Il pancione di Clara, si fece sempre più vedere, adoravo vederlo crescere giorno dopo giorno, perché significava che mancava sempre meno alla nascita. Quel giorno eravamo dalla nonna, quando vennero Mattia e Clara, oggi doveva fare la visita di routine, e finalmente potevamo sapere se era maschietto o femminuccia. Così, salirono le scalette dell'entrata del ristorante "c'è qualcuno?" Pronunciò Mattia mentre stavano entrando mano nella mano. "Mamma, mamma, sono arrivati" dissi precipitandomi per andargli incontro. Li salutai, con un sorriso che non avevo ormai da un po', con tutti i problemi che avevo a scuola, ma ora non era il momento per pensarci, scalpitavo nel sapere, se quel pancione era un bimbo o una bimba. Così una volta che tutti eravamo intono a loro, si scambiarono sorrisi teneri e complici tra di loro, e noi tutti impazienti ad aspettare. "E un maschietto, e si chiamerà Nicolò" dissero cosi, secco, sorridendo entusiasti, mentre il pancione di Clara, era sotto i nostri occhi,li abbracciammo con euforia e gioia la felicita nei nostri occhi si vedeva a distanza.
Ero cosi emozionata che abbracciai Clara, accarezzai quel pancino dolce, che ogni giorno cresceva, un bacio, "io sono qui che ti aspetto" e poi, sempre quelle parole, che ormai erano diventate una promessa tra me e "lui". L'emozione si faceva strada nel mio cuore, che batteva cosi forte, ma questa volta di felicità. Finalmente potevo immaginarlo, si immaginare come il suo piccolo volto fosse stato. Quei suoi piccoli occhietti, due piccole stelle, pronte a brillare nel mondo. Le sue manine piccole pronte ad afferrare il mio dito. E i suoi piedini minuscoli, che avrebbero fatto i primi passi verso il mondo che avrebbe conquistato con il tempo, e che comunque io le sarei stata vicina sempre, ogni volta che lui ne avrebbe avuto bisogno. Sorrisi, con gli occhi che iniziavano a lacrimare, per le troppe emozioni che provavo dentro di me, non riuscivo a gestirle tutte insieme. Quando qualcuno, si avvicinò a me mettendomi una mano sulla spalla, "Ehy tutto bene?" Era Mattia, con un espressione preoccupata. "Sisi tutto bene, tranquillo" dissi mentendo con lo sguardo che puntava per terra. "Che cosa c'è che non va? Si vede lontano un miglio che hai qualcosa" continuo, mettendosi seduto accanto a me, facendomi un leggero sorriso di conforto. Ero combattuta nel digli quello che mi stava succedendo a scuola o meno, ma le lacrime iniziarono a parlare prima di me. Così iniziai a raccontagli quello che mi stava succedendo. Ogni giorno era come sopravvivere dentro a quella scuola, con sguardi indifferenti, e risate che mi trafiggevano dentro. Continuai a raccontargli che mi sentivo intrappolata in un mondo che non mi apparteneva, dove ogni passo era pensate, ed ogni parola veniva fraintesa. Continuai disperata, mettendomi le mani sul viso, a raccontargli che non volevo più andare lì dentro, che desideravo solo un luogo dove sentirmi al sicuro, con delle amiche, visto che neanche a casa mi sentivo bene, almeno fuori volevo sentirmi accettata, volevo stare bene. Continuai asciugandomi gli occhi, con la manica della maglietta. Così, mi sentii avvolta da un abbraccio famigliare, dove mi sentivo al sicuro finalmente. Mi scostò leggermente, i capelli sul viso, che si erano mischiati con le lacrime, per guardarmi bene. "Mamma sa di questa cosa?" Mi guardo con uno sguardo di preoccupazione sapevo che l'avrei fatto preoccupare, e non mi andava, non volevo che le persone potessero provare pena per me, ma non riuscivo più a sopportare questa situazione, stava diventando troppo pesante. Così, negai solo con un gesto del capo, continuando ad asciugarmi le lacrime che non cessavano di scendere. "Ti va se ne parliamo insieme alla mamma? Così magari troviamo una soluzione, insieme." Sgranai gli occhi per un secondo, e pensai a quello che poteva succedere di nuovo a scuola, quando mia madre sarebbe venuta a sapere di quello che è era successo. "No, ti prego non dirglielo, sono sicura che in questo modo sarà peggio, mi prenderanno in giro per aver fatto venire mamma" continuai a spiegargli a fatica, con un filo di voce. "Allora facciamo così, io purtroppo non posso accompagnarti perché vado a lavoro, ma domani a scuola ti porterà Edoardo, così potrai digli a lui chi sono queste persone che ti danno fastidio. Gli spiego io come stanno le cose ok? Poi se le cose non si risolvono, la situazione è di dirlo a mamma e andare via da quella scuola va bene?" Mi spiego, con voce pacata e cauta. Non ero sicura che sarebbe andata bene, ma cosa potevo fare pensai?. Quindi annuì semplicemente.
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Quindi inverni sotto lo stesso cielo ( quel legame che ci unisce)
Literatura Feminina-TRATTO DA UNA STORIA VERA- In un piccolo e tranquillo paesino, dove ormai l'aria del l era alle porte, con sé porta un evento straordinario: la nascita di Nicolò, il primo nipote di Azzurra, una ragazzina di soli 13 anni. Per Azzurra, che aveva sem...