9. Do you think i'm scary?

44 8 17
                                    


"Si erano dichiarati guerra
mentre con gli occhi
facevano l'amore"
Charles Bukowski

Età: 15 anni

Dopo scuola decidiamo di andare a pranzare in un bar.
Scrissi velocemente a mia madre per avvertirla e raggiunsi le mie amiche, mi stavano aspettando sul marciapiede.
Impiegammo circa una trentina di minuti per arrivare, Adeline chiese se fosse disponibile un tavolo e il cameriere ci fece accomodare.
Mi sedetti vicino alla finestra, dietro di me c'era una pianta che creava ombra, Adeline si mise alla mia sinistra e Whitney di fronte a me.
I nostri zaini giacevano per terra, erano stati fastidiosi durante il tragitto.
«Cosa prendete?» Domandò Adeline con il menù a coprirle fino al mento.
Presi il mio e lessi tutti i nomi dei piatti, lo stomaco brontolava per la fame e vedere quelle foto mi fece mordere il labbro.
Ormai grazie a loro non avevo più problemi con il cibo, ciò significa che non sarei corsa in bagno a vomitare un piatto di pasta o un panino.
«Io un insalata» Riposte Whitney, richiudendo il menù.
Indecisa, decisi di chiudere gli occhi e puntare il dito in mezzo al foglio.
«Io...» Scorsi ciò che avevo scelto e rimasi sorpresa «Risotto al mirtillo» Se fossi stata cosciente, probabilmente non avrei mai ordinato una cosa del genere, però avvertivo il brivido di provare qualcosa di nuovo.
«Tu?» Mi girai verso Adeline.
«Pasta con zucchine e gamberi» Era il suo piatto preferito.
La prima volta che lo aveva mangiato eravamo insieme, avevamo cinque anni e le brillavano le iridi mentre lo assaporava, imprimendosi il gusto nella memoria.
Comunicammo i nostri ordini al cameriere, il quale lo segnò sul taccuino e prima di andare mi lanciò un'occhiata che non seppi decifrare.
«Magari gli piaci» Mi fece l'occhiolino Whitney, notando ero rimasta rigida e stranita.
A quell'ipotesi le scoppiai a riderle in faccia, seriamente divertita per il suo pensiero.
Possibile non capissero che i ragazzi preferivano altri tipi di ragazze e che io non rientravo nei canoni?
«E perché mai?» Alzai gli occhi al cielo e cercai di darmi una calmata, sistemai una ciocca dietro l'orecchio e attesi riprendesse a parlare.
«Sei una bella ragazza, sia fisicamente che caratterialmente» Poche volte Whitney faceva complimenti ma, quando accadeva, riusciva sempre a lasciarmi senza parole.
Non sapendo come ribattere, mi voltai verso Adeline e la scorsi intenta a messaggiare con qualcuno.
«Chi ti scrive?» Allungai il collo scherzosa.
Allontanò il telefono nella direzione opposta, al che la rossa colse l'occasione e glielo sfilò dalle mani, sorridendo.
«Ridammelo!» Adeline tentò di riprenderselo ma invano, dato che il tavolo le ostacolava i movimenti.
«Chi è Ethan Wide?» Whitney lesse il nome ad alta voce, io sgranai lo sguardo e lo alternai da lei alla mora colta in fragrante.
Adeline poggiò i gomiti sulla superficie legnosa, abbassò le palpebre e si massaggiò le tempie stremata, dopodiché sbuffò e cercò le parole adatte per darci una spiegazione.
«Un ragazzo della nostra scuola, è un anno più grande» Spiegò e approfittò della distrazione di Whitney per acchiappare il suo cellulare, lo strinse al petto e la fulmimò con un'occhiataccia.
Per poco la mascella non mi cadde a terra per lo stupore, la ragazza di fronte a me aveva un'espressione quasi indifferente, eppure capii stesse trattenendo le sue emozioni.
Non ero mai stata in grado di farlo, tutti potevamo scorgere ogni mio sentimento solo tramite uno studio approfondito alle mie iridi chiare; talvolta questa era una fortuna come una disgrazia, avrei voluto imparare a celare ciò che mi distuggeva lentamente da dentro e al tempo stesso riversare gli altri con la mia gioia, senza curarmi se fossi invadente o meno.
«Da quanto vi scrivete?» Domandai, sporgendomi verso la sua figura.
Adeline contò sulle dita quelli che supposi fossero giorni, invece mi stupii della sua riposta.
«Due, forse tre mesi?» Arriccciò le labbra per concentrarsi ma quando comprese non se lo ricordasse, fece un gesto sbrigativo con la mano come se la questione non fosse importante.
«E non c'è lo hai detto per tutto questo tempo!» Urlai e sbattei le mani sul tavolo, tant'è che alcune persone ci fissarono confuse e io mi feci piccola sulla sedia, con l'imbarazzo crescente e lo sgaurdo di tutti puntano su di noi.
Detestavo stare al centro dell'attenzione, percepire quelle pupille intente a scrutarmi per trovare un difetto o per giudicarmi, mi faceva sentire spoglia delle mie difese e a loro disposizione.
«Shh, abbassa la voce!» Si portò un dito davanti alla bocca per intimarmi di fare silenzio.
Imitai la mossa di serrarmi le labbra e la osservai intensamente, comunicandole con gli occhi ciò che non avrei detto a parole.
«Non ve l'ho detto perché non pensavo questa situazione sarebbe durata così tanto. Volevo informarvi oggi ma in maniera un po' diversa» Rivolse un'occhiata di sbieco a Whitney, la quale le fece la linguaccia e si prese gioco di lei.
«Ti piace?» Era la domanda che volevo farle da quando il nome di quel ragazzo era diventato il centro della nostra conversazione.
Adeline ci riflettè per un po', giusto il tempo che il cameriere tornò con i nostri piatti e ce li  porse; stavolta il suo sguardo si posò su Whitney.
La mora prese una forchetta e provò a prendere dei pezzi di pasta ma la sua mente era altrove, in un luogo accessibile solo a lei.
Assaggiai il mio risotto, era viola e con due mirtilli posti per decorazione, il sapore sulla lingua non era male, aveva un retrogusto acerbo ma con del formaggio e del pepe esso scompariva.
«Non lo so...» Disse in un rantolo, poi finalmente mise un gamberetto in bocca e mugolò di gradimento.
«Focalizzati sulle cose che vorresti o che ti piacerebbero in un ragazzo, poi confrontale con Ethan e così saprai se continuare a scrivergli oppure lasciar perdere» Whitney le mise una mano sulla sua e ne accarezzò il dorso, confortandola con un tono dolce ma conciso.
Rimasi a bocca aperta per il suo consiglio e, seppur non fosse per me, era come se fosse rivolto alla Charlotte intimidita dallo scorrere del tempo.
Faccio come dice e mi focalizzo sul mio futuro, immagiandomi passeggiare su una stradina smarrita, circondata dal nulla.
Ho perennemente proiettato nella mia testa l'idea che sarei stata raggiunta da Adeline, infatti mi affianca e cammina alla mia sinistra.
Sono sicura ci sarà sempre, è una costante che non voglio e non posso abbandonare, poiché ormai è parte fondamentale della mia anima.
Lei è simile a una sorella perduta, separate dalla nascita perché il mondo aveva scelto per noi, eppure ci eravamo ritrovate e assieme ci eravamo plasmate, rendendoci un unico cuore.
Però in quel sentiero vedo qualcun altro, una figura dapprima sfocata e poi nitida man mano che si avvicina. Ha una chioma più ramata che rossa.
Whitney si posiziona sull'altro lato, mi sorride e tutte e tre ci prendiamo per mano.
Ed è in quel momento che comprendo di volerla nella mia vita non solo fino al diploma, ma anche oltre.
Proprio con Adeline, pure lei ora è una costante, una ragazza con cui non avrei mai pensato di far amicizia e invece in un anno era riuscita a conquistare la mia fiducia e accudirla dolcemente.
Il mio istinto si era affidato alle sue indicazioni, con una benda che non sapeva di avere e inconscio di star percorrendo il confine tra la terra ferma e il vuoto al di là della scogliera.
Ma finché non sarebbe caduto, avrebbe continuato a seguire quella cantilena magnetica.
Passammo un'oretta per pranzare, quando giunse il momento di pagare decisi di offrire io e, dopo un dibattito accesso per questa ragione, vinsi e mi diressi alla cassa.
Davanti a me c'era una coppia di anziani sposati, lo intuì sia perché si diedero un bacio e per la fede che non passava inosservata.
Mi persi nel guardarli, domandandomi quanti ostacoli e complicazioni avessero dovuto affrontare per essere qui oggi, innamorati più che mai.
Era quello l'amore, le continue lotte per ottenere un briciolo di tranquillità in mezzo al casino, perché quella tranquillità poteva fornirtela solo la persone che custodiva il pezzo mancante del tuo cuore.
«Signorina?» Qualcuno mi richiamò e io mi ridestai dai miei pensieri, alle volte mi estraniavano tanto da dimenticarmi dove fossi o cosa mi circondasse.
Mi avvicinai e riconobbi il cassiere, era il cameriere che ci aveva servito.
Pure lui parve ricordarsi di me, lo intuì perché sul suo viso si dipinse un sorriso accennato.
Gli pagai il conto e, prima che me ne andassi, fece il giro del bancone e mi picchiettò la spalla.
Mi voltai e attesi parlasse, lo fissai sperando si sbrigasse dato che dovevo rincasare e terminare un sacco di compiti.
«Senti prima ti ho vista in compagnia con delle tue amiche e, non fraintendermi siete tutte molto carine, ma volevo chiederti...» Si grattò il ciuffo scuro e i suoi zigomi si tinsero di un rosso scarlatto.
Oh mio Dio, non voleva forse domandarmi...
Oh. Mio. Dio.
E se Whitney avesse ragione?
E se veramente la sua occhiata fosse stata per interesse?
Magari anch'io potevo avere una possibilità con dei ragazzi molto più belli e interessanti di me, forse tutti erano destinati a provare emozioni simili e magari non sarei rimasta sola come ho sempre sostenuto.
Forse...
«... la ragazza con i capelli rossi è fidanzata? È molto bella e vorrei uscirci» Si morse un labbro e si concentrò su qualcosa alle mie spalle, un punto in cui sapevo ci fosse il motivo del perché mi avesse trattenuta.
E fu allora che le mie certezze crollarono, un macigno si posò sul mio petto ed era come se qualcuno mi avesse dato uno schiaffo sulla guancia.
Era doloroso non tanto per il gesto, quanto per il suo significato.
A lui interessava Whitney, il suo sguardo si era acceso quando si era posato sulla sua pelle chiara e sugli occhi profondi.
E se non le fosse piaciuta lei allora sarebbe stato il turno di Adeline, lo avrebbe ammaliato con le sue iridi azzurre o il fisico da sogno.
Io sarei costantemente stata l'ultima scelta, quella che non è nemmeno in cima alle tue priorità o che non viene neanche contemplata.
Sarei stata la ragazza a cui a malapena si concede una sbirciata, poiché non abbastanza bella o con un motivo per il quale vale la pena combattere, sforzarsi per farsi ricambiare un'occhiata.
Sarei stata quella a cui ti limiti a fare compimenti senza emozione, talmente superficiali che non giungono alle orecchie, solo per il gusto di metterle in testa che potrebbe venir apprezzata da te.
Sarei stata quella di cui non ci si accorge della presenza, che rimane oscurata dall'ombra altrui e che non riesce a farsi notare in mezzo a quel buio, pur se brillassi ci sarebbe una luce più abbagliante della mia.
Non avevo nulla di eccentrico, nulla che mi differenziasse dalle altre, che mi desse un valore.
Io non avevo valore, nessuno mi avrebbe mai scelto in mezzo ad altre ragazze, poiché non si sarebbe neppure accorto di me.
«Non ha un ragazzo, le dirò però che vorresti rivederla» Dissi con un timbro esausto. E lo avrei fatto davvero, perché la mia sofferenza non avrebbe ostacolato la felicità di una mia amica.
Ero stanca di provare quei sentimenti deleteri, stanca di emettere sospiri ogni volta che mi fermavo a riflettere su qualcosa di doloroso ed ero stanca quando mi sentivo impotente, specie per situazioni che mi ferivano.
«Um... grazie mille» Mi fece l'occhiolino e poi se ne andò, e con lui anche parte del mio malumore.
Stetti ancora ferma per qualche istante, dopodiché mi sistemai lo zaino sulle spalle e mi girai per raggiungere le mie amiche, le quali mi stavano aspettando con un cipiglio spazientito.
Sarei tornata a casa e avrei svolto ciò che mi ero prefissata.
Per alleviare un po' del mio tormento e pena, avrei svolto una serie in più di esercizi.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 13 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Red threadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora