Centri commerciali, pupazzi del destino e gusti di gelato che sanno d'amore

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24 agosto 2033




Jacopo amava fermarsi a giocare qualche minuto su quelle tre quattro giostre che si trovano nei centri commerciali.
Era un'abitudine, una tradizione quasi salire sopra il cavalluccio e giocarci con o senza averci inserito qualche spiccio dentro.
Al piccolo basta passarci un po' di tempo sopra, anche perché se ne stufa presto e vuole subito passare alla macchinina lui di fianco, sempre sotto lo sguardo attento di Simone che se ne sta seduto a fargli centinaia di fotografie da una panca poco distante.

E anche adesso che il suo papà sta ancora finendo di pagare la piccola spesa che ha fatto, Jacopo non sta nella pelle e spinge il piccolo cancello che lo separa dalle sue giostre e tenendo gli occhi bassi corre per accaparrarsi il suo solito posto sul cavallo dalla chioma bruna.

Corre senza rendersi conto che gli strappi delle scarpe si sono un po' allentati ed inciampa sulle stesse finendo col muso sulle gambe di un signore che a lui pare altissimo fino a quando non si abbassa e con uno sguardo preoccupato si rivolge a lui.

"Te sei fatto male piccoletto?"
Scuote il capo Jacopo, rimanendo un po' ammutolito e guardandosi poi il ginocchio leggermente arrossato.

"Damme la manina," gli sussurra ancora l'adulto, pulendogli poi entrambe le mani e le ginocchia che avevano battuto per terra.

"Jacopo!"

Simone si precipita ancora con lo scontrino in mano, ma poi rallenta e quasi si tranquillizza quando vede suo figlio in compagnia di un ragazzo che sebbene non veda da anni, lo rassicura con un solo sguardo.

"Ti sei fatto male?" gli chiede accogliendolo subito tra le sue braccia, ma Jacopo riconferma di stare bene nonostante non proferisca più parola da quando ha incrociato quell'adulto tanto, troppo familiare a suo padre.

"Jacopo, giusto? Quella è Cecilia, puoi giocarce n po' se te va"

Gliela indica e Jacopo la saluta con la mano e si nasconde nell'incavo del collo di Simone quando la piccola ricambia.
Aspetta quasi l'approvazione del padre prima di chiedergli di farlo scendere e si siede di fianco a lei su quella macchinina rossa fumante e ridono nel fare finta di guidare.

"È," deglutisce "è tuo figlio?" conclude poi rivolgendo la sua completa attenzione a Simone che annuisce guardando ancora quei due bimbi ridere di gusto, con quella spensieratezza che solo loro hanno e che gli trasmette gioia solo a vederli.

"Sì," afferma sospirando "e lei? È tua figlia?" ricambia la domanda e nota con la coda dell'occhio che il ragazzo sta annuendo.

"È la mia principessa" aggiunge con gli occhi colmi d'orgoglio, ma velati da una tristezza che a Simone non sfugge.

Sono passati quasi sette anni da quando si sono visti l'ultima volta e le loro vite sono state decisamente stravolte da allora, ma Manuel per Simone è sempre stato un libro aperto e nonostante ora abbia tantissime pagine sconosciute, ne ha altrettante che conosce a memoria.

"So che magari è fori luogo, ma t'andrebbe de prennerce n caffè, na bira, qualsiasi cosa..." sputa quasi di fretta, finendo quasi il fiato "è da tanto tempo che nun parlamo più e me dispiace" aggiunge distogliendo subito lo sguardo da quegli occhi che ancora adesso non perdono il potere di leggerlo dentro e scavare così a fondo da fargli male.

"Vedi io," incespica un po' Simone "Io sono solo con Jacopo, i miei adesso sono in ferie e non mi fa impazzire l'idea di lasciarlo ad una babysitter" spiega sentendosi un po' ridicolo e forse estremamente protettivo nei confronti del suo bambino, ma vuole goderselo il più possibile e non perdersi nulla della sua crescita.

"Jacopo non è n problema," specifica "poi me sembra se stia divertendo co Cecilia" aggiunge facendo un cenno ai due piccoli che ora li salutano entrambi "ma se nun sai come declinà l'invi-"

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