«Non sono riuscito a dormire per tutta la notte. Ho chiamato un mio collega che vive in Australia per confrontarmi con lui e Cristo Santo, nemmeno lui ha mai sentito parlare di un caso simile. Sei sicura che si tratti proprio di IPF? Perché non è possibile che una ragazza così giovane…» Lascio la frase in sospeso perché non riesco a crederci. In tutta la mia carriera non ho mai avuto a che fare con un caso simile.
«Purtroppo sì, Marcus. Si tratta del secondo caso nel mondo, è una forma ancora più rara della fibrosi polmonare idiopatica».
«Ma ieri sera, una crisi di tale intensità, si risconta solo in pazienti a un grave stadio della malattia». Le faccio notare, anche se sono sicuro che lei lo sappia meglio di me e infatti Jess abbassa lo sguardo, mentre gioca con una matita che ha tirato fuori dal portapenne che sta sulla mia scrivania, per tenere occupate le mani.
«Lo so e lo sa pure lei», dichiara.
«Non è possibile, Jess, non si sta sottoponendo alla cura che rallenta il processo degenerativo?» Le domando speranzoso di saperne più. È tutta la notte che ci penso, non sono riuscito a chiudere occhio, è troppo giovane per una malattia del genere. «Quando… quand’è stata diagnosticata la malattia?»
«Cinque anni fa. Un anno dopo la morte di suo padre».
«Cosa?» Mi alzo dalla poltrona sconvolto e la sovrasto con il mio metro e novanta, puntando il mio sguardo col suo come se fosse la lancia di un soldato romano. «Cinque anni fa aveva solo quattordici anni, è scientificamente impossibile, c’è qualcosa che non torna. Sicuri che abbia fatto i controlli giusti?»
«Sì, Marcus. Io e Lena ci conosciamo dai tempi della scuola, ero con lei la prima volta che si è sentita male dopo l’ora di palestra. Avevamo finito un esercizio semplice, adesso non ricordo se si trattava di corsa o del tiro con la fune, ricordo solo che ha iniziato ad ansimare e poi si è accasciata a terra. La preside ha chiamato sua madre e da lì è iniziato il suo calvario».
Dicono che col tempo ci si abitui a tutto, beh, io non mi sono ancora abituato all’idea di veder morire le persone. Il nostro lavoro consiste nel dare nuove possibilità, di aiutare chi sta male a trovare una cura, affinché la loro vita migliori, ma ci sono casi in cui non possiamo fare nulla. Ci sono nemici troppo difficili da sconfiggere e per quanto ci proviamo, i nostri sforzi risultano vani. Tutti dobbiamo morire, nessuno di noi sa quando o come, però… così non è giusto…
«È troppo giovane, cazzo. Come puoi dire a una ragazza di diciannove anni, che molto probabilmente…»
«Oh, ma lei lo sa già», mi interrompe tranquillamente, «e la cosa più assurda è che sembra andarle bene così».
Non riesco a credere alle mie orecchie. A nessuno va bene di morire, nessuno vuole morire, chiunque venderebbe la propria anima al diavolo pur di restare su questa terra più tempo possibile, quindi perché dovrebbe farlo una ragazza giovane come lei, che dovrebbe avere tutta la vita davanti?
«Marcus, Lena è una ragazza speciale». Sembra avermi letto nel pensiero. «È sempre stata così, anche a scuola, anche prima della malattia. Lena è… fantastica, una di quelle persone che sorridono sempre, generosa, altruista, che mette al primo posto gli altri piuttosto che se stessa. È lei che si prende cura di sua madre e di sua sorella, dando a quelle donne il coraggio di accettare che un giorno non ci sarà più. Dopo la morte del padre non ci voleva proprio una notizia del genere, ma non l’ho mai vista una volta, una sola volta, abbattersi. Magari da sola si lascia andare a momenti di sconforto come ogni essere umano, ma per il resto delle altre volte, Lena è piena di vita, anche se ogni giorno potrebbe essere l’ultimo».
Ci guardiamo, ma è come se parlassimo due lingue diverse. Le sue parole mi fanno male e allo stesso tempo mi spingono a voler fare qualcosa. Per esempio potrei fare delle ricerche, chiamare qualcuno, sentire altri colleghi, vedere cosa c’è su internet.
«Hai detto che sono stati registrati solo due casi al mondo?»
«Marcus». Non mi piace il modo in cui pronuncia il mio nome, come se anche lei si fosse rassegnata a veder morire la sua amica. «Lena non vuole essere salvata».
«Cazzo, Jess… tutti vogliono essere salvati. Perché non dovrebbe desiderare di vivere?» Sbotto incazzato. Sono un cazzo di dottore, che cazzo ci faccio dentro un ospedale se non posso salvare le persone?
«Perché per lei è come un dono».
«Ma che stai dicendo? La vita è un dono, non la morte». Gesù, non riesco a credere che lo abbia detto davvero.
«Pensaci Marcus, se ognuno di noi fosse a conoscenza del “proprio giorno" farebbe di tutto per realizzare i propri sogni prima di quella scadenza. Lena… Lena vuole dedicare tutti i suoi giorni a rendere felici chi gli sta attorno».
Alzo le spalle perché davvero, per quanto ci stia provando, non riesco a capire.
«Vieni con me». Dice a questo punto.
«Dove?» Le chiedo confuso.
«Al piano di sotto».
Continuo a non capire, ma lei si è già alzata, ha aperto la porta e mi invita con lo sguardo a seguirla. Al piano di sotto si trova il reparto pediatrico e non capisco che cosa abbia a che fare con Lena, ma quando arriviamo sono ancora più confuso di prima.
Ci sono dei ragazzi vestiti da personaggi Disney che stanno intrattenendo i bambini con giochi, disegni, canzoni. Non sempre vediamo sorridere questi bambini, passare del tempo in ospedale non è mai bello, soprattutto per loro, ecco perché il lavoro di queste associazioni è importante, ma sul serio non riesco a capire.
«Guarda la ragazza vestita da Frozen». Non sono molto pratico di cartoni animati, ma Frozen era quello preferito da Mia, quindi la riconoscerei anche da lontano.
In questo momento è girata di spalle, sta giocando con una bambina che ha lo stesso colore di capelli, della sua parrucca. La piccolina è molto felice di stare in sua compagnia, probabilmente è anche il suo personaggio preferito. Si tengono per mano e iniziano a saltellare. Poi Frozen si gira e non riesco a credere ai miei occhi. La ragazza vestita da principessa Disney, è Lena.
«Mi riferivo a questo. Lena vive ogni suo giorno per regalare un sorriso a chi ne ha bisogno. Non le importa di altro».
Continuo a guardarla e provo una strana sensazione al centro del petto, come se questa ragazza fosse avvolta da un aura magica e non dipenda solo dal vestito che indossa. È il suo sorriso, cazzo. È tutto concentrato nel suo sorriso. Lei si preoccupa di far sorridere i bambini, quando invece avrebbe mille motivi per essere incazzata col mondo intero.
Mi sento spiazzato da una ragazzina di diciannove anni, dal suo fottuto sorriso e dalla sua indescrivibile voglia di vivere.
«Lena non vuole essere salvata. Lena vuole vivere i giorni che le rimangono senza rimpianti». Sussurra Jessica al mio orecchio, mentre io non riesco a distogliere lo sguardo dalla scena che ho davanti e un pensiero nasce spontaneo nella mia testa.
“Voglio salvare Lena. Voglio vivere i giorni che mi rimangono, senza il rimpianto di non averci provato”.
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Lena
RomanceLena è una ragazza di diciannove anni, affetta da una grave malattia, rara e incurabile. Da tempo ha accettato la sua condizione, vive i giorni che le restano scrivendo una lista con tutti i suoi desideri e cercando di realizzarne più possibili. Ma...