2. a lot of pressure?

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Adeline

Mi sveglio con la determinazione di non cedere alla tentazione di tornare a letto. Mi aspetta una lunga giornata di scuola, e anche se non so come andrà, almeno posso sperare che sia decente. Con i piedi che strisciano contro il pavimento, raggiungo la porta del bagno e mi infilo sotto la doccia. È, senza dubbio, il momento più tranquillo della giornata, finché mio fratello, che ha il tempismo di un orologio rotto, bussa alla porta con la grazia di un animale.

"Ade, esci da quel cazzo di bagno!" urla, con il tono che solo un fratello maggiore può avere.

Sospiro. Beh, adesso mi tocca rjestarci almeno altri venti minuti per principio, perché il mio orgoglio è grande quanto la sua scarsa pazienza. Quando finalmente decido di uscire, mi avvolgo nel mio morbido accappatoio e ringrazio il cielo di aver preparato i vestiti la sera prima, altrimenti sarei irrimediabilmente in ritardo. Conoscendomi, sono abbastanza capace di perdere mezz'ora fissando l'armadio senza decidere nulla.

Davanti allo specchio, mi dedico al trucco: un velo di correttore per cancellare le occhiaie, un tocco di blush per sembrare viva e, infine, il mio fedele lucidalabbra. Intanto, mio fratello continua a bussare alla porta come se fosse in preda a un attacco di nervi, minacciando di sfondarla. Ma sappiamo tutti che non lo farebbe mai: nostro padre lo caccerebbe di casa in un battibaleno, e Miles si ritroverebbe a vagare per le strade di Portland senza sapere dove andare. Quando finalmente apro la porta, gli rifilo un elegante dito medio mentre lui mi insulta in tutte le lingue che conosce. Troppo bello, davvero.

Mi dirigo verso il salotto e saluto mio padre con un leggero bacio sulla guancia.

"Ciao, amore."
"Ciao, papà. Sto andando a scuola."

Afferro un biscotto dal tavolo, ma mentre mi metto lo zaino in spalla, Miles si fa avanti e mi blocca.

"Ade, aspetta. Andiamo insieme, ti do un passaggio."

"Va bene, ma sbrigati." Alzo gli occhi al cielo, già sapendo che la puntualità non è esattamente il suo forte.

"Un attimo, aspettate anche me!" urla dalla sua stanza Matthew, il rincoglionito di casa.

Sbuffo sonoramente. Aspettare loro è un test di pazienza quotidiano, ma alla fine, i fratelli Davis ce la fanno. Scendono giù, uno con i capelli spettinati e l'altro con l'aria di chi ha appena perso una battaglia con il sonno.

"Che vi è successo, devo chiamare qualcuno?" dico ironica.

Loro mi rispondono con il famoso dito medio, coordinati come sempre. Finalmente usciamo di casa e scendiamo le scale per salire in macchina. Miles si mette al volante, mentre Matthew occupa il sedile posteriore.

Il viaggio verso scuola è accompagnato dalle solite battute stupide e battibecchi, ma sotto tutto quel caos, c'è una strana sensazione di normalità che mi fa sorridere. Nonostante tutto, quei due sono la mia famiglia, e, seppur mi facciano impazzire, non saprei immaginare una mattina senza di loro.

Arrivati a scuola, posso dire che la presenza del mio gruppo di amici rende la giornata decisamente più sopportabile, quasi piacevole. Mi dirigo subito verso di loro, trascinandomi dietro i miei fratelli. Visto da fuori, sembriamo quasi un gruppo di predatori che si avvicina alla preda, con quei due giganti a fare da scorta.

Il nostro gruppo di amici è un mix piuttosto vario, ma funziona. La prima che avvisto è Charlotte, la più bassa del gruppo, ma non lasciarti ingannare dall'altezza: è una piccola forza della natura. Ha gli occhi color nocciola che brillano come se stesse sempre per dire qualcosa di sarcastico, e i suoi capelli biondi sono quasi sempre in ordine, come se fosse appena uscita da un salone di bellezza. La realtà? Impiega dieci minuti netti la mattina, è un talento.

The fear of freedomDove le storie prendono vita. Scoprilo ora