Mockingbird

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Capitolo 6

Riven's pov
*Un anno fa, esattamente un giorno prima che lui partisse*

Ero appena tornato a casa dopo un uscita insieme a Musa a magix, in questi giorni ci siamo visti poco, ma a me basta anche solo vederla per qualche ora, purché io mi senta bene con lei.

Apro la porta di casa, ma prima di entrarci definitivamente guardo a destra e a sinistra per vedere se ci fosse qualcuno.

Quando vedo che la casa era vuota, vi entro, ma sempre in modo cauto.

Mi dirigo in camera mia, ma propio nel momento in cui apro la porta, sul mio letto, c'era mio padre.

Era seduto con le gambe aperte, e con uno sguardo che trasmetteva paura.

Mi squadra da testa a piedi, e poi si accende subito una sigaretta.

Io nel frattempo chiusi la porta dietro di me, rimanendo però a qualche passo di distanza da lui.

"Ciao Riven, credo che io e te dobbiamo parlare" Mi fissa fumando senza preoccuparsi del fatto che ci fossero finestra e porta chiusa.

"Di cosa?" Domando avanzando.

"Di te e Musa"

"Papà ti ho già detto che-"

"Padre" Mi interrompe.

"Padre, ti ho già detto che non voglio lasciare Musa, tra me e lei va tutto bene, perché mai dovrei abbandonarla?" Cerco di spiegare invano.

Ride, fumando ancora
"Credi che una ragazza come lei può essere all'altezza per uno come te?"

"Uno come me?"

"Tu sei mio figlio, ed io sono il capo del bronx più temuto di magix, lo sai"

Lo fisso, sperando che anche questa volta mi lasci andare, infatti non era la prima volta che discutavamo su di me e Musa.

"Uno come te, deve saper tenere alto il nome della famiglia, saper comandare il bronx, far vedere chi comanda e intimorire tutti, è così difficile femminuccia?" Quella parola mi rimbomba in testa, sapeva quanto mi faceva star male.

"Smettila, non voglio diventare come te" Mi faccio coraggio e affronto il discorso.

"Ecco, perché sei una femminuccia" Afferma ridendo.

"Ho detto basta" Urlo, diventando rosso per la rabbia, sentendo il battito del mio cuore accelerare, e le vene delle mani pulsare.

Lui si alza subito dal mio letto, butta la sigaretta nella ceneriera che si trovava sopra al comodino affianco al letto, e la prima cosa che fa è tirarmi un pugno forte in faccia.

Ed eccoci di nuovo.

Inizia con un solo pugno, e continua, dandomene sempre di più.

Cerco di reagire, ma era quasi impossibile.

Mi butta a terra, facendomi sbattere contro l'armadio, tirandomi poi dei calci continui sulla pancia.

Ma è propio qui che riesco a proferire parola; "Smettila, mi fai male" Dico balbuziente.

"Femminuccia! Femminuccia!"
Continua.

Ed è qui che reagisco, riuscendomi ad alzarmi, andando dietro di lui furtivamente e buttandolo a terra, concludendo con un pugno in petto, che lo fa gemere per un secondo.

Ma non servì quasi a nulla, poiché lui riuscì ad alzarsi, infondo era considerato pericoloso, violento e forte propio per questo.

Riesce ad alzarsi, e mi spinge violentemente contro la parete della camera, è mentre mi teneva stretto al muro, prende da sopra un mobile che si trovava di fianco a noi una bottiglia di vetro, e senza pensarci due volte la lancia brutalmente verso il mio viso.

Lontani ma vicini -Rivusa-🎶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora