Eravamo in estasi.
Sdraiati nudi nel mio letto, dopo aver fatto l'amore.
“Ti amo.” lo sento dire. Lo dice in fretta, quasi con paura. Sento tutta la sua emozione nella voce. Un'emozione che mi colpisce dritta in pieno cuore. Lo sento fermarsi per un momento, e poi riprendere a battere più velocemente. Tutto ciò che riesco a fare è abbracciarlo, stringerlo a me, più forte che posso.
“Non c'è bisogno che rispondi.” lo dice piano, “Avevo bisogno di dirtelo, o me ne sarei pentito.”
Vorrei dirgli che provo lo stesso, ma non ne ho il coraggio.
Codarda!
Codarda!
Codarda!Avevo cercato per anni un amore che mi travolgesse, anzi... per anni avevo cercato di ricucire, rimettere insieme tutti i miei pezzi rotti. E, finalmente, c'ero riuscita.
Potevo dire di essere finalmente serena.
Negli ultimi due anni avevo passato la mia vita a “divertirmi”. Nessuno aveva più trovato un posticino nel mio cuore. Non ero più nemmeno sicura che qualcuno potesse trovarlo, non dopo Claudio.
Così, quella sera di inzio ottobre, ero uscita col solo intento di divertirmi con le mie amiche, magari trovare qualche ragazzo di cui parlare il giorno dopo, per dare un po' di movimento a quelle giornate troppo noiose.
La facoltà di economia aveva organizzato una serata in una piazza a Catania. Ed è risaputo che questa è la facoltà con la percentuale di ragazzi più belli.
Con le ragazze avevamo passato tutta la settimana a prepararci per quella sera. Quando finalmente arrivò.
Un mercoledì sera di ottobre, caldo e tempestoso.
Tempestoso per ciò che ha portato dentro di me per le settimane e i mesi successivi.
Non appena eravamo arrivate a Piazza Scammacca, io mi ero allontanata dalle mie amiche per parlare con uno dei miei tanti cugini. Ero rimasta con lui per almeno quindici minuti, poi mi ero avvicinata di tutta fretta al tavolo in cui si erano sedute le ragazze, con un'altra decina di ragazzi e ragazze: conoscevo solo due/tre ragazzi di quella comitiva, le mie amiche a parte.
Non appena arrivai, poggiai le mani sul tavolo e mi sporsi in avanti per parlare con un ragazzo, “CarmeloSch...Bagg...1 sei un vero stronzo!” avevo urlato, scherzando ovviamente. Tutti quelli seduti nel tavolo mi fissarono, feci finta di nulla. Tra tutte quelle facce ne avevo vista una, in fondo al tavolo, che aveva catturato la mia attenzione.
“Sorella, ma perché fai così? Io che ti stavo difendendo, dicendo che fossi la mia preferita.” disse con l'accento tipico di chi vive a Santa Domenica Vittoria.
Mi sentì improvvisamente in colpa, ma dovevo mantenere la mia posizione.
“Non mi hai più risposto.”
“Tu mi cerchi solo a convenienza.” diceva bevendo il suo cocktail.
“Tu nemmeno per quello.” provavo a difendermi.
Continuammo a battibeccare ridendo, fin quando non mi sentì a disagio e andai a sedermi sulla sedia con lui. Poi, finalmente, un ragazzo seduto di fronte si alzò, così presi il suo posto.
Mi guardavo intorno e, quel viso in fondo al tavolo, continuava ad attrarmi.
Si chiama Andrea, lo avevo sentito quando i suoi amici lo avevano chiamato.
Era così silenzioso.
Bello e silenzioso.
Un silenzio che aveva fatto troppo rumore dentro di me.
Si era alzato per andare a parlare con un ragazzo di Linguaglossa che era alzato alle mie spalle.
Avevo provato a parlargli, ma il massimo delle sue risposte fu un farmi cenni con la testa.
Che stronzo! avevo pensato.
“Ci accompagni a casa?” gli avevo chiesto, d'altronde Gaia e Alice lo conoscevano.
Anche stavolta si era limitato ad annuire, senza neanche guardarmi e continuando a parlare con quel ragazzo.
“Dico davvero.”
Altro cenno con la testa. Adesso aveva preso in mano il pacco del tabacco.
“Posso rollartela io? Sono brava.”
Si limitò a passarmelo, guardandomi appena.
Cercai il pacco delle cartine in mezzo al tabacco, non appena le trovai, staccai l'adesivo e le attaccai alla plastica del tabacco.
“No...” lo sentì dire.
Allora mi stava guardando, non era poi così tanto indifferente lo stronzo.
Mi girai ridendo e lo guardai. Negli occhi un lampo, bellissimo. Non dissi nulla e tornai a rollargli la sigaretta. La feci a bandiera, e poi gliela sventolai in faccia per mostrargli la mia opera d'arte. Staccai il resto della carta e gliela diedi.
Anche stavolta niente.
Stronzo antipatico.
Era meglio tornare a parlare con le mie amiche, dietro le mie spalle lo sentii allontanarsi. Aveva raggiunto il suo amico, Carmelo. Si erano allontanati entrambi. Chissà di che parlavano. Quando ricomparvero lui salutò tutti, stava accompagnando delle ragazze a casa.
“Poi vieni a prenderci?” avevo chiesto.
“Si.” e con che freddezza lo disse.
“Ti aspettiamo allora.”
“Si.”
Andò via, passarono i minuti, ma non tornava.
Andai da Carmelo e gli chiesi di chiamarlo.
Lo fece, me lo passò.
“Dove sei?” chiesi non appena rispose, “Ti stiamo aspettando.”
“Ora vengo.”
“Allora ti aspettiamo qua.”
“Non verrà mai.” diceva Carmelo.
“Vieni?”
“Si.”
“Ha detto che viene.” riferì a Carmelo e chiusi la chiamata.
Erano passati altri quindici minuti, poi altri due, e altri due ancora, e alla fine non era venuto. Mi aveva preso in giro.
Stronzo!
È così che l'ho conosciuto.
È così che tutto è iniziato: tra un silenzio e l'altro.Per settimane attendevo che arrivasse il lunedì nella speranza di vederlo, di avvicinarmi a lui.
Così, lunedì dopo lunedì, qualcosa era cambiato.
Finalmente mi parlava, poco, ma lo faceva.
Il suo volermi stare lontano mi faceva impazzire. Non ne capivo il motivo. Ma più di tutto non capivo perché mi attirasse tanto.
Avevo iniziato a seguirlo su Instagram.
Aveva ricambiato.
Dopo sedici giorni dal nostro primo incontro, mi aveva mandato un messaggio su Insta. Ero alla laurea di un mio amico. Ero corsa da Florio urlando. Lui era l'unico che sapeva tutto dal primo giorno, non avevo detto nulla neanche alle mie amiche. Non volevo sbilanciarmi. Ma parlare con Florio era diverso.
Erano dei messaggi stupidi, dove ci stuzzicavamo, ma c'era qualcosa di vero in ciò che ci dicevamo.
Mi diceva che era timido.
Timido.
Questa timidezza mi piaceva.
Questa timidezza mi attirava.
Questa timidezza nascondeva altro.
Volevo che mi facesse vedere quel suo lato nascosto, quello che nascondeva dietro la sua timidezza.
Volevo che fosse mio.
All'inizio ero forse solo un gioco, uno sfizio mio. Uno sfizio che ha cambiato tutto.
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Καιρός
RomanceÈ difficile raccontare di sé e delle proprie emozioni. Questa storia sarà una sfida contro le paure. È protagonista una ragazza, sempre in bilico tra le sue emozioni. Spaventata di rimanere sola. Ingenua, spesso. Solare, sempre. Stronza, a volte. Pr...