Scusate se mi intrometto ancora una volta ma mi sembra doveroso mettere un trigger warning, come potete avere capito questo libro non parla solo d'amore, (ci arriveremo...) ma parla di una consapevolezza nel dover conoscere se stessi e affrontare i propri problemi, di qualsiasi tipo.
Questo capitolo si concentrerà molto sul lato umano, sulle sensazioni, angoscia, ansia, e sangue. Lo dico prima in caso qualcuno non possano piacere queste tematiche!
---Il giorno seguente Daniele si trovava in salotto, seduto accanto a suo padre a guardare la Formula 1. Era una domenica come tante altre, segnata da un silenzio opprimente. Suo padre seguiva la gara con lo sguardo fisso sulla TV, mentre sua madre, impegnata a stirare, faceva loro compagnia senza dire una parola. La finestra aperta lasciava entrare i suoni del vicinato: i bambini che giocavano per strada, il cinguettio degli uccellini. Ma tutto sembrava distante, ovattato, come se appartenesse a un'altra realtà. Nessuno dei suoi familiari osava interrompere quella quiete con una parola e ogni secondo che passava in quel silenzio asfissiante, gravava sul petto di Daniele come un macigno.
Per Daniele quella situazione era straziante. Sentiva che i suoi genitori, pur essendo fisicamente presenti, era lontani anni luce da lui. Era come se un muro invisibile li separasse, rendendo ogni tentativo di comunicazione un fallimento inevitabile. Provava a creare un legame, ma falliva ogni volta e con ogni fallimento cresceva in lui la sensazione di essere solo, completamente solo.
Navigava senza scopo sul suo cellulare, passando da un'applicazione all'altra senza che nulla riuscisse a catturare veramente la sua attenzione. Alla TV i giri di pista erano ormai una trentina ne mancavano dieci alla fine.
All'improvviso la voce di suo padre ruppe il silenzio, fredda e inattesa come un colpo di pistola in una stanza buia. "Hai vinto ieri?" Chiese, con una curiosità che sembrava forzata, quasi meccanica. Era un evento raro, forse unico. Daniele non ricordava l'ultima volta che suo padre gli avesse rivolto una domanda con un minimo di interesse. Forse non si ricordava neanche l'ultima volta che il genitore gli avesse posto una domanda.La sera prima era troppo scosso per parlare con i genitori. Dopo la partita aveva preso l'autobus con gli altri, scendendo alla sua fermata come un automa. Era tornato a casa percorrendo la viuzza che ormai conosceva a memoria. Quando aprì la porta fu accolto dal solito silenzio assordante, il segno inequivocabile che i suoi genitori non erano ancora tornati. Si era fatto una doccia cercando di lavare via la stanchezza e la delusione, ma alla fine si era lasciato cadere sul letto, piangendo fino ad addormentarsi. Non si aspettava che suo padre si ricordasse della partita, non credeva neanche che sua madre gli avesse parlato di lui. Era esterrefatto, colto di sorpresa da quel flebile tentativo di interesse.
Daniele distolse lo sguardo dalla TV per guardare suo padre. Spense il cellulare e sospirò leggermente. Poi con voce piatta rispose, tornando subito a concentrarsi sulla gara. "Sì, abbiamo vinto, ma solo a tavolino. Si sono ritirati." Quelle parole gli uscivano dalla bocca come un veleno, ogni sillaba era un colpo al cuore. Dirle ad alta voce era come rivivere l'umiliazione, come guardare il proprio personaggio preferito morire in un film o in una serie TV, senza poter fare nulla per impedirlo.Per i suoi genitori, vincere in quel modo era un fallimento; la consapevolezza che la vittoria fosse arrivata solo per il ritiro degli avversari rendeva il tutto ancora più amaro. Sentiva gli occhi pizzicare, il cuore battere all'impazzata. Un nodo gli serrava la gola.
"Ah," fu l'unica risposta che diede suo padre, che tornò subito a seguire la gara senza aggiungere altro. Di nuovo quel silenzio assordante che cadde nella stanza, un silenzio così denso da soffocare, da far girare la testa. Sua madre continuava a stirare, senza sollevare lo sguardo, senza mostrare alcun segno di aver udito la conversazione. Gli uccellini avevano smesso di cinguettare, i bambini di schiamazzare. Sembrava che il mondo intero avesse trattenuto il respiro in attesa di qualcosa che non sarebbe mai arrivato.
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E tu sei lontano, lontano da me
RomanceForse, alla fine della storia, la felicità non la conosce nessuno. Forse, alla fine della storia, noi stessi siamo la nostra felicità. Forse, alla fine della storia... Avere diciassette anni ed essere in pace con il mondo, con una ragazza, una car...