4. Otto anni fa, Luglio

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Otto anni fa. Luglio

Dopo quel primo incontro con Leo feci del mio meglio per rimanere concentrata sulla lezione di tedesco. Quando giunse l'ora del pranzo, strano a dirsi, mi sentii sollevata. A eccezione dei giorni di pioggia, mangiavamo sempre all'aperto.

Acquistai quei piatti che avevo già previsto da giorni e mi sedetti accanto a Jo. Era strano essere sedute a quei tavoli senza Irma e Aria; dopo tanti anni trascorsi a fare le stesse cose, tutte e quattro assieme, estate dopo estate, sembrava che mancasse qualcosa.

Così lo dissi. «Sarà strano non essere più un quartetto, a pranzo.»

Jo si strinse nelle spalle e masticò il boccone che già aveva in bocca fissando un punto indefinito tra il bordo del tavolo e l'erba del prato. Faceva sempre così quando si stava preparando a dire qualcosa di sgradevole. «L'ho già detto e lo ripeterò in eterno: le nostre amiche sono esperte nel prendere pessime decisioni.»

Non potevo dirmi in disaccordo; anzi, erano più o meno le parole con cui avevo descritto la situazione a Leo un paio d'ore prima. Tuttavia, sentirle pronunciate dalla voce giudicante di Jo mi innervosì leggermente. «Per noi non cambia niente» risposi, fingendo noncuranza. «Siamo comunque qui.»

«Se la madre di Irma dovesse scoprirle, sono sicura che non potremo più usare la casa. Lei e Aria dovranno tornare New York e noi passeremo il resto di luglio nei dormitori» disse Jo sprezzante e, come se non bastasse, aggiunse: «che razza di egoiste.»

Io avrei voluto dirle che senza Irma e la sua perseveranza, quest'anno saremmo state comunque ancora nei dormitori per il mese di luglio, come al solito, e sorvegliate da governanti durante il mese di agosto.

Non approvavo al cento per cento i metodi di Irma, soprattutto le continue bugie che raccontava ai genitori, ma dovevo ammettere che senza di lei saremmo state ancora delle poppanti e non avremmo avuto alcuna esperienza di vita al di fuori del nostro mondo patinato. Non che invece così ne avessimo molta, ma almeno potevamo farci una vacanza senza adulti, all'alba dei diciassette anni.

«La madre di Irma a tratti dimentica di avere figli» risposi io, e subito mi pentii di avere parlato senza filtri. «E Irma è molto brava a non farsi scoprire.»

«Già» commentò Jo con amarezza. «Irma fa sempre quello che vuole, a Irma va sempre tutto bene. Non saremo adolescenti per sempre. Al momento di costruirsi un futuro si renderà conto che le mattinate a letto e le giornate sulla spiaggia non si possono inserire nelle candidature all'università, e allora cosa farà?»

Io questo discorso a Irma lo avevo già fatto, ma lei non aveva voluto sentire ragioni. Anzi, aveva ribattuto che quello che avremmo avuto in futuro non ci spettava in virtù di qualche fantomatico sforzo, ma della nostra estrazione sociale che significava privilegi per il resto della vita. E comunque, aveva aggiunto, a lei quel mondo faceva schifo, non voleva diventare una macchina per soldi come suo padre, né una mantenuta come sua madre.

«Irma sa cavarsela» ribattei con poca energia, in un ultimo sforzo di difendere la mia amica.

«Lo spero per lei» rispose Jo, con il tono e lo sguardo di chi avrebbe voluto dire esattamente il contrario.

Io e le ragazze ci eravamo conosciute alla scuola media, e da allora eravamo state inseparabili. Tuttavia, c'erano sempre stati due schieramenti interni. Aria e Irma erano la componente più coraggiosa del gruppo: ribelli e forti, non esitavano a prendere in mano le redini della loro vita, a costo di litigare con genitori e professori. Frequentavano molti ragazzi, fumavano e capitava che si ubriacassero e poi saltassero la scuola il giorno dopo.

Jo e io, al contrario, eravamo quelle ligie al dovere. Jo era la prima della classe e io la seguivo a ruota, tranne per le materie artistiche, in cui avevo sempre primeggiato, un fatto che a Jo, che voleva essere sempre la migliore in tutto, proprio non andava giù.

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