifferente a cose e persone per la maggior parte del tempo ma quando in gioco entrava il buon caro e vecchio Lord Andrew Murphy allora tutto cambiava e avevo voglia di dare fuoco al mondo.

Solo sentirlo per telefono mi mandava in bestia e il fatto che fossi lontano da casa migliaia di chilometri era l'unica cosa buona di essere considerato un alunno prodigio della Saint Jules.

Una volta fuori dai dormitori optai per un veloce caffè al bar del campus. Aggirai il gruppo di solito fighetti campioni dello sport e svoltai l'angolo.

L'aroma della tostatura mi riempì le narici ed era proprio ciò di cui avevo bisogno considerato il fatto che non riuscivo a togliermi di dosso il misto di odori della sera prima. Nemmeno una lunga doccia con i bagnoschiuma più pregiati del mondo provenienti per lo più dall'oriente riuscirono in quell'impresa. Sperai che almeno quella fragranza di cui l'intera sala era densa facesse il miracolo.

E fu proprio lì che la vidi. Mescolata tra altre decine di figure sparse per i tavoli non potei che incantarmi di fronte a lei.

Non l'avevo mai vista, di quello ne ero sicuro, forse si trattava di una matricola e il solo pensiero mi stuzzicò la fantasia. Mi ero un po' stancato di avere a che fare con le solite facce e qualcuno di fresco e nuovo era quel che faceva al caso mio.

Ma più la guardavo, più mi rendevo conto che avesse qualcosa di diverso dalle altre, qualcosa a cui non riuscivo a dare un nome, qualcosa che non riuscivo ancora a decifrare.

Era bella. No. Era bellissima.

Lunghi capelli biondi che arrivavano ben oltre la schiena, dritti e perfetti.

Mi presi tutto il tempo per squadrarla meglio.

Era piccola di statura, parecchio più bassa di me, e con un corpo da fatina dei boschi nonostante avesse tutto l'aspetto di un angelo.

E poi si voltò. Furono i due secondi più lunghi della mia vita e sufficienti abbastanza da farmi accecare dalla bellezza dei suoi occhi.

Non erano semplicemente chiari, o azzurri o celesti. Erano il cielo e il mare e racchiudevano tutta la bellezza della natura.

Mi si chiuse lo stomaco e il cuore ebbi l'impressione di starlo per vomitare.

Quanto ignoto mi era ancora il futuro?

Molto.

Non sapevo niente di lei, chi fosse o come si chiamasse, ma all'improvviso mi venne una gran voglia di scoprire tutto.

E lo avrei fatto.

Era a tutto il resto che non avrei mai pensato.


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