Capitolo sette. Friendship.

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Buonasera (o forse dovrei dire buonanotte?) 💛
Buh, in ogni caso ho finito ora di correggere questa cosuccia e...lo so, pubblico sempre in momenti improbabili, ma durante il giorno non ho ispirazione...
Ehm, che dire?
Buona (spero) lettura😊

La risata di Alec suonò fragorosa.
Jasmine lo guardò in cerca di una spiegazione, e lui pensò che, se fossero stati in un cartone animato, lei in quel momento avrebbe avuto un punto interrogativo che le svolazzava sulla testa. E si mise a ridere ancora di più.

«MozzarElla, mozzarella tagliata a metà con aggiunta di olio e sale» lesse dal menù con voce solenne.
A quel punto scoppiò a ridere anche lei «Vuoi dire che l'hanno messo sul menù per tua sorella?»
Tornò loro alla mente il numero di volte che Chloè, sorella di Alec, aveva ordinato solo una mozzarella.
Evidentemente questo aveva portato il titolare del ristorante ad aggiungere la "pietanza" sul menù in suo onore, e la cosa era al limite del ridicolo, perché nessun'altro avrebbe pagato 5 € per una mozzarella tagliata a metà.

Sia lui che Jas ordinarono la pizza della casa, che non era altro che una margherita con mozzarella di bufala, pomodorini freschi e stracchino, mentre da bere presero due Estathè, lui al limone e lei alla pesca.
Passarono una buona mezz'oretta a parlare del più e del meno, masticando lentamente la pizza per assaporarne al meglio il gusto e la croccantezza.

Entrambi sapevano che, però, sarebbero arrivati al discorso attorno al quale stavano girando da quando si erano seduti.
Fu Jasmine ad intavolarlo «Quindi, questo è il tuo ultimo anno a scuola» disse, sollevando un sopracciglio e guardandolo negli occhi.
Lui alzò lo sguardo «Già», rispose mentre mordicchiava un pezzo di crosta bruciacchiato.
«E poi?»
Alec non aveva voglia di parlarne, ma sapeva che l'amica aveva bisogno di sapere «Non so. Ho sempre pensato che una volta all'ultimo anno la risposta sarebbe arrivata da sola. Ma...sono qui, e ancora non so che fare. Dovrei proseguire? Andare a lavorare? Restare a casa e dormire?» domandò.
Lei si mise a giocare con una ciocca castana che era rimasta fuori dallo chignon improvvisato «Non saprei, ma se tu smettessi sarebbe uno spreco. Non sei il primo della classe, ma hai una buona media, potresti addirittura ricevere una borsa di studio.
Poi ti ho sempre visto bene nei panni dello studente universitario, con una stanza tutta tua, incasinata e con tutti i vestiti sporchi ammassati in un angolo in attesa che si lavino da soli» affermò sorridendo, sciogliendo un po' la tensione che si era creata.
Poi riprese a guardarlo negli occhi, e si stupì ancora una volta della loro intensità. Erano di un castano molto scuro, ma sembrava che ci fossero dei disegni, quasi fossero stati dipinti da una mano esperta «Alec, so benissimo che sei preoccupato per Ella. Ma si troverà una soluzione, non puoi rinunciare al tuo futuro per questo motivo!».
Anche lui tornò serio «Lo so, ma che altro potrei fare? Abbandonarla? Mia madre lavora sempre, e mio padre non sa nemmeno prendersi cura di sé stesso, figuriamoci di mia sorella».
Lei si sforzò di non alzare la voce, anche se era complicato, perché la faccenda le stava molto a cuore «Non sei tu il genitore!
Tua madre...dovrebbe essere lei a fare qualcosa, tu hai diciassette anni, diciassette! Come può pretendere che tu butti via la tua adolescenza solo perché tuo padre...tuo padre» si interruppe «lui non ha colpa se sta così male, lo so, ed è chiaro che nemmeno tua madre sia in piena forma, ma a te chi ci pensa? Non è giusto che tu ti prenda tutta queste responsabilità».

Lui rifletté su quelle parole.
Aveva pensato a quella decisione per moltissimo tempo, e aveva concluso che fosse quella giusta.
Sì, forse avrebbe compromesso la sua carriera scolastica, ma c'erano ancora delle possibilità.
Chissà, magari in un anno si sarebbe risolto tutto e lui avrebbe saputo cosa fare, avrebbe avuto le idee chiare e si sarebbe iscritto ad un'università.
Oppure avrebbe anche potuto prendersi un anno sabbatico, se fosse stato necessario.
E, in ogni caso, la famiglia veniva prima dell'istruzione, no?

«Jas, le cose andranno come devono andare. Se non andrò all'università sarà perché è così che deve andare» rispose pacato, senza ombra di esitazione.
Anche se in realtà i dubbi ce li aveva eccome, e forse con quella frase avrebbe dovuto convincere più se stesso che Jasmine.
«Se è questo ciò che vuoi» mugolò lei con aria rassegnata «ma ricordati che, se dovessi cambiare idea, io sono qui» aggiunse, appoggiando la sua mano su quella del ragazzo e sorridendogli.
Lui le sorrise di ricambio, e le strinse la mano in un gesto di gratitudine.
La sua mano era tiepida e gli trasmetteva sicurezza, e lui ne fu sollevato.

«Quindi...desidera un dolce?» chiese lui alla fine, fingendosi un galantuomo e aggiungendo un "mademoiselle" alla fine della frase.
Lei rise «Che ne dici di un milkshake?».
«Da Jazzy's?» dal suo viso scomparve l'aria seria e i suoi occhi si illuminarono, facendo ricordare a Jasmine il bambino che aveva conosciuto in seconda elementare.
Lei annuì e i due si diressero alla cassa.

Si sedettero sotto la veranda esterna, ad un tavolino di legno dipinto con una vernice azzurra, ormai scrostata ma ancora vivace, e dopo poco furono raggiunti da un cameriere.
Era alto e giovane, e aveva un'aria molto gentile.
Alec ordinò un milkshake al cioccolato e menta con panna, mette lei optò per un gusto più classico, la vaniglia.
I bicchieri arrivarono nel corso di qualche minuto, e Alec tirò fuori dalla tasca sinistra dei pantaloni una banconota, insistendo per pagare lui il conto «In fondo non mi hai permesso di pagarti la cena» constatò.
Lei sbuffò e lo guardò mentre porgeva i soldi al cameriere, facendogli segno di tenersi il resto.
Il giovane si dileguò mormorando un "grazie" e loro rimasero soli con i loro milkshake.
Per un po' si persero a guardare le macchine che passavano.
Scorrevano veloci, e sembrava quasi incredibile che ciascuna appartenesse a una persona diversa e avesse una sua storia.
Era strano pensare a come persone diverse, che fossero giovani, anziane, uomini o donne, si trovassero proprio lì, proprio in quel momento per pura casualità.

Era scesa l'oscurità e sulla strada c'era giusto qualche palo per la luce, mentre la veranda era addobbata con delle lucine colorate che facevano molto stile campeggio, ma che creavano la giusta atmosfera e facevano una luce piacevole, non troppo forte ma nemmeno troppo fioca.
C'era un silenzio rilassante, se non per lo sfrecciare delle automobili e il chiacchiericcio di un gruppo di ragazzi seduti in fondo alla veranda a destra.
Nessuno dei due però sentiva il bisogno di riempire il silenzio, e andava bene così.
A volte si capisce che si può star bene con una persona proprio perché ci si può stare in silenzio senza cadere nell'imbarazzo.

Quando i due ebbero finito di bere si incamminarono verso casa.
La casa di Alec era più vicina, ma lui allungò la strada per accompagnare lei davanti al suo palazzo.
«Grazie per la bella serata, Jas» sussurrò tra le sue braccia, odorando ancora una volta il suo dolce profumo.
«Grazie a te per avermi riaccompagnata...e per il milkshake».
Si staccarono dall'abbraccio e lei superò il cancellino all'ingresso del cortile, per poi girarsi un'ultima volta per sventolare la mano in sua direzione e mimare un "ci sentiamo".
Lui le sorrise, poi si girò e torno a casa, stanco ma felice.
Jasmine gli era mancata.

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