8. Vorrei vedere i tuoi occhi

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𝗟 𝗘 𝗢 𝗡

Non mi ha riconosciuto. Non sa chi sono. La memoria non le è tornata. Voglio morire, ma lei è bellissima.

L'acqua gelida mi bagna il viso, tuttavia, non placa il sudore freddo, il respiro affannato. Non calma i battiti del mio cuore, non zittisce il fischio alle orecchie. Chiudo il rubinetto e pianto le mani sui bordi del lavandino, mi tremano le dita.

'Respira', inspiro. 'Respira', espiro. Trema anche il fiato quando butto fuori l'aria. Sollevo la testa, guardo il mio riflesso allo specchio. Le gocce d'acqua scivolano lungo il mio collo, vanno a nascondersi sotto il colletto della camicia.

Mi viene da vomitare.

Fisso le mie iridi e ci vedo dentro le sue: azzurre.

Quei suoi maledettissimi «occhietti azzurri», lo sussurro mentre i miei si inumidiscono.

'Perché? Perché è venuta qui? Che cosa ci fa a Berlino?' ma più di tutto: 'come ha fatto a trovarmi?'

Le domande si ammassano nella mia mente, prendono a pugni il mio cuore sfinito che da troppo tempo non batteva così tanto. Credevo fosse morto. Credevo di essere morto, invece, mi è bastato rivedere Jane Evans per tornare in vita.

Mi pulisco via l'acqua dal volto con i palmi, afferro la giacca dal mobiletto e me la metto addosso. Quando esco dal bagno sono stravolto. Ho la cravatta allentata e la camicia sbottonata, mi fa male lo stomaco, tanto da togliermi il respiro.

Sono trascorsi venti minuti da quando Jane è stata sbattuta fuori, da quando io l'ho sbattuta fuori. Il sole è tramontato, il cielo comincia a diventare sempre più buio e io mi chiedo dove sia lei adesso. Dove alloggia? È da sola? Perché diavolo era qui?

Forse sono diventato pazzo. Forse non era lei.

«Marlon!» il capo delle guardie di sicurezza si volta verso di me e la sua fronte, prima corrugata, si distende.

«Leon» mormora il mio nome, «qualcosa non va?»

Scuoto la testa, ma non riesco a contenere l'agitazione.

«La ragazza di prima».

«Quella che mi hai fatto sbattere fuori?» precisa, e io esalo un sospiro annuendo.

«Sì, lei» affermo. «Che cosa ti ha detto? Perché era qui?»

«Ha fatto il nome della signora Hesse, ha detto che era stata invitata da lei».

'Annika?' cosa c'entra Annika? Come fa Jane a sapere di lei?

«Va bene Marlon» gli do una pacca sul braccio. «Grazie».

«Figurati» risponde.

Marlon torna al suo lavoro e io passo in rassegna ogni invitato alla festa di Annika. È per la sua associazione, un incontro di beneficenza che organizza ogni mese con diversi investitori. Ha in mente un nuovo progetto di cui non m'importa nulla, ma le avevo promesso che sarei venuto e così ho fatto.

Scorgo la sua chioma bionda tra la gente. Un cameriere passa davanti a me con i calici di champagne, ne prendo uno al volo e butto giù l'alcol tutto d'un fiato. Poi, mi incammino a passo spedito verso Annika.

È intenta a conversare con due individui che non conosco. Non fingo nemmeno un sorriso quando mi avvicino, la affianco e il suo sguardo si posa su di me immediatamente.

«Oh, Leon, stavo giusto per-»

«Possiamo parlare?» interrompo qualsiasi cosa volesse dirmi. Le sue labbra restano dischiuse, i suoi occhi non perdono il sorriso.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 3 days ago ⏰

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