Capitolo 3

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Era riuscito a farsela scivolare nuovamente tra le dita, quello sguardo così pieno di disapprovazione l'aveva talmente confuso da renderlo incapace di fornire alcun tipo di spiegazione che potesse porre rimedio al triste epilogo di quella serata. Si era destato alle luci dell'alba e, messo alle strette dall'imminente partenza, era dovuto tornare in fretta e furia in albergo riuscendo solo a lasciarle un portachiavi.
Si stropicció gli occhi per imporsi di rimanere sveglio, cosa difficile visto che non riusciva a prendere sonno da giorni, e riprese a camminare nervosamente avanti e indietro per il vicolo.
Si era deciso ad aspettare che finisse il suo turno di lavoro per poterle finalmente dare le spiegazioni che meritava.

"Starai mica stalkerizzando la mia collega? Devo chiamare la sicurezza?"

Duccio si acciglió a quelle parole e arrestó il suo via vai tormentato per poter prestare attenzione al proprietario di quella voce. Si trattava di un ragazzo nerboruto che lo stava squadrando attentamente come a voler captare che tipo di intenzioni avesse. Per niente intimidito dalla stazza fece un segno di diniego col capo e provvedette ad avvicinarsi per mostrargli una foto di Mia, foto che avevano scattato insieme proprio sotto al Colosseo.

"È lei? Ho bisogno di parlarle."

"Non penso tu abbia bisogno di qualcosa al momento se non di levarti dalle palle. A ogni modo non è qui quindi sgomma."

Strinse le labbra che fremevano dalla voglia di insultare pesantemente quell'ammasso di muscoli senza cervello e arretró, certo del fatto che se non avesse seguito il suo suggerimento si sarebbe preso qualche cazzotto in faccia. O se ne era effettivamente andata prima della fine del concerto o il tipo stava mentendo. Lanció un'occhiata fugace alle sue spalle per vedere se all'interno ci fosse qualche segnale della sua presenza ma niente, solo che questa volta non intendeva arrendersi.

"Posso avere almeno un recapito?"

Insistette, costringendosi ad adoperare un tono più calmo possibile che non potesse infastidire in alcun modo il tipo. Sembrava così irragionevolmente minaccioso.

"Come hai detto? Vuoi un cazzotto?"

Come non detto.

"Sono innocuo ho solo bisogno di parlarle, sono disposto a pagar-"

Non ebbe neanche il tempo di concludere la frase che percepì le nocche del ragazzo colpirlo brutalmente in volto. Rimase per qualche istante a boccheggiare alla ricerca di aria, poiché il colpo gli aveva svuotato completamente qualsiasi capacità di articolare un pensiero né tantomeno una reazione.
Si portó per istinto la mano sul punto dolente sussultando subito dopo nel tastare qualcosa di umido che scendeva a fiotti: sangue.

"Ma che diavolo fai Nico!"

Duccio, vagamente disorientato, riconobbe la voce e sorrise in direzione della ragazza sputacchiando subito dopo il sangue che pareva non arrestarsi.

"Cristo cosa ti passa per la testa??"

L'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi furono gli occhi ambrati di Mia, vagamente preoccupati ma almeno non c'era più traccia della furia di poco fa.
Al suo risveglio la prima cosa che riuscì a mettere a fuoco fu un ampio soffitto con un buffo lampadario a forma di fiore. Provó a fare leva sui gomiti per sollevarsi e capire meglio dove fosse ma il dolore lancinate che si irradió dal naso lo costrinse a rinunciare e tornare ad abbandonare il capo sul cuscino. Il primo indizio ottenuto era che si trovava in una camera da letto, il secondo che la proprietaria era decisamente disordinata a giudicare dalla catasta di panni sparsi ovunque. Si voltò piano per non dare il via ad altri dolori e un grido gli morì in gola spaventato da un enorme peluche che lo affiancava a mo' di custode. Una Kuromi gigante lo stava fissando con gli occhi neri e vuoti, la scostó appena incapace di reggere quello sguardo ancora a lungo. Fu allora che la vide, con la testa piegata in avanti intenta a dormire. Ignorando le fitte alla testa si mise allora a sedere per poterla guardare meglio.
Aveva la bocca leggermente schiusa e tra le dita stringeva delle bende impregnate di sangue, probabilmente il proprio. Solo allora gli tornó in mente il pugno che gli aveva sconquassato il cervello e di riflesso gemette, come se il solo pensiero fosse in grado di rigenerare il dolore provato in quell'istante.
Mia nell'udirlo sobbalzó sul posto e si aggrappó alla sedia terrorizzata.

"Stai bene??"

Si precipitó su di lui e gli avvolse il volto tra le mani, inclinandolo cautamente da un lato all'altro per poter ispezionare il suo naso e assicurarsi che stesse bene. Duccio avvampó a quel contatto inatteso e si ritrovó scioccamente a ringraziare l'oscurità in cui era immersa la camera per aver celato le sue guance rosse. Pose le mani sulle sue per tranquillizzarla e anche per evitare che si allontanasse.

"Sto bene."

In tutta risposta udì un sospiro di sollievo, poi con enorme delusione la sentì scostarsi e tornare a sedersi.

"Mi spiace. Per quanto avessi voluto colpirti per le bugie e il resto mai avrei voluto vederti in quello stato."

"G-guarda che anche io l'ho colpito forte eh."

Mentì lui, raddrizzando la schiena per darsi un tono. Sentendo quella bugia così spudorata Mia sbuffó una risatina che riempì tutta la stanza e anche il petto di Duccio, che vibró leggermente come attraversato da un banco di farfalle. Era riuscito a farla ridere di nuovo.

"E mi dispiace per tutto. Non era un gioco, sono stato davvero bene quella sera."

"Ma per favore. Pensi che non ne abbia incontrata di gente come te al pub? Voi artisti siete tutti uguali."

A quel suono delizioso si sostituì un cupo e rumoroso silenzio, lei non lo guardava più anzi stava facendo di tutto per non farlo. Era come se non avesse voluto cedere per chissà quale paura.

"Non è vero, c'è stato qualcosa di magico quella sera non puoi negarlo."

Era intenzionato a non farsela più scappare, per questo per sottolineare la veridicità di quelle parole si era, nonostante la ferita glielo rendesse quasi impossibile, accostato a lei intenzionato a conquistarne la fiducia. Mia si voltó verso di lui, il labbro inferiore stretto tra i denti per torturarlo o per evitare di arrendersi.

"Il finale amaro mi è bastato, non posso permettermi altre delusioni ho già i miei problemi."

"Non voglio deluderti o ferirti."

Le prese delicatamente la mano e la portó sul proprio petto in direzione del cuore, il quale stava battendo violentemente come a voler sfracassare la gabbia toracica e galoppare via. Voleva dimostrarle in tutti i modi quanto fosse sincero in modo tale da ottenere quella credibilità che sembrava essersi giocato quella sera. Lei finalmente rilasció il labbro ormai livido e ascoltó il battito sfrenato in silenzio, senza proferire parola.

"Vorrei tanto fidarmi..."

Mormorò dopo un po', tornando a sedersi con le braccia avvolte intorno alle gambe.

"Ci riusciró a ottenere la tua fiducia."

Come cuffie in tasca - Piccolo Bnkr44Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora