1. Calma

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«E qui ci sono le camere delle ospiti. Ogni donna ne ha una personale. La vostra privacy per noi è molto importante.»

La voce della ragazza mora che mi cammina davanti è troppo serena per i miei gusti. Fisso la sua schiena, l'andatura lenta, i passi tranquilli nei pantaloni sanitari blu e le braccia che ondeggiano un poco, scoperte visto che la casacca ha le maniche corte.

Tutto il personale è vestito così.

Mi sa che questa è un'infermiera... neanche si è presentata.

Il corridoio è deserto e sembra molto ampio, ma forse è per le pareti di un verde tenue; anche il pavimento è verde, liscio, tanto che le rotelle del mio trolley rosa confetto non fanno alcun rumore.

Silenzio.

C'è solo il lieve ticchettio delle nostre scarpe e, se mi concentro, quasi riesco a sentirmi il cuore battere veloce. Forse troppo.

Stringo la presa sulla maniglia e gonfio il petto, ricercando l'ossigeno.

Devo stare calma.

Calma.

Calma.

Cal-ma.

Calma.

Calma calma calma calma calm—

«Ecco, siamo arrivate.»

Per fortuna riesco a bloccarmi in tempo, ma se l'infermiera fosse stata un poco più vicina, le sarei andata addosso.

Mr. Miao si è seduto accanto a me, la coda intorno alle zampe, e mi fissa dal basso con la testa un po' inclinata.

Deve piantarla di giudicarmi: mica tutti sono agili come lui!

Lo ignoro per concentrarmi sulla porta, anch'essa verde e con un tredici di metallo color oro attaccato in alto al centro. Non so bene cosa fare. Non ci sono serrature, niente buchi per chiavi magnetiche o altra roba simile... solo una maniglia dorata.

«Prego, la prenda con la mano destra e apra la porta.»

Aggrotto la fronte, guardo per un istante l'espressione distesa della ragazza, poi cambio la mano che tiene la valigia e faccio come mi ha detto: la superficie è fredda e sento delle scanalature a invitarmi a mettere le dita in un certo modo.

Click.

Era la serratura?

«Si metta pure comoda e lasci le sue cose in camera: ogni porta è dotata di un sistema di rilevamento delle impronte digitali, quindi nessuno potrà invadere il suo spazio.»

Mentre parla, neanche la guardo, troppo impegnata a fissarmi la mano.

«Troverà degli indumenti bianchi: le chiedo la cortesia d'indossarli, dopo essersi rinfrescata. Quando si sente pronta, l'attendiamo con piacere al laboratorio che sta per cominciare in Sala Tulipano. Troverà le indicazioni su come raggiungerla dipinte alle pareti.»

Non aspetta una mia risposta e se ne va, sempre lenta, sempre sorridente.

Sembrava quasi finta.

«Bah...»

Spingo ed entro, chiudendomi poi la porta alle spalle; Mr. Miao subito salta sul letto a una piazza e mezza e annusa il lenzuolo viola che lo copre con pieghe perfette. Anche qui tutto è verde, persino i due comodini, l'armadio accanto alla finestra e la piccola scrivania vicina alla porta. C'è altro viola, però, nella copertura dell'abat-jour e nelle sottili tende semitrasparenti.

Lascio la presa sulla valigia, apro la finestra e mi affaccio. L'aria è calda e sotto di me si estende lo stesso giardino ben curato che ho visto nella pubblicità. Lungo il vialetto ci sono delle panchine, alcune baciate dal sole, altre sotto all'ombra di grossi alberi dalle foglie ampie. Sono parecchie le persone vestite in pantaloni e casacche bianche che passeggiano o stanno sedute a chiacchierare.

Come mi vedi tuWhere stories live. Discover now