3. Caccia al tesoro

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Guardo l'inchiostro che sporca il foglio un po' ingiallito. Rileggo le parole nella mente, si mischiano a quelle che mi ha appena detto mio padre: "è in carcere". Mi manca il fiato.

«Ti ha quasi uccisa» dice papà. «Lui ti ha manipolata per mesi. Eri diventata una persona completamente diversa e io... ho avuto paura».

Paura? I miei occhi scattano nei suoi.

«E credi che io non ne abbia?» le mie palpebre si affilano. «Credi che sia stato semplice svegliarsi da un coma e ritrovarsi senza memoria? Credi che io non sia terrorizzata da tutto questo? Dalla vita che mi circonda, perché non so più stare al mondo? Non so più chi sono. Credi sia facile per me, eh?»

Ho il respiro mozzato, il mio corpo trema dalla rabbia. La testa mi fa così male che mi viene da piangere.

«Da quando sono uscita da quell'ospedale, nove mesi fa, mi hai trattata come se fossi malata, ma la mia non è una malattia. Non mi puoi curare con una medicina, io devo combattere ogni giorno contro il mio riflesso allo specchio perché non so più chi diavolo sia la persona che ci vedo dentro» mi sto sgretolando. «Mi dici che hai avuto paura, che vuoi proteggermi, ma questo non è proteggere, questo è mettere in gabbia. Come puoi pensare che io resti qui a vivere una vita che non è la mia?»

Faccio un passo avanti. Stringo ancora la lettera in una mano e guardo mio padre vacillare nei miei occhi.

«Ho lasciato che prendessi delle scelte anche per me, ma adesso non ce la faccio più. Non lo posso più sopportare e tu non mi vieterai di andare a Londra» apre la bocca per parlare, ma la mia voce lo ferma. «Se hai qualcosa da dire riguardo gli ultimi sei anni che ho scordato, sei ancora in tempo».

Papà serra le labbra. Deglutisce a fatica.

«Dopo tutto quello che ho fatto per te» mormora, con tono soffocato. «Questo è il modo con cui mi ripaghi».

Le sue parole mi colpiscono.

Noi non siamo mai stati legati. Io e mio padre non abbiamo mai avuto un vero rapporto. Ciò che mi resta dei miei ricordi sa ancora dei suoi silenzi infiniti, di tutte le volte che spariva per ore intere in garage per creare modellini. Lo vedevo solo a cena e non scambiavamo nemmeno una parola. Poi, un giorno mia madre muore, io vado in coma e al mio risveglio lui diventa l'uomo più amorevole del mondo. Mi aiuta a superare le crisi, la confusione, l'emicrania cronica.

Diventa padre, ma quando io smetto di essere accondiscendete viene fuori la sua vera natura.

«Io non ti ho mai chiesto niente» la mia voce è incolore. Un muscolo sul suo viso si tende, ha uno spasmo, tuttavia, papà non risponde.

'Ma anche se lo avessi fatto, anche se ti avessi chiesto aiuto, tu sei mio padre e dovresti amarmi senza volere in cambio niente'. Non glielo dico. Non posso dirglielo perché lui mi volta le spalle e se ne va, abbandonandomi a un silenzio insopportabile. 

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