«Papà, ti prego!»
«No, sono stufo di ripetertelo!»
Mi dà le spalle ed entra in camera sua, tra le braccia ha diverse magliette stirate alla perfezione dalla mamma. Resto ferma coi pugni chiusi davanti a me, il mento che trema e la gola secca. La porta è aperta, potrei seguirlo, ma è come se ci fosse un limite, una barriera invisibile. I piedi hanno le ganasce.
Sento che apre la zip della valigia, un lieve ronzio che quasi rimpiazza il brusio della tv accesa qui in sala. Un noioso programma di cucina prosegue da solo, mentre la mamma va e viene dalle stanze per preparare un numero indefinito di borse.
Quando andiamo in vacanza, si porta dietro tutta la casa.
Deglutisco, ma la saliva è troppo poca e la gola brucia ancora di più.
«Papà...»
Non mi risponde.
«Tesoro, non serve. Ormai ha deciso.»
Mamma mi passa accanto con le sue décolleté rosse tra le mani e anche lei sparisce oltre la soglia invalicabile.
«Ma... ma...»
Il cuore martella, mi opprime il torace e sento che anche lui presto mi abbandonerà.
Un pacco sgualcito.
Un cucciolo troppo cresciuto lasciato in autostrada.
«Ma non è giusto! Non potete farmi questo! Papà, dai, lo giuro! Sarò brava, io...»
«Non farai scenate?» Papà urla dalla camera, poi si affaccia col volto paonazzo e le cespugliose sopracciglia biancastre aggrottate. «Anche l'ultima volta l'avevi promesso, ma non è cambiato niente! Basta, Evelyn, la questione è chiusa!»
La stanza lo ingloba, mamma bisbiglia qualcosa che non riesco a sentire.
«È estate e molte famiglie partono per le vacanze.»
Sgrano gli occhi e la testa si gira in automatico verso la tv: c'è la pubblicità.
«Se siete genitori, tutori o parenti stretti di soggetti speciali, difficili o solo un po' turbolenti, questo potrebbe essere un periodo complicato.»
La nausea sale dalle viscere fino alla bocca, sulla lingua un sapore acido che non riesco a mandare giù. Con passetti traballanti, giro intorno al divano beige, lo sguardo catturato dalle tremende immagini sullo schermo.
Un edificio squadrato, basso, immerso nel verde.
«Niente paura! Il nostro rinomato istituto di igiene mentale apre le sue porte ai vostri affetti: sono previsti corsi, attività e personale specializzato.»
La gente è vestita di bianco. Sorride.
Corridoi asettici e... ora un sentiero ciottolato delimitato da fiori colorati. Poi qualcuno dipinge, qualcuno scrive, no, mostra fiero un orribile vaso di terracotta.
Mi accascio tra i cuscini e alzo le gambe, le piego davanti a me in modo da catturarle nell'enorme maglia grigia di papà che uso come pigiama, poi le abbraccio e appoggio il mento sulle ginocchia.
«Affidatevi a noi e godetevi le ferie nella massima tranquillità!»
Una signora coi capelli neri legati in uno chignon stringe una cartellina; indossa un camice bianco e sorride sulla soglia dell'edificio. Scende i tre gradini, poi la visuale si amplia, alzandosi verso il cielo, e dai portoni escono una marea di persone che guardano in alto e salutano.
«Villa Skinner vi aspetta a braccia aperte!»
Chiudo la bocca solo quando un cagnolino marrone corre sul parquet per raggiungere una ciotola straripante di cibo in scatola, ma continuo a fissare lo schermo anche dopo la sua scomparsa.
Le pubblicità si susseguono, i colori vividi si specchiano sul lucido tavolino laccato, tra il telecomando, una bottiglia di cola mezza vuota e la brochure.
Libero le gambe e mi allungo in avanti, anche se resto in contatto col divano.
Non voglio lasciarlo.
Arrivo al foglietto con l'indice e me lo appoggio sulle cosce: le immagini sono le stesse che ho appena visto, così come le parole scritte con un carattere ampio, delicato.
Sofisticato, direi.
Troppo per il bugiardino di una maledetta prigione.
Sento dei passi alle spalle e resto ferma anche quando qualcuno mi abbraccia da dietro, scompigliandomi il caschetto biondo.
«Tesoro, dovresti prepararti anche tu.»
Mamma mi bacia sulla testa e stringo i denti, i muscoli tesi.
«Non mi volete più...»
«Oh, Evelyn, certo chi ti vogliamo!»
È esasperata, non fa nulla per nasconderlo, infatti mi lascia. Il mio naso pizzica e tiro su il nulla.
Nessun sollievo.
«Se fosse vero, non mi abbandonereste.»
«Non dire così. Sarà una vacanza anche per te! Quel posto è bellissimo e lì riusciranno ad aiutarti meglio di quanto potremmo mai fare noi.»
Una gocciolina cade sulla carta: espande e distorce il volto della signora in camice.
Il suo sorriso è un ghigno sadico.
«Non voglio andarci. Lì sarò sola... loro mi f—»
«Smettila!»
Papà m'interrompe e io sobbalzo. Porto un palmo sulla guancia per asciugarla e mi giro, anche se so che la sua faccia arrabbiata mi farà male. È ancora sulla soglia di camera sua, mamma lo raggiunge e sospira, poi lui indica il corridoio.
«Vai a fare i bagagli! Io e tua madre ci meritiamo queste due settimane di tregua.»
Sparisce di nuovo.
Lenta, appoggio la brochure sul cuscino e mi alzo.
Le piastrelle chiare sono fredde sotto ai piedi nudi, fredde come il ghiaccio che c'è nel cuore di papà.
Lui mi odia, lo so.
Sono un peso. Non vedeva l'ora di liberarsi di me.
Chiudo la porta rosa alle mie spalle e mi sdraio prona sul letto sfatto, i piedi sul cuscino e le braccia piegate a sorreggere la testa. Fisso Mr. Miao a pochi centimetri da me, intento a lucidarsi il soffice pelo nero con la sua linguetta rasposa.
«Cosa posso fare? Sarà terribile...»
Il gatto pianta le iridi gialle nelle mie e si mette seduto composto.
Sospiro e mi giro supina; mi mancherà il mio lampadario con le farfalle.
«Mr. Miao... e se loro mi trovassero?»
Il dolce musino m'invade il campo visivo e lui si lecca i baffi.
«Non preoccuparti, Evelyn, io verrò con te.»
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Come mi vedi tu
RomantizmStoria creata per il contest Creascambiostory di @MicheleScuotto Da un prompt di @EcateMirren 1 capitolo ogni 3 settimane "È estate e molte famiglie partono per le vacanze. Se siete genitori, tutori o parenti stretti di soggetti speciali, difficili...