Cara Mamma,
ricordi quando mi chiamavi Stellina? Tu non sei mai stata molto affettuosa. Come avresti potuto? Io mi arrabbiavo con te perché volevo di più, come forse accade a ogni figlia. Solo dopo che te ne sei andata ho saputo il motivo della tua apparente freddezza. Solo allora ho capito che tu, con noi, hai fatto ben più di un miracolo.
Mi sarebbe piaciuto scrivere la tua storia, sai? Sarebbe stato un romanzo crudo, forte, pieno di dolore e sacrificio. Ma avrebbe avuto anche momenti di dolcezza e di ironia. Qualche risata strappata a quella vita che ti ha fatta soffrire così tanto.
Sono andata a trovare tua sorella, la zia Lisa. Abbiamo parlato di te.
Mi ha fatta entrare, abbiamo parlato dei suoi figli, del cane, di quanto io sia diventata bella. Io guardavo le sue mani, deformate dall'artrite, e le ho chiesto come facesse a fare tutto senza farsi aiutare.
Mi ha guardata con quegli occhi così simili ai tuoi, e mi ha detto:
Insisto.
Insisto, mamma. Capisci? Mi sono sentita così fiera di lei e di me, e di tutta questa generazione di donne che, nonostante tutto, insistono.
Abbiamo parlato della nonna. Io non l'avevo mai conosciuta, ma a sentire i suoi racconti l'ho quasi sentita al mio fianco. Quella donna piccola e piena di forza, che andava nei boschi e raccogliere la legna, poi tornava in paese, bussava alle porte e vendeva quel poco di legna che aveva trovato, quella che lasciavano i boscaioli. Prendeva i panni da lavare e andava al fiume... anche quando faceva freddo. E poi era la levatrice del paese, quella che faceva nascere, che portava il brodo di pollo e che faceva scendere la febbre.
Ci ha cresciuto nove figli, così, la nonna. Da sola, perché il nonno è morto giovane e tu avevi fatto appena in tempo a conoscerlo.
Insisto.
Anche lei, mamma, ha insistito. Solo che poi un giorno è arrivata una zia "dal continente". Ti avrebbe fatto studiare, le ha detto. Ne hai nove, sei sola, come pensi di mantenerla? Così le ha detto. Io sono sola e sono ricca, posso darle un futuro. Era il 1945, e la nonna era stanca di vederti mangiare bucce di patate e radici amare strappate alla terra.
Ha pianto la nonna, ma poi ha detto di sì. Perché ti amava come solo le madri sanno amare, e ha tenuto per sé il suo dolore. La zia mi ha raccontato che quando erano tutti a letto, sentiva sua mamma piangere. Era per te che piangeva, ne sono così sicura!
Solo che quella zia non era ciò che la nonna si aspettava. Ti ha maltrattata così tanto e così a lungo che se solo penso alle ferite che ti sei portata dentro tutta la vita mi si incendia l'anima. Ti ha raccontato che la tua famiglia era morta e che non avevi nessuno, e quando hai scoperto che invece erano ancora tutti vivi... erano gli anni '50 ed eri una ragazza giovane, cresciuta troppo in fretta. Quando ti sei sfogata con un'amica, lei ha raccontato tutto alla nonna. Che partì scalza dalla sua isola, per venirti a prendere a Perugia.
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Forse (Il Caos nella Mente)
AléatoireQuesta non è una storia: è un'autobiografia scomposta, un diario di viaggio, un puzzle incompiuto che racconta chi sono, chi sono stata, chi potrei o vorrei essere. Un capitolo dopo l'altro, i ricordi danzano con l'euforia della speranza. Domande e...