Capitolo 27

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Capitolo 27

Taehyung

La notizia formale della caduta delle accuse contro Jungkook arrivò una settimana dopo, proprio in coincidenza con il suo secondo appuntamento dalla dottoressa Lee. A malincuore quella mattina, prima di salutarci, avevo dovuto dirgli che non avrei potuto accompagnarlo, guadagnandomi in cambio una risata divertita.

«Non devi accompagnarmi ad ogni appuntamento» aveva detto col sorriso sul volto, poggiato contro la fiancata della mia auto con in mano il suo casco da motociclista.

«Lo so» gli avevo risposto. «Ma voglio.»

Il suo sorriso a quel punto aveva lasciato posto ad un'espressione leggermente più seria.

«E' un percorso che devo fare da solo» aveva cercato di spiegarmi. «E per quanto ami vedere il tuo bel viso, non voglio dipendere solo ed esclusivamente dalla tua presenza.»

Percependo la mia confusione, aveva poggiato il casco sulla sua moto, pendente, ed era accorso ad abbracciarmi, circondandomi il collo con le braccia.

«Puoi accompagnarmi ogni volta che vuoi, ne sarei più che felice, ma non deve essere un obbligo per te e non deve essere una sicurezza per me. Devo poter riuscire a rimanere da solo e decomprimere, elaborare i pensieri, prima di poggiarmi a qualcuno, a te o la mia famiglia o i miei amici...» mi aveva guardato dritto negli occhi. «Per troppo tempo mi sono tenuto tutto dentro, poi ho fatto affidamento su di te...ora voglio essere in grado di fare affidamento anche su me stesso, pur partendo da queste cose banali.»

In un attimo avevo compreso il suo punto di vista e mi ero premurato di rassicurarlo, di dirgli che aveva pienamente ragione e avrei rispettato i suoi spazi. Lui si era battuto nell'assicurarmi, invece, che ciò non voleva dire che non mi voleva con sé, e ad ogni seduta sarebbe tornato a casa per piangere sulla mia spalla dopo aver fatto i conti con se stesso. Lo avevo tenuto stretto a me per molto più tempo del necessario e, dopo averlo salutato con un bacio, mi ero recato nel luogo dove prima o poi sarei dovuto andare.

La sera prima mi era arrivata la notifica delle formalità da parte delle autorità, Jungkook era ufficialmente libero – come gli avevo subito comunicato – ed ora, finalmente, mi aspettava la parte più facile: dimettermi.

Il tragitto casa-studio era stato quasi surreale, intriso di pensieri che riguardavano il mio recente passato, quello in cui l'unica cosa importante per me era stata la carriera, la mia posizione da socio senior, tutto ciò che credevo potesse interessarmi. Poi tutto era cambiato e nel percorso avevo riscoperto molte cose: la mia famiglia, i miei veri ideali, l'amore, me stesso.

Non avevo più dubbi in merito.

La mia routine era stata la stessa di sempre, ero salito salutando Sooyun, avevo bussato alle porte di Jin e Namjoon per comunicargli che era arrivato il momento, mi ero seduto sulla sedia in pelle del mio ufficio guardandomi intorno come si fa come qualcosa che guardi per l'ultima volta. Non avevo provato nostalgia, né pentimento, avevo solo permesso a me stesso di sorridere leggermente per tutto ciò che lì dentro era avvenuto in quegli ultimi mesi: la presa in carico del caso, la sciocca sensazione di essere finalmente arrivato al top, l'appuntamento col signor Jeon, la prima volta che Jungkook ci aveva messo piede – costretto ad accettare il mio aiuto – , quando si era fiondato dentro dopo aver saputo della mia aggressione – preoccupato –, i milkshake che mi erano arrivati da parte sua con i bigliettini, le ultime volte mentre ci preparavamo per l'interrogatorio e tra una domanda e una rassicurazione ci eravamo presi per mano, abbracciati, baciati. Sembrava tutto lontanissimo e invece ad essere cambiata era solo la mia percezione, ero io.

Until you found me || TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora