9. HAYDEN.

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Janice acconsente in silenzio e mi segue. 

Prima di raggiungere la camera da letto lo sguardo mi cade sul salone dove, in sottofondo, con lo stereo ora, grazie a dio, a volume impercettibile, Mia intona le note di "Smell Like Teen Spirit" dei Nirvana come se fosse una ninna nanna per Sophie. 

Traccio i suoi movimenti nel posare una sonnecchiante Sophie nella culla e, per un momento, rivedo mia madre e mia sorella vent'anni addietro. 

Mia era piombata nella nostra vita come un uragano quando avevamo io, sei anni e Adam, otto. 

I nostri genitori ci avevano riunito nel salone e con una mano sullo stomaco, la mamma ci aveva informato che saremmo diventati i fratelli maggiori della nostra sorellina in arrivo. 

Adam era stato il primo a tirarsi dritto in piedi e dire, la proteggerò sempre, mamma.

Adam. 

Quanto vorrei che quelle parole fossero vere e che nostro fratello fosse ancora qui. 

Un nodo mi si forma in gola al ricordo della prima volta che tenemmo in braccio, uno alla volta, un batuffolo di neonata chiamato Mia. La cosa che mi lasciò subito stupito era il fatto che avesse già una testa piena di capelli. Non tutti i neonati gli hanno. 

E soprattutto di colore nero corvino. Un'anomalia nella nostra famiglia di biondi cenere e sabbia.

Ma nostra sorella è stata sempre così. 

Un'anomalia che in qualche modo calzava a pennello con me e Adam. 

Era la nostra ombra ovunque andassimo e noi abbiamo lasciato che la vita proseguisse così. 

Un trio energico che pur con qualche differenza si completava a vicenda. E ora il trio si è spezzato diventando un duo, e non so se Mia mi guarderà mai come faceva con Adam. 

Ho sempre sentito una differenza tra me e lui -in senso buono intendo. Adam era speciale per lei, in un certo senso, Mia pendeva dalle sue labbra. 

E ora la sua morte è come se avesse spostato il suo asse, spingendola in una direzione sconosciuta senza indicazioni precise. 

Vorrei essere per Mia quello che Adam era per lei. Vorrei essere più forte per entrambi. 

Vorrei essere io il nuovo eroe di mia sorella. Ma, in questo momento, riesco a malapena a restare a galla da solo. Non so se riuscirei a tirare su anche lei con me.

I miei pensieri e il mio umore si incupiscono man mano che io e la dea bionda dietro di me proseguiamo verso la mia stanza. 

Janice mantiene il silenzio quando lascio che mi superi e mi chiudo la porta alle spalle. Ho la mente assorta nei pensieri quando sento Janice inspirare profondamente dal naso. 

Le dita mi si fermano sul tessuto della mia canotta bianca ora alzata a metà busto.

«Che c'è?», chiedo con sguardo curioso, osservandola in volto. 

I suoi occhi ambrati sono fermi sul mio addome un momento e l'altro sono sulla finestra che da sul balcone con vista sulla città. 

Amo il panorama da qui, cazzo. 

«Che stai facendo?», domanda poi con voce piatta e noto che le sue spalle si irrigidiscono. 

Cazzo. L'ho messa a disagio? 

Abbasso subito la maglietta e dopo pochi passi sono di fronte a lei.

«Ehi. Scusami, pensavo di farti un favore. Per le misure intendo». Non pensavo fosse un problema dato che Sandra ci prende le misure in questo modo. «Non volevo metterti a disagio», aggiungo, quando finalmente i suoi occhi sono di nuovo su di me. 

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