Adeline
Finalmente la scuola è finita, e mi dirigo a casa a piedi. Ho avuto una piccola lite con Miles e, per questo, ho deciso di andarmene da sola, nonostante faccia un freddo cane. È solo l'inizio di ottobre, ma il vento sembra già quello di pieno inverno. Cammino a passo veloce, cercando di non pensare troppo a niente, quando all'improvviso sento il rombo di un motore alle mie spalle. Mi giro prontamente, e ovviamente è lui: Alex Smith. Mi segue da mesi, anche se non capisco perché. Non è male, in fondo, ma non riesco mai a capire cosa trovi in me.
Si avvicina con la sua moto, fermandosi accanto a me. "Ehi, Ade, che ci fai qui tutta sola?" chiede con quel sorriso da furbetto, sperando di attirare la mia attenzione.
Non gli rispondo, preferisco ignorarlo e continuare per la mia strada. Ma Alex non si arrende, accelera leggermente, rimanendo al mio fianco. "Che c'è, Ade? Hai perso la lingua?" mi provoca, con quel suo sorriso storto, inclinando la testa di lato. So che lo fa apposta, per stuzzicarmi, ma non voglio dargli soddisfazione.
Continuo a camminare, ma lui insiste, il tono è più scherzoso ora: "Non dirmi che la mia 'piccola ribelle' si spaventa per un giro in moto." Il soprannome mi fa alzare un sopracciglio, ma c'è qualcosa di divertente nel modo in cui lo dice. Non riesco a capire se mi stia prendendo in giro o se, in fondo, sia sincero.
Mi fermo, lo guardo per qualche secondo, e poi, senza rendermene conto, le parole mi escono dalla bocca. "Non ho paura." Lo dico più per orgoglio che per convinzione, ma non posso sembrare debole di fronte a lui.
Alex sorride, evidentemente soddisfatto della mia risposta, e si toglie il casco agitando i capelli per poi porgermi il casco. "Allora sali, 'piccola ribelle'. Vediamo di cosa sei capace."
Esito un attimo, ma il freddo pungente mi spinge a fare una scelta. Prendo il casco e lo indosso, poi salgo dietro di lui, cercando di mantenere le distanze. Non vorrei che si faccia idee sbagliate, sono salita soltanto per uno scopo personale.
Però, appena la moto inizia a muoversi, il rombo del motore e la velocità mi fanno stringere d'istinto le mani attorno alla sua vita. Non dice nulla, ma sono sicura che stia sorridendo.La moto ruggisce, e ci allontaniamo dalla strada deserta. Con ogni curva e accelerazione, mi rendo conto che, forse, Alex non è così imprevedibile come sembra. Magari, per una volta, posso davvero fidarmi di lui.
Arriviamo sotto casa mia, e il rombo della moto si spegne. Il freddo sembra meno intenso ora, forse per via dell'adrenalina o del calore del motore che ancora vibra sotto di noi. Mi tolgo il casco e glielo passo, cercando di evitare il suo sguardo, ma lui sorride come sempre, con quell'aria sicura di sé."Grazie per il passaggio," dico, tentando di mantenere il controllo.
Alex non risponde subito. Scende dalla moto e si avvicina a me lentamente, con quel suo passo rilassato ma deciso. Non riesco a leggere i suoi pensieri, ma intuisco che sta per fare qualcosa di estremamente azzardato. Quando si ferma di fronte a me, è troppo vicino, forse anche troppo audace.
Si china leggermente, i suoi occhi fissano i miei, e posso sentire il calore del suo respiro. La distanza tra noi è pericolosamente ridotta. Con un sorriso provocatorio, la sua voce si abbassa, diventando quasi un sussurro: "Vedi? Non era così male, no? Forse dovresti lasciarti andare più spesso."
Il suo volto è a pochi centimetri dal mio, e per un attimo tutto si ferma. Ma io non cedo al gioco. Lo fisso dritto negli occhi, ma invece di rispondere, mi giro e me ne vado, senza dire una parola. Non gli lascio il piacere di vedere una reazione da parte mia.
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The fear of freedom
Romansain un piccolo d'ospedale di città, due bambini si incontrano per la prima volta, entrambi portatori di storie di paura e speranza. George è Adeline, un luogo che entrambi percepiscono come freddo e spaventoso. Il suono regolare delle macchine e l'od...