La luna è alta nel cielo. Un disco d'argento, che getta la sua pallida luce sulle torri imponenti del castello.
La mia ombra sembra danzare lungo il muro di pietra, mentre il vento porta con sé il sussurro delle foglie e dei ricordi.
Nascosta dal mantello della notte, mi avventuro, cauta e solitaria, verso il giardino del maniero.Il cuore in tumulto sotto le vesti pesanti. Il fruscio della gamurra echeggia ad ogni mio passo.
Devo smettere di venire qui. Me lo sono promessa un numero infinito di volte.
Non devo, non devo, non devo...
Serro gli occhi per un istante, comprimendo la mano destra alla colonna in travertino. Emetto dei profondi respiri per placare l'ansia. Le dita dell'arto sinistro si posano all'altezza del cuore. Come volessero contenerlo. Come volessero trattenerlo dentro di sé.Mi addentro nel giardino, trattenendo il fiato. Come se potesse aumentare la mia inquietudine anche il solo rumore del respiro.
Mi avvicino alla panchina, lasciando fuoriuscire tutta l'aria trattenuta.
Mi siedo e mi stringo tra le mie stesse braccia, per placare il tremore.
Non ho freddo. Non potrei averne in questo stato.Mi attraversa la mente l'idea di fuggire e tornare nelle mie stanze, ma un rumore, un crepitio soffuso, mi giunge alle orecchie, bloccando sul nascere ogni mio proposito.
Sgrano gli occhi, dischiudo le labbra. Per un solo attimo.
Quando mi sento emettere un profondo respiro, come fossi lontana anni luce dal mio corpo, deglutisco.È lui.
Lo so. Lo sento.
Il fragore si fa più forte alle mie spalle, al punto da indurmi a voltarmi e...
Eccolo lì!
Il più bel cavaliere che esista. L'unico per me.
Il suo nome, sussurrato con timore e rispetto dai menestrelli di tutte le corti, ha un suono peccaminoso quando scivola tra le mie labbra. E non è per i suoi capelli corvini come le notti senza luna; né per i suoi occhi cupi, magnetici e profondi... ma è per quel brivido che mi suscita e mi scorre sulla pelle, sino a invadere con violenza ogni fibra del mio essere.
No. Questa notte non è né un eroe, né un guerriero.Questa notte, in cui dovrei fuggire lontano da lui, è solo un uomo pronto a rischiare per un momento proibito.
Il nostro momento proibito.
Lo vedo avanzare verso il roseto e, senza che possa far nulla per impedirlo, inchiodo gli occhi ai suoi. I miei azzurri, come i cieli più limpidi, si perdono nelle iridi oscure.
Nere. Come i pozzi più profondi.
O le notti più cupe.
Come quella che sto per vivere adesso.
Adesso che LUI è qui.«Maledetto!» Esclamo sottovoce, con astio, alzandomi e avanzando con passi incerti. «Vi avevo pregato di non venire» l'ultima parola sulle labbra tremule, mentre un singulto affiora e gli occhi si riempiono di lacrime.
«Sapevate che l'avrei fatto. Altrimenti, non sareste venuta» un sorriso beffardo dipinge il suo viso. Mi ha in pugno. Lo ha sempre saputo.
«Non prendetevi gioco di me. Sapete bene che mi sposo domani». Un singulto sfugge al mio controllo, facendomi pronunciare l'ultima parola con voce strozzata.
Si avvicina, appoggia le mani ai miei fianchi e stringe appena un lembo di pelle tra le dita. Mi corrono brividi lungo la spina dorsale.
Avvicina la bocca alla mia, con fare provocatorio e, per la prima volta, ringrazio i singhiozzi che mi trattengano dal compiere atti osceni senza un minimo di ritegno.«Quest'incontro sarà l'ultimo, prima che il destino ci separi» riesco a dire, categorica, con una rabbia sconosciuta al mio essere, sempre pacato e composto. Diligente, oltre l'inverosimile.
«Milady...»
Il fruscio del mio abito risuona nell'aria come l'ansito del respiro.
«Dimmi che questa notte è nostra, anche se la vostra mano sarà data a un altro»Smetto di singhiozzare, ma lacrime amare scendono silenti lungo le gote arrossate «Cosa sarà di noi quando l'alba arriverà?»
Le parole sembrano perdersi nell'aria, sospese tra loro come il filo sottile di un sogno impossibile, eppure, LUI, colma ogni distanza tra di noi: fisica ed emotiva.
E quell'ultimo baluardo, sopraffatto dalle sue labbra, sgretola ogni barriera possa aver eretto il mio pudore.