Dimensioni Parallele

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III

That's the story of another us.】

— Story of another us


Seppure convivere con un robot non fosse una cosa da tutti i giorni, c'erano dei momenti in cui mi dimenticavo di non essere più solo nell’appartamento

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Seppure convivere con un robot non fosse una cosa da tutti i giorni, c'erano dei momenti in cui mi dimenticavo di non essere più solo nell’appartamento. Come quella mattina.

Qualche giorno dopo il pomeriggio di shopping, mi svegliai alle sette, come mio solito, per potermi preparare e andare in biblioteca a studiare.

Indossai gli occhiali rotondi che avevo appoggiato la sera prima sul comodino, infilando poi le pantofole per andare in bagno, perso ancora nel mondo dei sogni.

Quando aprii la porta, avendo gli occhi appannati dal sonno, non mi accorgersi immediatamente della figura intenta a pettinarsi i capelli ondulati bagnati davanti lo specchio.

Solo nel momento in cui sentii un "solo Lucas?" mi costrinsi ad aprire del tutto le palpebre, trovandomi davanti una scena che mai avrei anticipato in tutta la mia vita da quasi-sociopatico senza contatti umani.

Casper, il robot, che mi guardava tra il sorpreso e il divertito, mentre teneva ancora il pettine nero a mezz'aria, con niente addosso se non un asciugamano in vita, sembrando fin troppo umano.

«Oh dio, scusa, mi ero scordato»

Estremamente in imbarazzo e a disagio per la figuraccia, cercai di uscire immediatamente dal bagno ma, a causa della mia sbadataggine e del vapore ancora presente nella stanza, finii per inciampare nel tappeto, sbattendo la fronte contro la porta, causando un tonfo a dir poco ridicolo.

«Stai bene?!» preoccupato, il corvino, lasciò il pettine sul lavandino, prendendomi per le spalle e voltandomi verso di lui, in modo da controllare il bernoccolo che sicuramente già si stava formando.

Mi massaggiai il punto dolente, volendo scomparire a causa di quella figuraccia.
L'avevo detto, la fisica era caos e io ancora peggio.

«Tutto okay. Non è la prima volta che sbatto contro dei mobili»

«Non è rassicurante come cosa» mormorò lui, con una punta di reale rimprovero nella voce.

Quando trovai la forza di alzare lo sguardo, dopo aver cercato di attenuare il dolore con le dita,  trovai i suoi occhi focalizzati sulla mia fronte, come ad essere certo che non ci fossero ferite sanguinanti.

Approfittai di quella distanza per raccogliere maggiori informazioni sul suo aspetto.
Per renderlo più reale, Isaac avesse inserito dei piccoli dettagli che, il primo giorno, mi erano sfuggiti ma che a quella distanza sembravano a dir poco naturali, come il piccolo neo sotto l'occhio destro o la cicatrice vicino il sopracciglio, per non parlare dei diversi orecchini che gli adornavano le orecchie.

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