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LATTE FREDDO-THÈ CALDO

James si svegliò indolenzito. La sveglia sul comodino segnava le 6. Non aveva più sonno. Si alzò con fatica e guardò fuori dal davanzale: il sole era già sorto e si accingeva per un'altra volta a spandere la sua luce soffocante su quel lembo di terra americano. La notte stessa, dopo aver accompagnato a casa i suoi amici e aver dato la buonanotte a Grace, aveva riportato l'auto da Mark. Aveva parcheggiato con accortezza la Mercedes e, dopo aver pigiato il bottone per chiudere automaticamente il portone, si era avviato a piedi verso casa, sfruttando la passeggiata per mitigare il suo stato di alterazione. Era poi sprofondato a letto.

Si diresse verso la cucina e passò davanti alla camera di sua madre. Scostò lievemente la porta. Gwenda sonnecchiava quieta, mentre raggi luminosi filtravano attraverso la tapparella della stanza. Il suo petto si sollevava ritmicamente, per poi tornare nella posizione di partenza con gradualità. Un blister di psicofarmaci era lasciato incustodito sul comodino. Abbandonò l'osservazione e raggiunse la cucina, contagiata dal rosa dell'alba. Si versò un bicchiere di latte freddo e ne assaporò il sapore, accostato alla finestra che dava sulla strada. Un ragazzo in bici passò davanti a casa sua, con un pacco di quotidiani legato nel cestino. Il giovane, dal viso puntellato di lentiggini, ne sfilò uno in corsa e lo gettò in aria, verso il suo giardino.

Quell'azione gli strappò un sorriso. Era da un bel po' che non gli capitava di assistere in diretta al lancio del giornale. Uscì e lo raccolse dal prato umido.

Sbirciò la prima pagina e il titolo in grassetto catturò il suo interesse.

"Rapina a mano armata nell'highschool in 11th Street: si cercano i colpevoli"

Era già uscita la notizia, insomma. Doveva aver riscosso gran clamore presso la redazione giornalistica perché venisse sbattuta addirittura in copertina. Si chiese che eco mediatico avrebbe potuto avere il fatto della sera prima, senza riuscire a darsi una risposta.

La mente gli tornò al misterioso personaggio che l'aveva rapinato. Aveva intenzione di mettercela tutta per identificare chi fosse. Esaminò col pensiero la lista delle varie persone che conosceva e si fermò su una faccia che reputò fortemente sospetta. "Cazzo, sono proprio uno stupido... perché non ci ho pensato prima?", si disse. Mark!

Nel pomeriggio si sarebbe recato da lui, per provare a fugare i suoi dubbi. Chi si nascondeva davvero dietro a quel ricco figlio di papà? Voleva capire con chi aveva a che fare, una volta per tutte.

Quando Grace posò la testa sul cuscino, incominciò a stare male. Brividi e tremori la percorrevano da capo a piedi, accompagnati da una abbondante sudorazione. Non si capacitò di cosa le stesse succedendo, ma le bastò ripensare alla droga assunta per chiarirsi il motivo. Il suo organismo stava reagendo male.

"Basta... è stata la prima e ultima volta", si impose nell'insofferenza.

Scese al piano di sotto respirando affannosamente, mentre conati di vomito le si arrampicavano fino in gola. Prese una medicina dal vasto scaffale in cui erano posizionati in ordine i farmaci di casa, non era disposta a sopportare quella condizione deficitaria senza almeno tentare di alleviarla. Tornò a letto, cercando di resistere alla nausea, e pregò che non le capitasse niente di brutto nella notte, poi scivolò in un sonno profondo.

Era con James. Sedevano su un'altalena, ridenti e felici, in una giornata limpida. Una tenebra indistinta li avviluppò. Poco alla volta da essa si stagliò una forma più definita. Un feto pulsava. Il suo cuore batteva ritmicamente. Il bambino allo stato prenatale era immerso nel liquido amniotico e nel suo viso rosaceo si delineava un'espressione pacifica. La condizione di pace mutò drasticamente: il feto iniziò a dibattersi furiosamente. Sguazzava nel liquido, un maiale nel fango putrido, e tirava pugni alle pareti intorno a lui, volendo uscire di forza dalla pancia in cui era imprigionato.

Summer '98Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora