Thoreau e incomprensioni d'amore

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ad Asia, basietta



Manuel è impegnato ad arricciare una per una le ciocche dei capelli di Simone che, nel mentre, sfrega la punta del naso contro il suo collo, come fosse un micio impegnato a fare le fusa.

I due sono sdraiati sotto uno dei tanti alberi dell'immensa tenuta Balestra, a godersi questo meraviglioso tardo pomeriggio di primavera.

Avevano entrambi studiato fino a qualche minuto prima per la verifica del giorno dopo, passato ore e ore sullo straniamento che caratterizza la poetica di Verga ed ora sono esausti.
Necessitano anche solo un attimo di riposo, di svagare la testa senza curarsi del compito. Anche se, a dirla tutta, da quando si frequentano, studiare insieme è molto più divertente.

Per ogni integrale che Manuel svolge correttamente, senza troppi aiuti dal compagno, riceve un bacio come ricompensa e questo lo motiva a risolvere più esercizi del solito pur di poter assaporare quelle labbra che sanno di quella ventina di fragole che si sono mangiati a merenda.
Viceversa, per ogni massima di un filosofo che Simone azzecca e contestualizza, l'altro lo riempie di un cosidetto vento di baci che consiste nell'immobilizzarlo e sbaciucchiare ogni centimetro disponibile sulla sua faccia.

"Che ore sono?" chiede Simone stendendosi supino, portando una mano davanti agli occhi per coprire quel raggio di sole che centrava in pieno le sue iridi.

"Le 17:00? Nun 'o so legge' 'r sole..." sbuffa Manuel stiracchiandosi leggermente la schiena, prima di riportare il suo braccio destro su fianco del corvino.

Simone vorrebbe ribattere con un ma non puoi guardare il telefono che hai in tasca? ma mentre lo pensa si ricorda della proposta che aveva fatto loro il padre, o meglio, Dante aveva obbligato entrambi e tutta la classe a non usare né telefono né computer per almeno un giorno e fino a quel momento ci erano anche riusciti, stando sui libri e stuzzicandosi tra di loro.

"Sta vita alla Thoreau n'è poi così male"
Manuel si distende sul fianco, appoggiando la testa sul palmo della mano e poi sorride, sfiorando la guancia del fidanzato col pollice sinistro.
Simone arriccia il naso, imbarazzato e felice al tempo stesso di quel gesto così semplice, ma piuttosto romantico.

Si tira su, incrociando le gambe e pulendosi le mani che aveva appoggiato sul prato per alzarsi.

"Dato che stiamo solo oziando qui fuori, se cercassi dei vecchi mp3 e facessimo una sorta di whisper challenge?" chiede sfoggiando un accento inglese decisamente invidiabile.
L'altro, però, lo guarda confuso, tirando leggermente indietro la testa e assumendo un'espressione che Simone considera da cartolina e si lascia sfuggire una risata nel guardarlo così perplesso.

"Intanto chi è che a diciott'anni usa er verbo oziare o poi che sarebbe sta cosa, sta challenge? Se dovemo bere 'na schweppes mentre ascoltamo tre canzoni su quei cosi de 'a preistoria?" domanda con un sopracciglio alzato, passandosi la lingua nell'interno guancia, sempre più perplesso della proposta del ragazzo.

Simone dal canto suo, non riesce a trattenersi ed esplode in una risata sincera, a pieni polmoni.
È una risata sana, vera e contagiosa e Manuel lo guarda, con gli occhi che gli sorridono, perché vederlo così sereno e felice per merito suo, gli fa sentire il cuore estremamente leggero.
Sa di aver sbagliato tanto nell'ultimo anno e cercare di riacquistare la sua fiducia non è e non sarà facile, ma piano piano sembra starci riuscendo ed è veramente contento di questo.

"Tu aspettami qui" lo liquida Simone, facendo leva sui polsi per rimettersi in piedi, ma lui lo blocca.
"Manco 'n bacetto me dai?" e il corvino vorrebbe resistergli, non farsi abbindolare da quegli occhi scuri e profondi e quel dito che sfiora il labbro inferiore in attesa che compia quanto richiesto.

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