Solo quando vide il sangue il ragazzo iniziò a connettere davvero.
Allungò la mano verso una salvietta, ma si rese conto che il plasma fuoriuscente dal suo naso si sarebbe impregnato nella stoffa e sua madre avrebbe fatto domande, così, tappando con un dito la narice, prese svariati pezzi di carta igienica.
Si ricordò una specie di incontro riguardo la droga e il fumo avvenuto circa due anni prima nella sua scuola di Boston, avevano spiegato tutti gli effetti della droga, ciò che causava, l'indipendenza e anche cosa succedeva al corpo la prima volta, o le poche volte, che si assumeva droga.
Sonno e sangue.
Louis si ricordava solo quei due, ma sapeva per certo che ve n'erano altri, si ricordava solo il sonno e il sangue perché li stava vivendo in quel momento.
Non appena mise piede in casa fu come se l'effetto e la ridarola fossero scomparse da un momento all'altro, lasciandogli solo un sonno assurdo, la classica fame chimica e un rivolo di sangue che colava dal suo naso.
A passo pesante fece le scale e raggiunse il bagno, si spogliò dei calzoni e della maglietta, notando però che puzzavano di marijuana pensò di portarli in camera, successivamente aprì il lavandino e iniziò a soffiarsi il naso.
Il sangue non aveva la minima intenzione di fermarsi e Louis fu colto da una cieca paura, ma poi si ricordò le mani di sua madre. Una volta, quando era piccolo ed era rimasto troppo tempo sotto il sole cocente, del sangue aveva iniziato a scendergli dal naso e impaurito era corso in casa. Sua madre l'aveva condotto in bagno e tranquillamente gli aveva messo i polsi sotto l'acqua ghiacciata, bagnandogli anche dietro il collo e la fronte.
Louis rimase circa cinque minuti con i polsi sotto l'acqua, fino a che sentì le membra intorpidirsi e vide la pelle sotto le unghie pitturarsi di un blu chiaro.
Chiuse l'acqua e si soffio il naso, non uscì nulla.
Tirando un sospiro di sollievo, andò in camera e si infilò una maglietta a maniche corte, poi dopo aver divorato una fetta di torta, andò nella stanza di sua sorella.
La luce era ancora accesa e il libro appoggiato sul letto, aperto. Louis sorrise e prese il libro, lasciò un segno ripiegando la pagina e dopo aver spento la luce si mise nel letto.
Le braccia di Evelyn lasciarono il suo peluche, per andarsi ad attorcigliare al corpo di Louis, il ragazzo accolse quel calore come una medicina.
La rabbia che aveva provato poco prima nel bagno per non riuscire a fermare il sangue, scomparve d'un colpo sentendo il lieve calore che sua sorella poteva donargli.
Chiuse gli occhi, ma nonostante il sonno, non riuscì ad addormentarsi. La sua mente era dominata dalle immagini della serata.
Il discorso che aveva avuto con Maxie mentre era fatto era ancora impresso nella sua testa, si rese conto di quanto loro due potessero essere simili. Entrambi avevano i loro demoni, Louis supponeva che i demoni del suo vicino di banco fossero soprattutto dipesi dal suo passato, specialmente dal divorzio dei suoi.
Louis invece, per quanto riguardava i suoi demoni, non aveva la minima idea da dove potessero provenire, non aveva memoria di quando fossero cominciati. Sapeva solamente che il modo per placarli era un abbraccio di sua sorella oppure una sigaretta, si chiese se quei demoni non fossero l'immagine di se stesso.
Se lui stesso non fosse un demone, in fondo, era da sempre incazzato per una cosa o l'altra, cos'aveva fatto di buono per meritarsi un posto negli angeli? Assolutamente niente.
Quelle voci, si convinse, non erano nient'altro che l'ombra di se stesso, l'ombra del suo passato, del suo presente e molto probabilmente del suo futuro.
Avrebbe dovuto conviverci per il resto della sua vita, tanto ormai all'inferno ci doveva andare per forza.
I suoi pensieri lasciarono per un momento i demoni e si concentrarono su una chioma bionda e un paio di occhi azzurri.
Rylee.
Louis si immaginò il suo viso e si accorse che assomigliava lontanamente a Rion, si chiese se Maxie non gli avesse detto una cazzata; certo, le due ragazze si assomigliavano, ma avevano i lineamenti molto differenti: le guance di Rion erano scavate, quelle di Rylee paffute, una aveva gli occhi azzurri e l'altra verdi, erano una mora e una bionda. L'unica cosa che avevano in comune era l'aspetto fisico, ma era comunque un fisico che avevano molte ragazze.
Nonostante ciò Louis sapeva che tra di loro c'era una sorta di legame, qualcosa le accumunava, ma non riusciva a capire che cosa.
Forse era quel legame tra gemelli che tanto si diceva avessero.
Riguardo quel legame, però, non riuscì a trovare niente, perché pure i caratteri erano differenti. Rylee era semplice, simpatica e un po' superficiale. Rion invece era chiusa, schietta, ombrosa, invisibile.
Si domandò come due persone così diverse potessero essere sorelle, per lo più gemelle.
Il castano si ricordò che aveva detto a Rylee che avrebbe voluto conoscere sua sorella, avrebbe dovuto sistemare anche quel fatto.
Pensò a varie scuse da rigettare alla ragazza, con la conclusione che non ce n'era nemmeno una, a parte il fatto di dire che stesse delirando e avesse sparato una cazzata.
Louis conosceva il detto 'in vino veritas' e sperò che non valesse anche per la marijuana, altrimenti sarebbe stato fottuto.
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Mission || l.t
أدب الهواة«Sono uscita.» rispose accarezzandogli i capelli. «Per fare cosa?» domandò e aprì finalmente gli occhi. «Per salvarti.» sussurrò Rion, ma era certa che il fratello l'avesse sentita e come sempre non aveva detto niente, così gli lasciò un bacio sull...