A scuola mi trovavo bene, il mio posto era posizionato sempre vicino ad una finestra, dove c'erano degli alberi altissimi d'autunno i loro bellissimi colori dal giallo al marroncino, all'arancione, mi colmava quel vuoto che sentivo,si confondevano con il colore del cielo, mi piaceva ammirarlo e con la mente viaggiare nei miei più profondi pensieri. Sobbalzai dalla paura quando un ragazzo mi urlò nell'orecchio, feci cadere il quaderno a terra e vidi gli altri che ridevano. Che cosa ci trovavamo di divertente non lo so, erano dei disturbatori seriali, li guardai male e continuai a farmi gli affari miei. Finalmente suono la campanella di fine lezione, e non vedevo l ora di scendere giù in palestra e fare educazione fisica, sapevo che lì nessuno mi avrebbe disturbata. Andai nello spogliatoio per cambiarmi, mentre mi stavo allacciando le scarpe, c erano le mie compagne di classe che si stavano pettinando, o mettendo il gloss sulle labbra. Mi domandai perché dovevano mettersi in tiro, mentre sghignazzavano tra di loro, a commentare come era messo il rossetto o se erano pettinate bene. Girai per un attimo gli occhi, e scossi la testa mi alzai cosi, avvolgendo i miei capelli lunghi in una semplice coda e uscii da quel covo di galline. Entrai finalmente in palestra era davvero grande il prof si avvicinò a me "sei pronta a fare altri record" mi disse facendomi uno sguardo complice sorridendomi "ovvio" risposi semplicemente cominciando a correre. Così iniziai a riscaldarmi facendo i miei soliti 10 giri di campo, i miei compagni sia maschi che femmine erano ancora negli spogliatoi, a fare chi sa cosa, ma a me non interessava, volevo solo scaricarmi il più possibile. Finiti i miei giri, andai a prendere il mio tappetino e iniziai le serie di addominali, quando ancora i miei compagni stavano facendo i giri di campo. Di sotto fondo c'era la canzone -Eyes Of The Tiger- quella canzone mi gasava troppo e anche se sentivo dolore alla pancia continuavo imperterrita a sforzarmi sempre di più. "Guardate la cocca del professore, come è brava" disse una ragazza ridendo indicandomi, sentii gli altri che ridevano alle mie spalle, mi dava fastidio questa cosa, l'avrei presa a schiaffi, le mie mani si serrarono così forte che mi stavo facendo male da sola. "Dai forza ragazzi andiamo fuori a fare gli 80 metri" il professore replicò, a quella battuta inutile, e infantile.
Una volta arrivati fuori sul rettilineo, eravamo tutti in fila aspettando il nostro turno. C'erano i ragazzi che facevano dei tempi eccellenti, ovviamente loro erano più veloci delle ragazze ma non per me infatti era una gara continua, uno scontro continuo ma la competizione era sana. Arrivo finalmente il mio turno, mi posizionai bene sulla linea di partenza e parti non appena vidi il segnale. Arrivai facendo secondi 10.40 millesimi. "Azzurra stai migliorando sempre più" mi disse soddisfatto, incoraggiandomi il prof, tanto che mi chiese di partecipare a delle gare ed io entusiasta accettai. Ho sempre dato il massimo in questa materia proprio perché davo sfogo alla mia frustrazione e farlo in un campo più ampio non solo a scuola, equivaleva a dire dimostrare che ero in grado di dare sempre di più, e volevo farlo vedere a tutti. La competizione proseguì non appena avevo finito i miei 80, ma nessuno neanche i ragazzi riuscirono a stabilire un record del genere, li vidi un po frustrati per questo mentre facevo un po di stretching. Finita la lezione tornammo negli spogliatoi per cambiarci, ero davvero soddisfatta ancora una volta della mia prova. E non vedevo l'ora di affrontare altre ragazze e confrontarmi con loro nelle gare di atletica. Iniziai a lavarmi il viso con l acqua fresca quando entrarono alcune ragazze, mi asciugai il viso, e quando tosi l'asciugamano da esso, le vedevo frugare nel mio zaino. Andai subito da loro, "che cosa state facendo?" Dissi irritata spostandole da lì, come si permettevano di mettere le mani nella mia borsa? Così una ragazza con prepotenza, mi prese dal polso e mi allontanò, la guardai e aveva uno sguardo che non mi piaceva per niente. Continuai a dimenarmi e non capii perché dovevano farmi questo. Quando vidi l'altra ragazza che aveva preso il mio telefono, e andava diretta nel bagno "fermati, non farlo" strillai cercando di liberarmi, lei mi guardò, mi lanciò un sorriso pieno di soddisfazione, allungo il braccio con il telefono in mano e lo lascio cadere nel water.
" Noooo!!!!" Esclamai disperata. Ero praticamente in lacrime, me lo avevano fatto per il mio compleanno i miei e se mio padre veniva a sapere che ho rotto il secondo telefono non so cosa poteva succedere. Il mio pensiero andò subito a lui, loro soddisfatte se ne andarono ridendo. Vicino al lavandino c'era un mobiletto dove c'era dei detersivi, lo aprii sperando di trovare dei guanti per riprendere il telefono, fortunatamente c'erano. Con un po' di disgusto afferrai il telefono e lo misi nella busta dove erano i miei panni da ginnastica. Rimasi lì qualche minuto, prima che suonó la campanella di uscita. Mi misi le mani tra i capelli disperata, cercando di calmarmi, ma fu inutile. Qualche minuto dopo finalmente suonò la campanella di fine lezione. Con le mani mi asciugai le lacrime e andai via di corsa a casa. Non sapevo che cosa fare, che cosa dire, sopratutto a mio padre. Appena entrai in casa, incontrai mia madre "come è andata a scuola amore?" La solita domanda che mi faceva sempre, finsi un sorriso "bene il prof di fisica, vuole che vada a fare delle gare di atletica" ero contenta ma non proprio come avrei voluto. "Davvero? Sono proprio contenta. Complimenti" le sorrisi e andai in camera e mi chiusi a chiave. Presi il telefono lo poggiai sulla scrivania, presi il phoon, sperando che in qualche modo se lo avessi asciugato si sarebbe riacceso, ma il tentato fu vano. Ormai era andato. Non volevo dirlo a mia madre perché sicuramente sarebbe andata a scuola e sarebbe andata peggio, così evitai. Passai il pomeriggio chiusa in camera a dormire, l unico momento in cui la mia vita forse andava bene era quando dormivo.
Non mi resi conto dell'ora che si era fatta erano ormai le otto ed era ora di cena. Non avevo molta voglia di mangiare, ma dovevo far in modo che nessuno venisse a sapere quello che è successo quindi per non dare nell'occhio decisi di andare a tavola. Mattia e Edoardo non c'erano, eravamo solo noi tre. Eravamo a tavola, senza dire una parola. Mi guardai in torno, non riuscì più a trattenermi un peso del genere, "mi è caduto il telefono e si è rotto" esordì così, giocando con la forchetta che avevo davanti. "Non avevo dubbi, sei sempre la solita non sei mai attenta, sei sempre distratta ed è questo quello che succede" mi guardo male, non avevo dubbi che mi avrebbe dato la colpa, neanche gli importava del fatto di come lo avessi rotto, trattenni le lacrime, quando il mio sguardo andò da mia madre, così mi alzai e corsi in camera.
Dopo qualche minuto entro mia madre, e si mise accanto a me. "Come hai fatto a romperlo?" Mi disse accarezzando i miei capelli lunghi, non volevo mentirle, ancora quindi sbottai "mamma non l'ho rotto, delle ragazze sono venute nello spogliatoio, e me l'hanno buttato nel water. Non te l'ho detto perché se te lo avessi detto saresti andata a scuola e sarebbe stato peggio, è una cosa che devo risolvere io" mia madre resto a fissarmi preoccupata "ti hanno fatto del male?" Scossi la testa, in lacrime affondai il capo sul suo petto, abbracciandomi.
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Quindi inverni sotto lo stesso cielo ( quel legame che ci unisce)
ChickLit-TRATTO DA UNA STORIA VERA- In un piccolo e tranquillo paesino, dove ormai l'aria del l era alle porte, con sé porta un evento straordinario: la nascita di Nicolò, il primo nipote di Azzurra, una ragazzina di soli 13 anni. Per Azzurra, che aveva sem...