ρяσℓσgσ - ρяιмα

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Il concerto di una bassista fallita, motivo per cui nessuno era andato a sentirla suonare, era appena terminato.

La musicista in questione aveva i capelli castani lunghi fino alle spalle, gli occhi verdi e la voglia di vivere di uno dei tavolini del bar al quale non era seduto nessuno, era alta almeno due metri e come al solito indossava una giacca di pelle nera, una maglietta bianca e dei pantaloni del colore della giacca.

Porca miseria, se faceva schifo!

Questa era l'opinione che la totalità dei vicentini condivideva su di lei, fatta eccezione per quei poveri cristi che, come me, ritenevano che avesse davvero del talento, e che, se solo avesse conosciuto le persone giuste, sarebbe riuscita a sfondare nel settore della musica.

Infatti, dopo il concerto, io e i miei amici ci trovammo seduti a un tavolino con lei a farle delle domande, di fronte a uno Spritz, da bravi veneti.

In particolar modo, mi colpì una domanda posta dal mio amico, Giovanni, e la risposta che la musicista gli diede.

«Secondo te, Clover, perché ultimamente le band emergenti si lamentano della mancanza di bassisti?»

A quel punto, lei scoppiò a ridere, e un attimo dopo si fece seria. «Senti, Vanni, è inutile che venite a piangere da me quando, se qualcuno mi vede camminare con la custodia del basso in spalla, la prima reazione di quellx ingratx è: "Ma ChE bElLo, SuOnI lA cHiTaRrA eLeTtRiCa?" Non dovete lamentarvi, poi, zio can! La gente è ignorante al giorno d'oggi!»

Vanni non riuscì a comprendere il motivo di tale reazione da parte della bassista, così rise, borbottò un «Ostrega, sì!» e mandò giù un sorso dello Spritz, il quale riempiva il bicchiere del ragazzo.

Clover sorrise.

«Guarda che l'ho capito che non hai capito» dichiarò, sempre in direzione del mio amico, il quale alzò un sopracciglio, evidentemente più confuso di quanto non lo fosse già prima.

Tu guardalo, questo, si sveglia solo quando vede una bella ragazza passargli davanti: lì capisce tutto, ma, se questa "presenza divina" non c'è, è come se stesse dormendo in piedi, vivendo ma non perché respira.

Giovanni e io non eravamo propriamente amici, in realtà, perché io odiavo il suo carattere e le cose che gli interessavano, mentre lui sopportava appena il fatto che io fossi accanto a lui in quel momento, quindi potrete ben immaginare le discussioni che facevamo, verbalmente e nelle chat.

Però, nonostante ciò, gli volevo bene.

Carlo, il mio migliore amico, era seduto di fianco a me e stava leggendo le notizie dal server della Connection, l'ente che gestiva tutto quanto: economia, lavoro, turismo, commercio... insomma, il controllo ce l'avevano loro, e non si sapeva nemmeno chi fossero questi "loro".

L'unica cosa certa era che dovevamo fidarci, e che era tutto sotto controllo: avremmo dovuto continuare a vivere la nostra vita, perché avrebbero pensato "loro" ad ogni cosa.

«Che si dice in giro?» chiesi, senza invece sbirciare lo schermo del cellulare del mio amico, perché ero consapevole del fatto che odiava quando le persone facevano così.

«Che oggi si sono verificati dei tumulti davanti alla sede centrale della Connection... continuo a non capire perché la gente protesta quando non c'è motivo di farlo» spiegò il ragazzo, che parlava e faceva scorrere gli occhi sullo schermo in contemporanea.

«Già, onestamente nemmeno io capisco perché» dissi, mentre mi rimettevo a posto gli occhiali, a rischio di caduta.

Magari fosse stato davvero così.
Io sapevo benissimo cosa facevano lì dentro.

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