«Oh mio Dio, Marcus… sto volando! Sto volando! Ti prego, prendimi».
«Ti tengo io, tu non lasciarlo andare, mantieni la presa».
«È meraviglioso, è ancora più bello di quanto potessi immaginare».
Sono talmente emozionata che mi viene da piangere, anzi… sto piangendo!
«Riesci a sentire il mio cuore, Marcus? Sta esplodendo!»
«Lo sento, lo sento ed è tutto sotto controllo».
«Dici sul serio? Perché io ho la sensazione che stia per venirmi un infarto».
Mi tiene dalla vita, il suo braccio è proprio sotto il mio seno, mentre con l’altra mano tiene il filo del suo aquilone. Quando ho sentito letteralmente i miei piedi sollevarsi da terra, è stato stupendo, come se anch’io stessi per spiccare il volo, ma allo stesso tempo mi sono presa di paura e adrenalina. Non so se mi fa bene l’adrenalina, ma è stato bellissimo e sono pronta a correre tutti i rischi oggi.
I primi tentativi sono stati un fallimento, poi Marcus mi ha spiegato in che modo dovevo dargli spago, nonostante anche per lui fosse la prima volta, è stato senza dubbio più bravo di me, poi quando finalmente si è librato nel cielo terso, non è più sceso, è rimasto a volteggiare come se fosse dotato di vita propria. Ma la forza del vento, con la sua trazione, stava per staccare anche me da terra se non fosse stato per Marcus e se non fosse stato per lui, io oggi non sarei nemmeno qui.
«Grazie, grazie, grazie…» Sollevo il viso per guardarlo mentre lo ringrazio, sono talmente felice che avrei voglia di baciarlo. È così bello, con quei capelli scarmigliati, gli occhi verdi e le labbra carnose. Fissa la mia bocca e per un attimo credo, temo, spero, che anche lui voglia baciare me, ma non lo fa. Mi guarda con un bel sorriso stampato in faccia, ha fatto progressi in questi due giorni, quando l’ho conosciuto avrei giurato che non sapesse nemmeno farlo, mentre adesso percepisco la sua felicità.
«Che dici, provo a lasciarti andare?»
«Non lo so, ho paura».
«Non devi mai aver paura, segui il vento».
«Prometti di starmi vicino?»
«Certo».
Lentamente mi lascia andare, tremo, sento le gambe molli. Mi aggrappo con entrambi le mani al manico dell’aquilone e li guardo entrambi volare liberi e felici. È tutto così perfetto! Non cambierei nulla di questa giornata, non mi importa nemmeno della mia malattia, anche se morissi oggi andrebbe bene lo stesso, perché sono felice. Sono così felice che non mi sembra vero.
«Perché mi guardi così?» Mi accorgo con la coda dell’occhio che Marcus sta fissando me, piuttosto che la direzione del suo aquilone.
«È bello guardare una persona felice. Fai venire anche a me voglia di esserlo».
«Perché, non lo sei?» Chiedo curiosa.
«Non lo so, so di esserlo ora ed è tutto merito tuo».
«Mio? Sei stato tu ad aver organizzato tutto, io non ho fatto niente». Sul serio, come può dire certe cose?
«Ma tu lo stai apprezzando. Ne stai godendo appieno ogni singolo istante, stai amando con una tale intensità, che mi riempie il cuore di gioia. Sei tu la vera meraviglia».
Non so cosa rispondere, mi lascia senza parole.
«Se tu fossi reale, saresti l’uomo perfetto».
«Ehi, io sono reale. Pensi forse che stia fingendo?»
«Non lo so, avrei bisogno di vedere qualche difetto perché non credo alla perfezione».
«Ti garantisco che ne ho tanti».
«Sei fidanzato?» Oddio, come mi salta in mente di chiederglielo? Non sono riuscita a fermare la mia boccaccia.
«No, non lo sono da molti anni».
«Dovresti uscire con mia sorella, avete molte cose in comune». Gesù, continuo a non tenere la bocca chiusa e il suo sorriso si spegne all’istante. Alza gli occhi al cielo eludendo la mia domanda. Spero non si sia arrabbiato.
«Lena, recupera un po' di filo o rischi di farlo cadere».
Lo guardo anch’io ed effettivamente vedo che ha difficoltà a stare in aria, sembra voglia scendere in picchiata, così faccio come mi dice, raccolgo un po' di filo nella bobina e quando è di nuovo ben teso, ecco che l’aquilone torna a tenere in vento. Lo sento vibrare in tutto il braccio, sembra voglia afferrarmi per mano e trascinarmi via con sé. È una sensazione liberatoria, mi sento come se non avessi un solo pensiero al mondo, nessun problema, nessuna preoccupazione, nessuna malattia. Respiro questo senso di libertà e mi chiedo come sarebbe salire su un aliante. Voglio farlo, voglio farlo davvero.
«Davvero mi porteresti su un aliante?»
«Certo».
«È… pericoloso?»
«Solo se non mi stringi forte».
Smetto di respirare. L’immagine di me che si aggrappa al suo corpo, mi fa mancare il respiro. Fosse stato meno bello sarebbe stato meglio, ma lui stesso ha confermato di avere molti difetti e questo potrebbe esserne uno.
«Marcus, noi due siamo amici, vero?» Solo amici, intendo. Perché vedi, di uno come te, potrei innamorarmi, penso, ma non lo dico. Stavolta riesco a fermarmi prima.
«Gli amici dei miei amici sono miei amici».
Scoppio a ridere, ricorda ancora cosa gli dissi la sera del mio compleanno rivolgendomi a lui.
«Hai una buona memoria, ti ricordi proprio tutto?»
«Tutto, anche il tuo alito di cipolla».
«Oddio, smettila», urlo sghignazzando e temo di perdere la presa dal manico. «Non sei divertente».
Ride anche lui ed è una bellissima sensazione vederlo ridere così.
«Piuttosto, dimmi come ti è venuto in mente di prendermi un unicorno? Pensi che sia una bambina?»
«No, non direi proprio che tu sia una bambina, semplicemente quando l’ho visto mi ha fatto subito pensare a te. Con tutti quei colori mette allegria».
«Vuoi dire che ti rendo allegro?»
«Direi proprio di sì».
«Bene, lo prendo come un complimento».
«Lo è».
Mentre ancora sono con il naso all’insù, una goccia di pioggia mi bagna la faccia. Subito dopo ne arriva un’altra e poi un’altra ancora.
«Marcus? Credo che abbiamo un problema».
«Cazzo», lo sento imprecare, mentre io scoppio a ridere. Non potrebbe essere più perfetto di così.
«Presto, Lena. Recuperiamo gli aquiloni. Dobbiamo essere veloci, si sta avvicinando un temporale».
Si sta lasciando prendere dal panico e non capisco perché, però faccio come mi dice e cerco di avvolgere tutto il filo nel manico più in fretta che posso. Non credevo fosse arrivato così in alto, la bobina si era quasi svuotata del tutto. Marcus invece è stato più veloce di me e il suo sta quasi toccando terra. Gli ultimi metri li scende in picchiata e un po' mi dispiace perché rischia di rovinarsi. A lui invece non sembra importargliene nulla, lascia cadere la sua bobina e corre verso di me.
«Dai a me, ci penso io. Ricordi dov’è la macchina? Riesci a raggiungerla?»
«Marcus, è solo un po' di pioggia, va tutto bene».
Con due bracciate riesce a tirare giù anche il mio, li abbandona entrambi sul selciato e mi prende per mano. Inizia a correre trascinandomi con sé e di conseguenza sono costretta a correre anch’io. La pioggia inizia a cadere copiosa, in poco tempo siamo completamente bagnati. In lontananza si vede l’auto, non pensavo avessimo fatto tutta questa strada.
«Ci siamo quasi».
«Sono, stanca», ansimo senza fiato, correndo a fatica.
Si volta terrorizzato a guardarmi, sembra davvero molto spaventato.
«Lena, riesci a continuare?»
«C-credo di sì», ma sento che sta per mancarmi il fiato.
«Cazzo». Impreca di nuovo. Si ferma, passa un braccio dietro le mie ginocchia e uno dietro la schiena e mi prende in braccio. Non oppongo resistenza, perché anche se non volevo ammetterlo, sono esausta. Mi tengo stretta al suo collo mentre lui riprende a correre, ma la situazione non migliora. Respiro a fatica, mi gira la testa, ho paura che stia arrivando un attacco e sarebbe un vero disastro. Non voglio rovinare così questa bellissima giornata.
«M-Marcus, ho bisogno dello spray».
«Siamo arrivati piccola, ci siamo».
Delicatamente mi mette a terra, apre lo sportello e mi aiuta a sedere. Non riesco a muovermi. Marcus recupera la mia borsa, intuendo che potrebbe essere lì e dopo averlo preso me lo mette in bocca e spruzza due volte. Respiro a fondo, facendolo arrivare dritto nei polmoni. Ho così paura, non voglio fare una figuraccia. Provo a regolarizzare il respiro come mi ha insegnato uno dei dottori da cui sono stata qualche anno fa e dopo qualche minuto comincio a sentirmi meglio. Pericolo scampato anche questa volta.
«Ti sto bagnando il sedile. Mi manderai il conto della tappezzeria per farmi perdonare, spero». Gli dico per sdrammatizzare e per fargli capire che sto bene, ma non mi aspettavo questa reazione.
«Cazzo, cazzo, cazzo. È tutta colpa mia, avrei dovuto controllare il meteo». Tempesta il volante di pugni, dandosi delle colpe che naturalmente non ha.
«Non avresti potuto immaginarlo, era una giornata così bella».
«No Lena, se ti fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato».
«Ehi, guardami». Gli sfioro un braccio perché voglio che mi guardi e quando finalmente ho i suoi occhi, mi spezza il cuore. È così spaventato. «Sto bene, davvero…»
Non finisco la frase, perché la sua bocca sta premendo con forza sulla mia, mi afferra dalla nuca e mi bacia. Gesù, sono sconvolta. Questa non è una ventilazione artificiale, questo è un bacio vero, con tanto di lingua. Quando la sua incontra la mia sono imbarazzata, non ho mai baciato nessuno così, non credo di esserne all’altezza, ma è come se mi stesse insegnando a ballare. Seguo i suoi passi, seguo la sua lingua, chiudo gli occhi e mi lascio andare. Lascio che mi riempia la bocca, che mi succhi le labbra, che le sfiori con la lingua e sento un calore al centro del mio corpo, in mezzo alle gambe, che non ho mai provato prima. In un solo giorno ha realizzato due dei miei desideri, due nuove spunte da segnare sulla lista. Vorrei che non smettesse mai, è così bello, ma purtroppo si stacca dalla bocca, ma non da me.
«Perdonami, non avrei dovuto, ma ho avuto così paura». Sussurra al mio orecchio.
«A me non è dispiaciuto», rispondo con un pizzico di malizia e imbarazzo.
Alza la testa e mi fissa negli occhi, ora più sereni, ma pieni di un altro sentimento che non riesco a decifrare.
«Non so nemmeno il tuo cognome, eppure stai diventando una droga per me».
«Prendo anche questo come un complimento».
«Lo è dannazione, lo è».
Restiamo a fissarci per altri pochi secondi e in questi attimi spero che mi baci di nuovo. Guarda le mie labbra come se volesse farlo davvero, ma si tira indietro. Ritorna nel suo sedile e tira fuori un grosso respiro.
«Ti porto a casa, Lena».
«Miles», mi guarda. «Lena Miles».
Così adesso conosce nome e cognome della sua droga e io scopro che non sempre rimanere senza fiato è una cosa brutta.
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Lena
RomanceLena è una ragazza di diciannove anni, affetta da una grave malattia, rara e incurabile. Da tempo ha accettato la sua condizione, vive i giorni che le restano scrivendo una lista con tutti i suoi desideri e cercando di realizzarne più possibili. Ma...